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«La Musica è la scienza dei Suoni; di conseguenza il Suono è il principale oggetto della Musica. Ordinariamente la Musica si distingue in Armonia e Melodia, per quanto quest’ultima non sia che una parte dell’altra, e sia sufficiente conoscere l’Armonia, per essere perfettamente istruiti su tutte le proprietà della Musica».
Così esordisce Jean-Philippe Rameau nel Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, opera – si  può ben dire – tale da cambiare l’esistenza del musicista, altrimenti probabilmente destinato ad essere escluso per sempre dai più prestigiosi ambienti musicali della Francia del XVIII secolo. Dopo una giovinezza svogliatamente dedicata agli studi ordinari, Rameau si dedica interamente alla musica a partire dalla maggiore età: per oltre un ventennio svolge un’anonima attività di strumentista, e in particolare di organista, in varie cittadine fra le quali Avignon, Clermont-Ferrand, la natia Dijon (dove il padre Jean era organista presso le chiese di St-Etienne e Notre-Dame), Lyon. Il suo Premier Livre de Pièces de Clavecin, pubblicato nel 1706, non gli garantisce l’affermazione nella quale egli spera. Nel 1722 la pubblicazione del Traité de l’harmonie reduite à ses principes naturels scatena un’eccezionale polemica fra i suoi sostenitori e i suoi detrattori: sorprendentemente ciò consente a Rameau di stabilirsi a Parigi, ancorché apprezzato come teorico e non come musicista. Del 1724 e del 1728 sono rispettivamente le Pièces de Clavecin e le Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin.
Ma solo nel 1731 la carriera di Rameau riceve un significativo impulso, grazie a uno dei più importanti mecenati del XVIII secolo, il fermier général Alexandre Jean Joseph Le Riche de La Pouplinière, che gli affida la direzione del suo complesso musicale privato e lo accoglie nel novero dei letterati, pittori e musicisti che godono della sua protezione. Per intervento di La Pouplinière, nello stesso anno Rameau ottiene dall’Abate Pellegrin il libretto di Hippolyte et Aricie, la tragédie-lyrique che rinnova l’entusiastico apprezzamento, ma anche il severo giudizio a suo tempo provocati dal Traité. Fra i suoi sostenitori, il vecchio André Campra ne proclama il genio, affermando che vi è più musica nell’Hippolyte che non in dieci opere consuete. Ha inizio così per Rameau quella carriera teatrale per decenni inseguita senza successo. Fra il 1733 e il 1739 Rameau produce nuove opere: Les Indes Galantes, Castor et Pollux, Les festes d’Hébé, ou les Talents Lyriques e Dardanus. Nel 1745, in occasione del matrimonio del Delfino, Rameau scrive la comédie-ballet La Princesse de Navarre, che gli vale il titolo onorifico e remunerativo di Compositeur de la Chambre du Roi. L’attività di compositore di musiche legate all’ambiente della corte dura, sebbene con alterna fortuna, fino all’anno della morte.
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Accanto agli scritti teorici, alle opere teatrali, alle composizioni clavicembalistiche e ad un esiguo numero di mottetti e cantate, fra i lavori di Rameau si evidenziano due raccolte di musica da camera, tanto modeste quantitativamente quanto eccellenti qualitativamente: le Pièces de clavecin en concert e i Six Concerts transcrits en sextuor. Delle due opere, entrambe strettamente legate alla produzione clavicembalistica, la prima risalta per importanza e originalità. Pubblicate per la prima volta nel 1741, le Pièces de clavecin en concert, avec un violon ou une flute, et une viole ou un deuxième violon consistono in cinque Concerts (il primo, il terzo, il quarto e il quinto formati da tre pièces, il secondo da quattro pièces), in realtà nella struttura apparentati più con la suite che con il vero e proprio concerto. La raccolta è introdotta da un Avis destinato Aux Concertants e da un Avis per ciascuno degli strumenti in organico: pour le Clavecin, pour la Flute substituée au Violon e pour la Viole. Qui Rameau fornisce interessanti considerazioni e dettagli relativi alla prassi esecutiva, che prevede fra l’altro la facoltà di adottare differenti strumenti per una medesima parte. Tale prassi affonda le radici in epoca medioevale e si sviluppa ben oltre la metà del XVIII secolo. François Couperin, ad esempio,  a proposito di alcune sue pièces croisées (pezzi che richiedono un clavicembalo a due manuali) indica la possibilità di eseguirle come duetti per due strumenti melodici, come flauti, oboi, violini, o viole.
