Un mondo capovolto
Il Virus che sta cambiando per sempre la nostra vita
Il Coronarvirus è una guerra. Non lo so. Forse le guerre sono altre. Bisognerebbe chiederlo a chi vive o meglio sopravvive in Siria da otto anni, oppure in altre regioni o nazioni, continenti e parti del mondo in cui la condizione nostra è una situazione quasi permanente.
Eppure, il Covid 19 ci costringe a pensare, a riflettere sul nostro mondo impazzito. Anche in passato le pestilenze hanno causato moltitudini di vittime innocenti e anche in tempi recenti le grandi pandemie (1918 Spagnola) e poi 1957 e 1970 avevano colpito anche il nostro paese con oltre cinquemila morti.
Ma il nostro mondo post-moderno, ipertecnologico, in cui il tema della sicurezza e del benessere sono elementi ossessivi e patologici sta trascorrendo il suo periodo più drammatico. I paradossi sono molti. Un tempo al fronte c’erano i soldati e a casa rimanevano donne e bambini che però erano possibili bersagli di bombardamenti e rappresaglie, oggi al fronte ci sono tutti gli operatori sanitari (medici, infermieri, personali ausiliario, soccorso, persone che devono fare la disinfestazione e le pulizie) ma nelle retrovie ci sono anche tutti coloro che devono uscire per lavoro e sono a contatto con il pubblico.
Poi ci sono milioni di persone che sono in casa e possono uscire solo per fare la spesa o per indifferibili problemi di natura sanitaria. Tralascio l’idiozia e l’incuranza di tutti coloro che si sono mossi per scappare al Sud o al Nord, quelli che hanno intasato stazioni ferroviarie e celebrato feste e sciato senza pensare ad un domani. E non voglio addentrarmi sulla situazione economia. Dio solo che sarà evidente che ripartendo nulla sarà come prima. Oppure ripartire come prima vorrebbe dire votarsi a suicidio planetario.
Ma il paradosso del virus è che ciò che sta succedendo è emblematico di un mondo di individui, solitari, poco avvezzi ad un comportamento etico collettivo. Nello stesso tempo però sono migliaia i cittadini, che in modo opposto, si comportano secondo le regole e molti altri che aiutano, sostengono, lottano, lavorano per salvare, vite umane.
La verità è che contro un nemico subdolo, come aveva previsto Bill Gates, siamo indifesi, ma non solo per la globalizzazione e l’interdipendenza che ormai lega il pianeta non solo nel mondo virtuale ma anche in quello reale, ma perché abbiamo perso il senso del limite, della fragilità, della impossibilità di controllare tutto e tutti. Neppure nei regimi autoritari, vedi la Cina, dove è esploso il virus. Una considerazione finale è quella relativa al mondo che cambia e all’accelerazione di una generazione che muore senza poter dare un ultimo saluto.
Un lutto che sarà comune solo se, alla fine dell’emergenza, sapremo tutti fare i conti con questa dimensione del passaggio credenti e non credenti, per dare un senso all’esistenza di ogni persona, perché le cifre sono importanti per l’azione di contrasto, la cura e il contenimento, ma le persone, uniche e irripetibili, muoiono una volta sola.
Luca Rolandi