Più testimone che protagonista la francese della Valle della Loira, agiata borghese pronipote di Fragonard, ritratta per undici volte da Édouard Manet, ospite d’onore per accordo con il Sole 24 Cultura, la pittrice impressionista Berthe Morisot, ha partecipato alla riapertura della Gam.

Dopo essere stata a Nizza da giugno fino al 29 settembre al Musée des Beaux-Arts, è approdata a Genova a Palazzo Ducale in grande sfarzo il 12 ottobre, Electa in veste di patron, per poi risalire fino a Torino il 15 ottobre per una ennesima e mondana esposizione di sé. 

Una selezione di circa 50 opere, tra dipinti, disegni e incisioni, arricchito da un allestimento floreale, uno shabby chic d’ispirazione Belle Époque, per rinverdire i fasti dell’impressionismo e trasmettere quella intramontabile capacità di catturare la luce e trasformarla in gioia per gli occhi.

Testimone si diceva, perché il rinnovo del museo civico per eccellenza, della città, è stata la vera notizia e il punto d’interesse. Si percepiva da giorni una non celata trepidazione per questa vernice. 

Dove i massimamente disincantati cittadini, nutrono malgrado il più limpido e inscalfibile pessimismo, ancora delle aspettative. 

Le novità hanno interessato la struttura, finalmente riconsegnata alla sua originalità e forza espressiva, al riallestimento delle collezioni e ad un’idea che da sola rappresenta il genius loci del museo: Il DepositoVivente.

Che come recita il comunicato:

… crea un contatto inedito tra il pubblico e la collezione del museo, rivelando parte del vasto patrimonio artistico. Questo spazio non è solo un luogo di conservazione, ma un ambiente dinamico dove l’arte è presentata secondo mutevoli punti di vista e al di fuori dei percorsi espositivi tradizionali. Accostando in modo inedito alcuni capolavori della collezione a sculture e dipinti meno noti, e per alcuni aspetti sorprendenti, le opere acquisiscono nuova vitalità, stimolando interazioni e riflessioni critiche che sfidano le gerarchie convenzionali.

Il Deposito Vivente permette ai visitatori di scoprire la dimensione nascosta della GAM, rivelando come ogni museo sia un organismo vivo, in costante trasformazione. Le opere sono visibili dal pubblico attraverso uno sguardo dal di dentro, da dietro le quinte, così come sono abituati a vederle gli addetti ai lavori: appese alle rastrelliere, allineate sugli scaffali, custodite in casse, tutte cariche di un’energia potenziale che le scelte curatoriali devono portare alla luce e far parlare. Il Deposito è a cura di Chiara Bertola e Fabio Cafagna, con l’intervento di Stefano Arienti.

La Gam ha avviato nel 2024 un Piano Strategico che la Fondazione Torino Musei ha denominato la nuova GAM 4.0 ovvero un processo di riqualificazione e rigenerazione, di cui in realtà si sa ancora poco, tuttavia si sta procedendo con il lancio del Concorso internazionale di progettazione, finalizzato alla realizzazione per lotti dell’intera riqualificazione, sempre che i fondi del ministero trovino destinazione.

La struttura architettonica ha ricominciato a respirare e a ritrovare il suo design originario.Grazie ad un lavoro per sottrazione, l’edificio è stato liberato da strati di intonaco, cartongesso, controsoffitti, impianti in disuso.

Nel foyer è stata razionalizzata l’organizzazione di biglietteria e guardaroba. I pilastri, che negli anni erano stati intonacati o inglobati in strutture di cartongesso, sono stati liberati e stonacati, riportando alla luce il calcestruzzo bocciardato che si vedeva nelle foto del 1959, quando la Galleria d’Arte Moderna appena inaugurata era un riferimento di avanguardia architettonica museale in Europa. Altri cartongessi sono stati rimossi dalle vetrate del vano scale, per farlo intravvedere, rendendo l’atrio più luminoso. Gli arredi originari,come le sedute fatte produrre dai progettisti appositamente per l’auditorium, disperse negli anni in diversi uffici comunali, sono stati restituiti al loro luogo d’origine.

Non solo, finalmente la luce naturale ora può tornare ad accarezzare le opere esposte, attraverso le gradi pareti inclinate a vetrata piena. 

Una luce che si vorrebbe tornasse ad irraggiare la Gam, rilanciandola finalmente per il grande granaio di meraviglia che ospita e, per quel ruolo di proposta e conoscenza indispensabile ad una società in rapida evoluzione che necessità una casa in cui potersi ricordare chi è, come si è formata e come ha costruito e modellato oppure no, il proprio gusto per l’arte.