Il castello e il suo borgo medievale hanno rappresentato la prima idea di parco a tema che, sposato con l’esperienza della navigazione sul Po, facevano da contrappeso all’estremità opposta del parco dove i resti futuristici della prima monorotaia italiana, i cui piloni scintillanti emergevano dal laghetto di Italia 61, univano simbolicamente passato e futuro lungo un percorso immerso nel verde che ogni domenica veniva salutato da centinaia di famiglie, maratoneti, anziani amanti del profumo dell’acqua e dello stormire delle fronde.
Ora uno sfratto deciso dal Comune di Torino diventerà esecutivo a dicembre, chiudendo il Borgo per circa tre anni per ristrutturazione.
La decisione non sembra vacillare malgrado le richieste di revisione del piano di manutenzione, né sotto l’aspetto umano che vede coinvolte due famiglie che non solo dovranno cercare nuovo alloggio, ma, cosa ben più grave, dovranno spostare le loro attività in contesti ben diversi da quello per cui erano nate.
Se da un lato si fa fatica ad immaginare una stamperia e un’officina di ferro battuto all’interno di un qualsiasi quartiere torinese che non sia il borgo medievale, dall’altro viene da pensare come officine di questo tipo possano trovare locazione in ambienti che non siano attrezzati ad ospitarne in complessi macchinari, senza contare i costi di trasloco.
L’officina di Mastro Corradin è ormai quarant’anni che esercita l’antico mestiere del ferro battuto, proponendo, tra l’altro, stages per chi cerca lavoro e didattica per le scuole. L’attuale stagista Moreno Vicentin, sotto l’occhio attento del dipendente di Corradin, Michel Roux (autore di un avvincente romanzo su Cesare Lombroso), ha imparato in pochi mesi, a “forgiare spade, lavorare il cuoio per produrre foderi e armature: ho imparato a rispettare le richieste dei clienti più diversi, da chi chiedeva una modifica di un nasale ad un elmo a chi si è fatto disegnare e realizzare lo scettro dorato di un personaggio dei fumetti”. “Ho capito”, continua Vicentin, “che ogni richiesta corrisponde a un piccolo sogno, da chi desidera l’oggetto della sua infanzia a chi, rievocatore professionista, cerca la filologicità perfetta in ciò che sta ordinando. Entrambe le cose, con dedizione e capacità sono realizzabili e, oltre a soddisfare il cliente, allungano l’elenco delle nostre vittorie in anni e anni di tradizione.” Corradin produce e vende anche abbigliamento e oggettistica che va dai monili celti ai raffinati camagli e maglie di ferro.
La bottega di Mastro Cerrato non è da meno. La stamperia riproduce pezzi di pregio o stampa su ordinazione. Conserva inoltre una collezione di tutto riguardo di stampe antiche perfettamente riproducibili a partire dall’attenzione nell’utilizzo della carta e degli inchiostri.
Residente al borgo da oltre cinquant’anni, Cerrato propone opere che vanno dai duelli tra nobili romani alla marcia di reparti francesi presso la Marsaglia, da studi di animali esotici a riproduzioni di leoni, da mappe secentesche a erbari tratti dai monasteri medioevali: nulla è improponibile per chi desideri appendere alla propria parete un pezzo di storia o uno squarcio sul nostro passato.
Se le botteghe si affacciano sul pianoterreno incantando il viaggiatore con le merci esposte sotto il portico, il primo piano, come da tradizione, vede gli alloggi dei mercanti e delle loro famiglie, mogli e figli.
L’affitto, tutt’altro che simbolico, non è stato disertato, e questo va detto, nemmeno nel periodo di chiusura Covid, dove i due artigiani, a serrande sprangate, hanno anche prestato “volontario” servizio di guardiania al complesso chiuso ai turisti.
Si sa: i manufatti umani incorrono nel distruttivo avanzare del tempo e il borgo medievale non è certo da meno. Negli anni i lavori di manutenzione, rimandati, procrastinati, solo accennati, sono diventati così evidenti da assurgere a necessari. Caso ha voluto che la disponibilità di fondi derivante dal PNRR risolvesse, se non altro, il problema economica dell’intervento e deviarne una parte per la manutenzione straordinaria del complesso è stata cosa di un attimo. Ciò che invece, a quanto appare evidente, è mancata, è stata la pianificazione degli interventi, totalmente esente da quella pratica comune che qualsiasi project manager conosce: la tabella cronolavorativa.