Nelle Pièces de Clavecin en Concerts al clavicembalo è assegnato un ruolo concertante che le altre parti strumentali, per quanto raffinate, semplicemente sostengono («Questi Pezzi eseguiti al Clavicembalo solo non lasciano nulla a desiderare» precisa Rameau nell’Avis aux Concertans). «Rameau clavicembalista è il fedele successore di Couperin e, come questi, è soprattutto un colorista ed un pittore. I suoi pezzi, quando non derivano da movimenti di danza, hanno sempre come punto di partenza, sia un oggetto da descrivere, sia una chanson o un vaudeville da sviluppare. Ma la sua scrittura è infinitamente più consistente di quella del suo grande predecessore, ottenendo risultati d’una potenza espressiva quali Couperin solo eccezionalmente raggiunge. Rameau lo eguaglia per freschezza, colorito, potere evocativo, ma possiede una ricchezza di ispirazione, una diversità di tocco armonico, una varietà di ritmo di cui non si conoscevano esempi prima di lui» scrive  Jacques Chailley, ben descrivendo l’universo rappresentativo ed espressivo delle opere clavicembalistiche di Rameau. Non così distanti sono le considerazioni di un maestro del colore, Claude Debussy:«Noi abbiamo […] una pura tradizione francese nell’opera di Rameau, fatta di tenerezza delicata e affascinante». «Con il suo superbo senso del colore, Rameau curò lo strumentale con abilità maggiore di qualsiasi contemporaneo» scrive Manfred Bukofzer, secondo il quale «Rameau concepisce la musica strumentale fondamentalmente in funzione dell’Opera, della danza e della rappresentazione di argomenti non musicali»: dunque non stupisce il fatto che, secondo una consuetudine assai frequente nella musica clavicembalistica francese dei secoli XVII e XVIII, Rameau assegni ad una parte consistente delle Pièces de Clavecin en Concert titoli che rimandano a colleghi, a personaggi illustri (nell’Avis aux Concertans egli ricorda che «diverse persone di gusto e del mestiere […] mi hanno fatto l’onore di dare i nomi ad alcune di loro»), ma anche a luoghi, o alla rappresentazione di particolari caratteri. Cuthbert Morton Girdlestone nel suo Jean-Philippe Rameau, His Life and Work descrive la relazione tra i titoli scelti e la loro origine: cinque di essi corrispondono ai nomi di colleghi di Rameau (La Laborde, La Boucon, La Forqueray, La Marais e La Cupis), due a patroni delle arti (La Livri e La Lapopliniere), uno ad un componente non meglio identificato della sua famiglia (La Rameau), uno ad un luogo campestre, oggi sobborgo, nei dintorni di Parigi (Le Vezinet); La Coulicam è una corruzione di Thomas Kouli Khan, eroe eponimo di un romanzo pseudo-storico ambientato in Persia; le restanti sono danze (Menuet, Tambourin, La Pantomime) e pezzi di carattere (L’Agaçante, La Timide e L’Indiscrète).
Rameau riveste le Pièces de Clavecin en Concert di un’intensa drammaticità alla quale contribuiscono il sapiente uso dell’armonia, l’accorta adozione delle modulazioni e ben poco il contrappunto. «Non sorprende – continua Manfred Bukofzer – che l’autore del Traité de l’harmonie si preoccupasse dell’armonia, come testimoniano le sue calcolate modulazioni e i suoi modesti esperimenti cromatici. Egli subordina la sua invenzione melodica all’invenzione di concatenazioni armoniche che, figurate in modo elaborato da precisi motivi ritmici, conferiscono ai pezzi per clavicembalo una consistenza, quando non uniformità, di struttura finora sconosciuta. Affermando che la melodia è solo una conseguenza dell’armonia, Rameau non fece altro che razionalizzare le virtù e i difetti del suo talento, ispirato dall’armonia e dal ritmo più che dalla melodia».
Andrea Banaudi
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Sabato 22 febbraio 2014 ore 21.00
Palazzo Barolo
Jean Philippe Rameau
Pièces de clavecin en concerts
I Musici di Santa Pelagia

 

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