Fin dall’antichità i vulcani sono stati oggetto di ammirazione, curiosità e timore e molte sono state le interpretazioni nate per spiegarne l’origine. Platone credeva nell’esistenza di un fiume di fuoco sotterraneo, il Piroflegetonte, che trovava sfogo nei vulcani. Seneca indicava quale causa di eruzioni e terremoti, la penetrazione di acqua nella materia incandescente del sottosuolo.
Noto a tutti, Plinio il Giovane descrisse la spaventosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che seppellì Pompei ed Ercolano. Ma la vera scienza dei vulcani, la vulcanologia, nacque solo nel 17° secolo e fece progressi decisivi nel 19° secolo con le ricerche di Lazzaro Spallanzani. Sono stati proprio i vulcani a dar vita all’atmosfera terrestre primordiale. Senza di essi non esisterebbero né gli oceani, né la vita sulla terra. Tuttavia, questo viaggio della lava che parte da 100 Km. sottoterra non ci ha ancora svelato tutti i suoi segreti.
La Kamchatka è proprio per questo un luogo molto affascinante. Una landa primordiale dove gli estremi entrano in collisione e dove fuoco e ghiaccio convivono. Qui si sente il respiro caldo della terra tra geyser e campi di lava, solfatare e sorgenti termali. Pochi altri luoghi al mondo permettono di ripercorrere le origini del pianeta. Si tratta di una vasta penisola selvaggia situata nell’estremo est della Siberia.
Una terra di orsi e spettacolari fenomeni vulcanici, attraversata per tutta la sua lunghezza da catene montuose affacciate sull’Oceano Pacifico e divise da una valle fluviale: 160 vulcani di cui 29 ancora attivi. La Kamchatka è una terra incontaminata, tra le più selvagge al mondo. La sua densità di popolazione è tra le più basse del pianeta. Il fascino di quest’ ultima frontiera, di questo “ mondo perduto” è legato ai suoi straordinari scenari naturalistici, alla rigogliosa vegetazione della taiga, agli impetuosi corsi d’acqua e alla ricchissima fauna.
Per molti anni avvolta nel mistero e conosciuta dagli Occidentali solo per il gioco del Risiko, è rimasta chiusa al turismo fino agli anni ’90 e resta una zona militare di grande importanza strategica. Durante il rigidissimo inverno, le temperature scendono a – 40°C. Fiumi e laghi sono ghiacciati per sette mesi l’anno ma, nella breve estate, le foreste di conifere e betulle, che ricoprono un terzo del territorio, si popolano di animali.
Cacciatori, pescatori e avventurieri iniziarono ad arrivare dalla Russia continentale soltanto nella seconda metà del 1600. Le prime vere esplorazioni risalgono al 1725 quando Vitus Bering fu incaricato dallo Zar Pietro il Grande di verificare se vi fosse un collegamento tra Siberia e Nord America. Durante la sua seconda esplorazione, nel 1740, Bering fondò la capitale, Petropavlovsk, chiamata così in onore delle sue due navi S. Pietro e S. Paolo. Nel 1741 l’esploratore danese morì di scorbuto. A lui è dedicato lo stretto che separa la Russia dall’Alaska. A 11.000 Km. e 9 ore di fuso orario da Mosca, Petropavlovsk, 250.000 abitanti, è quasi sul confine della linea internazionale del cambio di data. Non è, oggi, molto diversa dalle altre città dell’ex blocco sovietico. Affacciata sulla baia di Avacha e incorniciata dai due vulcani, Avachinsky e Koryasky, rimane ammantata di neve da ottobre a maggio per l’influsso dei venti artici e delle fredde correnti del Pacifico. Negli anni sono fiorite in città numerose industrie legate soprattutto alla pesca e alla cantieristica navale ma sono anche sorti importanti centri di ricerca scientifica come l’Istituto di Geologia vulcanica.
Non appena vi sarete lasciati alle spalle la capitale, inizierà per voi la grande avventura. Scoprirete paesaggi lunari, risalendo le pendici dei numerosi vulcani oppure sorvolerete in elicottero gli incredibili scenari naturalistici. Entrerete in contatto con le comunità nomadi degli Eveni, gli allevatori di renne, o vi troverete a pochi metri dai famosi orsi bruni che attendono al varco i salmoni rossi pronti a farne una bella scorpacciata. Ogni anno, durante l’estate, due milioni di salmoni risalgono i fiumi della Kamchatka per deporre le uova. Un eterno rituale di amore, riproduzione e morte.
L’orso bruno della Kamchatka, le stime parlano di una popolazione di circa 30.000 individui, è il vero re della tundra, un gigante che può superare i 3 metri di altezza per un peso di oltre 350 Kg.. Molto simile all’orso Kodiak dell’Alaska, sebbene tenda ad essere di colore più scuro, il colore della sua pelliccia può variare dal bruno-nerastro al giallo pallido. Si tratta del carnivoro terrestre più grande al mondo. Nel mese di agosto, gli orsi scendono dalla catena Yuzhno-Kamchatsky verso il lago Kurilskoye situato all’estremo confine meridionale della penisola e raggiungibile solo con un’ora di volo su un maxi-elicottero militare sovietico. Non a caso gli orsi sfruttano l’estate per immagazzinare fino a 180 Kg. di grasso, indispensabili per sopravvivere durante il lungo letargo invernale.
Ma, oltre agli orsi, una delle principali attrattive della Kamchatka sono i vulcani. Il Tolbachik è, senza dubbio, uno dei luoghi più isolati e suggestivi della penisola. Supera i 3000 metri di quota ed è ancora attivo, con un cratere di 3 Km. di diametro. Il territorio circostante, stravolto dalla grande eruzione basaltica del 1975 che ne modificò la morfologia, ricorda il paesaggio lunare. Ammirerete gli incredibili coni di scorie alti fino a 300 metri e gli scenari apocalittici della foresta pietrificata. Proprio in questa zona l’Unione Sovietica collaudò i suoi veicoli lunari prima di mandarli nello spazio.
Non sono da meno il vulcano Gorely con i suoi due crateri di cui uno è occupato da un lago di acqua turchese ed il Mutnovsky con la sua immensa caldera che si raggiunge percorrendo uno stretto canyon tra ghiacciai, fumarole di zolfo e acque ribollenti. Un ambiente fantastico e inquietante che rievoca le atmosfere dei libri di Giulio Verne.
Un viaggio in Kamchatka rappresenta un’esperienza indimenticabile che vi offrirà la possibilità di vivere un’avventura irripetibile.
Testo e foto di Anna Alberghina