Occorre anche riflettere sul fatto che il borgo resterà chiuso al pubblico per tre anni (dando per assunta la tempistica dichiarata), senza offrire alternative di sorta, come era già successo per la chiusura dei murazzi. Un piano che fa acqua da tutte le parti, ma che si nasconde dietro un impiego del PNRR per garantire un futuro di rispristino della navigazione sul Po e altre amenità che già esistevano o che potremmo anche evitare: come le bancarelle a ridosso delle mura!
Tutto questo è stato fatto presente, in una lettera destinata a Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino e per conoscenza al vice sindaco Michela Favaro e a tutti gli assessorati di competenza: Cultura, Patrimonio, attività produttive, Commercio, Presidenza del Consiglio comunale, Presidenza III Commissione permanente, Presidenza V Commissione permanente.
Le lettera è firmata da Emanuele Corradin, sua moglie Chiara della cooperativa Theatrum Sabaudiae (che cura da anni le visite guidate al borgo), da Vittorio Cerrato, da Nadia Gentile, per lo studio fotografico, e dalle relative famiglie.
La lettera evidenzia come già prima degli attuali residenti, la generazione precedente vivesse e lavorasse all’interno del museo fornendo anche funzioni didattiche ai numerosi turisti nostrani e stranieri, rendendo un servizio incondizionato di 365 giorni l’anno, aperti a scolaresche visite guidate cui è stato offerto un servizio di dimostrazioni pratiche e di stage aperti a tutte le scuole d’Italia. I premi conseguiti lungo tutto l’arco lavorativo testimoniano la qualità artigianale raggiunta e la serietà professionale con cui si affronta la didattica e la filologia delle produzioni, evidenziate in ben due tesi di laurea.
Nella lettera si legge anche: ”la nostra abitazione in questo sito è stata da sempre considerata strategica secondo l’intento filologico dello stesso D’Andrate, per rappresentare il concetto storico di casa-bottega, con bottega al piano strada e abitazione al piano superiore, favorendo l’aspetto evocativo agli occhi del visitatore e promuovendo lo scopo divulgativo e didattico di questo museo che abitandolo quotidianamente, sentiamo di far parte viva di questo luogo e di questo progetto.”
In effetti occorre considerare la funzione di accoglienza al turista, quella di presidio fisso, non pagato e non dovuto, la molteplicità di eventi alluvionali cui gli artigiani hanno fatto fronte da soli. Nel borgo sta ormai crescendo la terza generazione, permeata dal rispetto per la storia e educata al rispetto della tradizione museale del luogo. Ora, tutti insieme, si chiedono come, a un anno dalla chiusura covid, in piena fase di ripresa, metabolizzare la notizia di dover abbandonare tutto, sgomberare, cercare una nuova abitazione e un nuovo spazio per le officine, traslocare i macchinari e le attrezzature.
Si chiedono come sia possibile che “un piano nazionale di ripresa e resilienza, pensato proprio per sostenere una crescita economica più robusta, possa mettere in ginocchio aziende locali d’eccellenza senza tener conto della loro sopravvivenza”.
Gli artigiani chiedono, in definitiva, un semplice tavolo su cui poter discutere con gli autori del progetto “Torino, il suo parco e il suo fiume, memoria e futuro”.
Allo sfratto degli artigiani un fugace accenno insistente sulla natura dei lavori che, rispetto alla prima tranche da 800.000 euro che consentiva la convivenza degli stessi con il cantiere, la natura degli interventi che si protrarranno fino al 2026, non è compatibile con l’occupazione del borgo da parte dei suoi abitanti per ragioni di sicurezza.
Resta da sperare in una risposta del Sindaco Lo Russo e nell’apertura dell’atteso tavolo di discussione per verificare se esista almeno una umana speranza che lo sfratto venga ripensato e la tradizione del borgo continui attraverso i suoi artigiani, seppure circondati da un cantiere indubbiamente necessario.
Alberto Busca