Circolo dei Lettori di Torino
Al sostantivo experience, legato al proprio nome, chissà quali elucubrazioni impervie e dissennate avrebbe dato fiato David Foster Wallace. Lo scrittore morto suicida dieci anni fa, che oggi, forse a sua insaputa, raccoglie un foltissimo numero di devoti ai suoi incredibili e bellissimi libri.
Il Circolo dei Lettori, oltremodo impavido, ha organizzato il Wallace Experience, una serata in sua memoria. Per rimanere fedeli al titolo: “A special Indie Night” per ricordare, rileggere e, qui senza più barriere, amare David Foster Wallace addirittura per sempre. Giuro hanno davvero così scritto. Traduzione: il sopraffino, grandioso David Foster, colmo di gusto della parola, è già stato tradito da questo tipo di presentazione, più del marito di Emma Bovary.
Il 12 settembre dalle 18 in comincerà il bello di pensare ad un tributo, per avventurarsi nelle sue fissazioni, come il tennis, la matematica e la politica; per conoscerlo e riscoprirlo – triste, comico, commovente.
Per l’occasione, si alterneranno gli interventi del giornalista RAI Antonio Sgobba, collaboratore di Wired e La Lettura, Contro il fatalismo; di Maurizio Codogno, su Una cultura è meglio che due. DFW e la matematica: una relazione particolare; Martino Gozzi, della Scuola Holden Storytelling. Hamilton Santià, con Di cosa ridiamo quando non c’è più niente da ridere indaga il rapporto tra lo scrittore e la politica, a partire da quando Rolling Stone affidò proprio a Wallace un reportage sulla campagna elettorale di John McCain, all’epoca candidato alle primarie repubblicane.
Dalle ore 21.30 al via la Special Indie Night, racconto curato da Davide Ferraris, Sara Lanfranco e Francesca Marson, mix di linguaggi, video, musica e oralità, che vede tra i protagonisti Marco Cassini, editore di SUR e già fondatore di minimum fax, casa editrice che ha portato in Italia le opere di Wallace, Marta Ciccolari Micaldi La McMusa,blogger esperta di americanistica Giulia Muscatelli, curatrice di Brave con la lingua (Editori Riuniti) che racconta Questa è l’acqua attraverso delle speciali Instagram Stories.
La storiella, strepitosa per semplicità e profondità, legata all’acqua che Wallace narrò al Kenyon college, il 21 maggio 2005, è questa;
Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”
Forse è sufficiente questo piccolo apologo per adorarlo o come scrivono quelli del Circolo:
Perché ci ha spezzato il cuore con affermazioni come questa: «A me sembra che questa sia una generazione più triste, e più affamata. E la cosa che mi fa paura è che, quando arriveremo noi al potere, quando saremo noi quelli di quarantacinque, cinquant’anni, non ci sarà nessuno. (…) E non ci sarà nessun limite ai nostri, come dire, appetiti. E anche alla nostra smania di sperperare le cose». Perché, dopo aver letto Infinite Jest, abbiamo sentito il bisogno di telefonare a qualcuno, troppa era la solitudine che scaturiva da quelle pagine. Perché poteva scrivere di qualsiasi cosa – tennis, dipendenze, medicina, vita di tutti i giorni – e insegnava comunque come l’ironia, che utilizziamo spesso a sproposito, maschera i nostri veri sentimenti. Perché, anche se la parola “genio” è abusata, a lui si addice a pennello: ci ha sorpresi sempre, con le sue parole e con il potere di una rara immaginazione. Perché è stato un insegnante pieno di riguardi, paziente, mentre ci svelava le verità più ciniche e fredde nascoste dentro i cliché.