Il rapporto tra immagini e conoscenza mediatica della realtà fisica delle cose è ben illustrato dalla storia iconografica della Montagna della Santa Croce (Mount of the Holy Cross), una vetta delle Montagne Rocciose nel Colorado di 4270 metri d’altezza scalata per la prima volta ufficialmente dal mineralista Ferdinand Vandeveer Hayden e dal fotografo William Henry Jackson nel 1873.

Mountain of the Holy Cross. First photographed and located in 1873

Di questa ascensione abbiamo una fotografia presa da Jackson, nella quale si può ben apprezzare la curiosa forma di croce che la neve glaciale disegna depositandosi sulle rocce della montagna. Il fatto di per sè, è già così particolare da poter suscitare la curiosità e il desiderio di andare di persona a vedere questo iconico fenomeno naturale. Purtroppo l’esperienza è possibile solo ad alta quota perché la “santa croce” non è visibile dal fondovalle.

Qui interviene l’anno successivo il pittore di paesaggi Thomas Moran, che sulla base della fotografia di Jackson si reca sui luoghi dove prende vari schizzi ed acquerelli dai quali nel 1875 realizza un quadro ad olio in cui l’impossibile diventa realtà: la croce si staglia sullo sfondo di una vallata colorata e suggestiva al massimo, almeno secondo i dettami estetici in auge all’epoca.

1861-1897 , Thoma Moran, cromolitografia, Mountain of the Holy Cross, Colorado (Boston Public Library)

Il dipinto avrebbe però avuto una ridotta circolazione se non fosse intervenuta la tecnica della cromolitografia con la quale vennero stampate numerose riproduzioni ampiamente diffuse e apprezzate.

La conseguenza inevitabile fu che la fotografia rilevò la presenza visibile del fenomeno, ma fu la pittura, soprattutto attraverso una tecnica di stampa, a imporre nell’immaginario collettivo l’icona della montagna, che avrebbe nel tempo attirato numerosi turisti alla ricerca di un inesistente punto di vista, mentre coloro che non andarono mai sulla montagna avrebbero continuato tranquillamente a credere che esistesse.

Ancora una volta, a mentire non fu la fotografia, ma la pittura. Semplicemente perché l’immagine ottica ha dei limiti e, se non si superano, quello che può contenere è solo la traccia della luce che si imprime sul materiale sensibile nella fotocamera. Immagine non coincidente con quella della visione bioculare umana, ma la più vicina possibile ad essa.

Fulvio Bortolozzo

Rif.: B. Cartosio, Verso Ovest, Storia e mitologia del Far West, Feltrinelli, 2020.

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