La grande tradizione torinese dei santi sociali, che ha segnato tra Ottocento e Novecento la storia economica e sociale della nostra città con un modello di welfare pubblico-privato alternativo e in anticipo sui tempi, continua e si fa sentire, oggi come allora, come risposta urgente e autonoma ai momenti di crisi.
Lo fa attualizzandosi ai tempi delle start up e ampliando al contempo l’offerta culturale: è stato presentato il progetto Rinascimenti Culturali, un nuovo polo che trova spazio all’interno del Collegio Artigianelli, casa madre della congregazione dei Giuseppini del Murialdo (fondata da San Leonardo Murialdo, Torino 1828-1900) sita tra corso Palestro, via Juvarra e via Manzoni, oggetto negli ultimi anni di un’importante azione di rigenerazione architettonica. Il Collegio Artigianelli è da 150 anni un centro di aggregazione, progettazione e implementazione di servizi a sostegno dell’infanzia, dei giovani, della famiglia e del lavoro. Rinascimenti Culturali si sviluppa a ideale completamento di Rinascimenti Sociali, il primo programma di accelerazione a impatto sociale nato a Torino nel 2015, sempre ad opera dei Giuseppini, per selezionare soluzioni innovative alle più pressanti sfide sociali, accompagnarle nel processo di strutturazione, generando nuova economia e impatto sociale.
Con il completamento progressivo degli interventi di ristrutturazione nel 2017 prende forma il nuovo polo, un luogo che sarà dedicato alla cultura del cibo, alle arti performative, teatrali e alle arti visive. La Congregazione dei Giuseppini, attraverso EtikØ, l’impresa sociale culturale ART 9 – Arte Brachetti, il Teatro della Caduta e la Fondazione Museo Ettore Fico sono parti attive nella progettazione delle attività artistiche ed enogastronomiche, fruibili da tutta la cittadinanza.
Nell’autunno al Teatro Artigianelli prenderà avvio la programmazione di Music-Hall, questo il nuovo nome della struttura, con la direzione artistica di Arturo Brachetti e del Teatro della Caduta. A questo si affianca il recupero del Café Artigianelli, molto conosciuto in città negli anni ’90 come locale alternativo ed eclettico, aperto a mostre, artisti emergenti, musica, reading, tango. Oggi questo spazio sarà gestito dalla Fondazione Museo Ettore Fico e diventa MEF Outside, sede espositiva in continuità progettuale con il MEF; al momento sono in programma due mostre, una antologica dedicata a Niki de Saint Phalle a partire da mese di ottobre e l’esposizione Tarocchi. Dai Visconti ai Social Media.
Incontriamo Don Danilo Magni dei Padri Giuseppini per parlarci di queste iniziative e illustrarci le attività del Polo Artigianelli, che, come evocato dal diminutivo, suggerisce atmosfere vagamente dickensiane, ma in realtà prepara giovani capaci di affrontare il mondo del lavoro con un mestiere concreto, sostenuti da una rete di formazione pienamente inserita nel contesto contemporaneo.
Come arrivano qui i ragazzi oggi, da quali situazioni provengono?
Ci sono diversi canali: la rete legata ai servizi sociali, al Tribunale dei Minori e al carcere minorile; il pensionato per gli studenti, le famiglie che debbono far seguire l’obbligo formativo ai ragazzi, i portatori di handicap. Infine c’è un canale per cui i ragazzi arrivano direttamente a noi attraverso l’attività aggregativa e pastorale. Per i ragazzi dai 14 ai 18 anni sono attivi i corsi professionali, poi ci sono tipologie di corsi anche per persone più grandi con disabilità fisiche e cognitive. Sulla formazione professionale seguiamo circa 2000 ragazzi, con sede qui in corso Palestro, una a Mirafiori, una a Nichelino, una a Pinerolo e una più piccola a Chieri.
Come è organizzata la comunità dei Giuseppini?
Qui a Torino siamo 9 religiosi, in tutta Italia siamo una quarantina di comunità e in totale siamo circa 220. La casa generalizia è a Roma, diretta da Don Padre Renzo.
Come siamo arrivati a Rinascimenti culturali?
Il Collegio Artigianelli è nato nel 1849 con la missione di dare relazioni e strumenti per il futuro di ragazzi svantaggiati, orfani o ragazzi che per motivi economici non potevano essere più essere accuditi dalle famiglie; una struttura che si è mantenuta negli anni aggiornando il proprio intervento a contesti sociali mutati. Nel tempo le fonti di sostentamento sono mutate, all’inizio si reggeva quasi tutto su donazioni private, poi nel tempo è stato sostenuto dal welfare statale che si è sviluppato molto dagli anni ’80. Nel 2010 ci siamo trovati a dipendere quasi del tutto dallo Stato, obbligati a fronteggiare il grave momento di crisi che ha colpito tutti con tre grandi questioni: da un lato la sostenibilità economica della nostra organizzazione, il timore di dover operare tagli di progetti e di personale e infine un problema di ordine morale, quello di essere più preoccupati degli aspetti economici dimenticando il vero obiettivo della missione, che sono i ragazzi.
Come avete affrontato questo momento?
