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David Tremlett con Paola Stroppiana

C’era davvero una folla variegata, attenta e partecipe all’inaugurazione di Form & Rhythm, la nuova mostra dell’artista inglese David Tremlett (1945, Dartford, Kent) presso Noire Gallery, in via Piossasco 29.
Sì, perché Tremlett è amatissimo nella nostra regione, e pur non avendo mai realizzato una mostra personale in una galleria privata (questa è la prima nella nostra città) i suoi wall drawings punteggiano una mappa ideale che dalle Langhe va all’Astigiano sino all’Housing Giulia a Torino, passando per molte dimore private; una vera e propria fruizione collettiva coinvolta dall’esplosione di colori che l’artista ha sempre posto in armonia con architetture e paesaggio, realizzando inevitabilmente opere uniche e irrepetibili per genesi e processo creativo, che diventano parte integrante del contesto scelto.
Da Noire Tremlett ha riunito molti dei suoi committenti e sostenitori che negli anni sono diventati amici: dalla famiglia Ceretto di Alba che nel 1999 gli ha commissionato la cappella di Santa Maria della Grazie di Brunate, a La Morra presso Barolo (realizzata insieme all’amico Sol Lewitt) all’assessore alla cultura del Comune di Coazzolo, Silvano Stella, per cui ha recentemente ultimato la decorazione della chiesetta della Santissima Vergine del Carmine, in località Gallo, all’avvocato Luciano Marocco, presidente dell’Opera Pia Barolo.
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Se la coloratissima cappella di La Morra è diventata negli anni un vero e proprio simbolo delle Langhe e una meta turistica per appassionati d’arte contemporanea (tanto che nel 2015 il comune ha voluto conferire a Tremlett la cittadinanza onoraria) e la chiesa di Coazzolo, tuttora consacrata, diventerà un luogo di richiamo, merita una nota a parte l’intervento realizzato per l’Housing Giulia,  progetto dell’Opera Pia Barolo all’interno dell’omonimo distretto sociale (15 mila metri quadrati in tutto, 48 appartamenti per persone in difficoltà, spazi di accoglienza, servizi e iniziative sociali e culturali per gli ospiti, un giardino interno di 1500 metri quadrati).
L’intervento di Tremlett, realizzato nel 2015 sotto la guida di Ferruccio Dotta, suo prezioso collaboratore da molti anni e con la partecipazione di alcuni studenti dell’Accademia Albertina, nasce dall’amicizia con il grande musicista Ezio Bosso. Il maestro, torinese che vive a Londra, ha scelto Palazzo Barolo, sede dell’Opera Pia, come sua residenza e luogo di studio quotidiano quando è a Torino, donando la propria arte agli ospiti e alle iniziative dell’Opera. Bosso gli ha fatto conoscere le attività dell’Opera e l’ha coinvolto nella realizzazione di Rhythm & Form, un wall drawing permanente che andasse ad arricchire un luogo destinato ad accogliere le persone, in un contesto di ricerca del bello, di positività, di “ripartenza” umana e sociale, dove forme e colori diventassero parte integrante e vitale di un’architettura, ma soprattutto di un nuovo modo di vivere. L’artista, che ha subito aderito al progetto, ha realizzato una serie di linee e di poligoni che si rincorrono tra l’ingresso, i vani degli ascensori, gli androni delle scale, i corridoi, e che conferiscono all’architettura una andamento fluido, non lontano dal contrappunto musicale (da qui il titolo).

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Tremlett alla Tate Britain

Poligoni, rettangoli, trapezi, cerchi e triangoli che si ritrovano, rielaborati al pari di un alfabeto segnico versatile e universale, nella galleria di Marco Noire, anch’egli amico personale di Tremlett: per il suo solo show, visitabile sino al prossimo 10 gennaio, l’artista ha presentato 12 nuove opere a pastello su carta, un tappeto e un wall drawing che coinvolge un grande spazio della galleria e che ha richiesto più di un mese di lavoro, iniziato, come ci racconta lui stesso, partendo dalla fenditura del muro circolare che ha dato l’avvio, al pari di una musica, a tutta la composizione.
Erede di una curiosità illuminista che lo ha reso negli anni un formidabile viaggiatore, sperimentatore di culture, popoli, ma soprattutto architetture, da sempre suo grande interesse, David Tremlett, uno degli artisti più noti della sua generazione, è da sempre restio a inserirsi in una precisa corrente artistica (anche se sono indubbie le radici minimaliste e concettuali rielaborate con un alto grado di autonomia architettonica e cromatica). A partire dagli anni Ottanta si è affermato sulla scena internazionale adottando, come prevalente mezzo di espressione, il wall drawing eseguito con pastelli colorati direttamente sui muri (“Mi basta un pollice, e la mia mano”), realizzando interventi, permanenti o temporanei, in musei e spazi pubblici o dimore private di tutto il mondo. Tra i luoghi in cui l’artista è intervenuto nel corso degli anni si ricordano la Tate Britain di Londra, l’ambasciata inglese a Berlino, la sede del British Council a Nairobi (Kenya), la chiesa di S. Pietro e S. Paolo a Villenauxe-la-Grande in Francia, il Palazzo di Re Enzo a Bologna.
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La sua prima mostra in Italia risale al 1974 nella galleria Bonomo di Bari. Attraverso la sua opera interpreta le sue esperienze di viaggio fatte di luci, colori, architetture che diventano vocabolario espressivo, come un linguaggio o una partitura musicale, in cui possono essere riconosciute citazioni dalla cultura africana o giapponese, piuttosto che dal barocco romano. Come ci racconta, sorridendo con dolcezza, “Ho viaggiato molto, l’Italia e Torino sono uno dei miei luoghi preferiti. Il viaggio per me rimane alla base della vita’’.

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