“Dottor Gino, tu cosa ne pensi?”
Credo che questa domanda sarà la cosa che mi mancherà di più. Era la domanda che i suoi collaboratori più stretti gli facevano sempre nel momento di prendere decisioni. E la sua risposta iniziava quasi sempre con un “Bah” come per dire “per quel che vale il mio pensiero…”.
La visione dei fatti che ne seguiva era sempre netta, chiara, a volte lontanissima da qualsiasi altro ragionamento l’avesse preceduta, fin spiazzante in alcuni momenti. Pensieri apparentemente semplici che ti portavano a scardinare le cose, a guardarci dentro, a rimettere a fuoco le priorità, a rimettere al centro ciò che era più importante: i pazienti, l’accesso alle cure, i diritti, l’eguaglianza, l’abolizione della guerra. Nella sua visione queste non sono mai state parole, ma azioni. Ecco, Gino aveva questo potere, di trasformare attraverso EMERGENCY valori astratti in azioni concrete. Ed è così che ho visto nascere ed evolversi la maggior parte dei progetti dell’associazione, culturali e sanitari. Almeno quelli che ho potuto vedere dal 2001 in avanti, inizialmente da volontaria e poi da responsabile del coordinamento dei volontari.
Chi, come me, si è avvicinato al volontariato in EMERGENCY tanti anni fa, sa perfettamente che non è solo un riempitivo del tempo libero che si ha a disposizione, è un percorso, una visione del mondo che non ti lascerà più e che entrerà in ogni ambito della tua vita.
Perché è questo che ti succede quando impari a guardare l’altro come te stesso, a misurare la qualità di quello che fai pensando all’effetto che avrebbe sulla tua pelle: è qui, in questo ospedale, che vorrei venisse curata una persona che amo? Fin dove deve arrivare la cura? Sto davvero garantendo l’accesso alle cure a chi ne ha bisogno o qualcuno/a è rimasto tagliato fuori? In che modo posso rendere autonoma questa persona affinché non abbia più bisogno di sostegno per vivere una vita dignitosa? Se fosse mia figlia quella che sta scappando su un barcone?
Ed è rispondendo a domande simili che nel bel mezzo di una guerra o di una insopportabile povertà nascono ospedali in muratura, totalmente gratuiti, accessibili, scandalosamente belli e sostenibili, con prestazioni di qualità, giardini fioriti e tutti i servizi necessari per i pazienti e i loro accompagnatori, dalla mensa ai giochi. E così che nascono i laboratori sociali per portatori di protesi, le cliniche mobili per portare assistenza laddove vivono gli invisibili, la maternità e la ginecologia dove le donne non hanno il diritto nemmeno di esistere, la cardiochirurgia dove non sono garantite le cure per la dissenteria. E’ questa la medicina che si basa sui diritti. In primis il diritto alla vita.
Ed è da qui che nasce la contrarietà alla guerra, anche in questo caso non astratta, ma concreta, reale, di chi ne ha toccato con mano l’oscenità. Perché la guerra è oscena e chi continua a ritenerla una scelta plausibile, approva di fatto un atto di terrore, in nulla diverso dal terrorismo che ha la presunzione di sconfiggere.
Questa è l’eredità che mi lascia Gino, la consapevolezza e l’importanza di compiere scelte che sembrano andare contro ogni ragionevole certezza. Abolire la guerra, sparire, non essere più necessari, creare modelli di cura basati sui diritti che possano durare nel tempo, oltre EMERGENCY. Oltre Gino.
Paola Feo
Responsabile Coordinamento volontari