Dovevamo superare queste difficoltà rimanendo concentrati proprio sui ragazzi. Abbiamo mantenuto tutti i progetti in corso e parallelamente abbiamo cominciato a sviluppare delle progettualità nuove, alternative e o integrative, e in particolare ci siamo focalizzate sull’idea dell’impresa sociale. Il ragionamento era semplice: se riusciamo a generare impresa riusciamo ad integrare le nostre finanze e al contempo impiegare i ragazzi che non riescono a trovare lavoro nell’impresa medesima, riuscendo a far fare loro un’esperienza reale nel mondo del lavoro. Questo nostro fare impresa sembra una totale novità per una congregazione religiosa, ma non è proprio così, anche Don Murialdo, che ha retto il Collegio artigianelli dal 1866 sino alla sua morte, avvenuta nel 1900, ha dovuto affrontare avversità economiche importanti, e parimenti aveva attivato delle economie dall’interno, come ad esempio la realizzazione dei banchi in legno per le chiese di Torino…
Qual è stato l’avvio pratico?
Siamo partiti dalla liquidazione di una cooperativa, la Spes di Torino (fabbrica di cioccolato) che abbiamo rigenerato e che è diventato il Gruppo Spes, che oggi gestisce il ristorante – caffetteria EtikØ .
Come avete acquisito le competenze necessarie ad avviare questi processi?
Nessuno di noi ha fatto studi di economia. Io ho studiato Teologia, non ero assolutamente addentro a questi temi… Da un punto di vista personale mi ha spinto moltissimo l’obiettivo a cui volevo tendere e i valori che mi spingevano a farlo, e per questo ci siamo affidati, anche con umiltà, a consulenti che ci hanno aiutato in questo percorso…certo anch’io ho dovuto studiare, aggiornarmi sulle nuove leggi, sui termini fiscali. Non è stato semplice, ma se non avessimo fatto questo tentativo, oggi staremmo parlando di una storia di chiusura, e non di una storia di rinascita.
Quale è stato il percorso progettuale?
Nel 2011 siamo partiti con il gruppo Spes e la Dinamo coop, (che come dice anche il nome sono due cooperative), operazioni che sembravano funzionare e che ci hanno indotto altri ragionamenti e un ulteriore passo: organizzare una s.r.l. di impresa sociale per dare avvio a Rinascimenti sociali: la SocialFare®, con sede in Via Maria Vittoria, che ha come missione quella di aggregare persone e competenze per generare, risanare o avviare start up. Il profitto generato non è a beneficio dei soci, l’utile di impresa obbligatoriamente deve essere investito nell’impresa stessa creando nuove opportunità di lavoro per altre persone, o contribuire all’avviamento di altre imprese sociali, o, ancora, contribuire a delle ONLUS. La nostra innovazione oggi è unire alla formazione l’opportunità di fare impresa, permettendo un’esperienza reale e non solo una simulazione anche all’interno della nostra struttura.
L’edificio è ora oggetto di una grande recupero e architettonico: anche questo si inserisce in questa nuova prospettiva di impresa sociale?
Sì, abbiamo pensato di applicare questo ragionamento alla struttura stessa, nata come isolato-fortezza per proteggere i ragazzi: ora i tempi sono mutati, poteva continuare la sua missione educativa e allo stesso tempo rientrare in questa visione d’impresa rendendosi permeabile con la città, attivando le risorse in essa contenute; ad esempio vi erano possibili fonti di reddito implementato l’attività pastorale di ospitalità.
A questo possiamo aggiungere il nuovo parcheggio, che ci ha permesso di fare sue operazioni: un investimento importante e allo stesso tempo una miglioria strutturale. Quando sono arrivato qui il cortile, poiché ci troviamo in una zona densamente popolata con il mercato, era diventato un parcheggio disordinato, perdendo completamente quella funzione di luogo aggregativo per i ragazzi, proprio della sua natura.
La mensa scolastica è diventata cucina per la caffetteria EtikØ e nel seminterrato abbandonato abbiamo recuperato lo spazio per i prodotti da forno, dando ulteriore sviluppo al progetto di Spes.
I risultati parlano da soli: sono partiti che erano 4 dipendenti, oggi ce ne sono 60, con un punto vendita monomarca in Via Giolitti.
E poi c’è il teatro e lo spazio espositivo…
Infine la sfida di riutilizzare e rigenerare spazi con una logica di impresa, sto parlando dei locali dell’ex teatro Juvarra e del Caffè Procope, e questo grazie agli investimenti della Compagnia di San Paolo. Una sfida non solo economica ma soprattutto culturale, attuata uscendo fuori dagli schemi: oggi stiamo perdendo valori come l’impegno, la bellezza della responsabilità, il sapersi meravigliare. Desideriamo che ci sia un pubblico di ragazzi, e non solo, che oltre a fruirne possa anche partecipare e dare il proprio contributo attraverso l’apprendimento delle arti sceniche. In questo modo ampliamo l’offerta formativa per i nostri ragazzi, che possono scoprire anche nuove professionalità. Questo grazie all’aiuto di Arturo Brachetti e Massimo Betti Merlin del Teatro della Caduta e la collaborazione con il Museo Ettore Fico.
Come superare questa crisi, economica e di valori?
Rinascimenti sociali per arrivare a Rinascimenti culturali: così come un’epoca nodale del passato della nostra storia, si deve pensare ad un nuovo Rinascimento, ponendo di nuovo al centro di tutto l’uomo e l’umanesimo. Aiutare l’uomo per aiutare le persone a fare comunità: da qui possono nascere delle nuove idee, nuove energie. Questo può passare attraverso l’animazione culturale, con contenuti di valore come il teatro, la danza, le arti visive, e questo grazie alla collaborazione attiva di persone competenti e appassionate.