Due secoli di avventure lungo le rive del Po
Se potesse parlare racconterebbe la storia di Torino. E’ il Po, il fiume che attraversa la città e da secoli custodisce storie, leggende e segreti della prima capitale d’Italia. Basta discendere da nord a sud le sponde di questo corso d’acqua, o navigarlo in barca e vaporetto per avere un resoconto dettagliato degli ultimi due secoli di storia. Per Torino il Po è sempre stato come il mare: via di collegamento, via di trasporto, luogo di svago, divertimento e splendida cornice per una passeggiata, una corsa o un giro in bici.
A ricordare la sua funzione di via di trasporto c’é il Porto di Savona, una vecchia trattoria che si affaccia su Piazza Vittorio. Un tempo vero ritrovo per i battellieri del fiume più famoso d’Italia, ora ristorante rinomato di proprietà del comico torinese Piero Chiambretti.
Piazza Vittorio è certamente l luogo migliore da cui partire per un viaggio sul Po, e a ritroso nel tempo. Il ponte Vittorio Emanuele era stato fatto costurire da Napoleone nell’Ottocento, quando aveva conquistato la città e aveva posto le prime basi italiane del suo impero. E’ una costruzione imponente a cinque arcate, attraversata allora dalle carrozze a cavalli e oggi da auto e mezzi pubblici affollati di torinesi e turisti.Quando i Savoia si ripresero la città nel 1814, qualcuno suggerì a Vittorio Emanuele I di abbatterlo per sfregio verso i francesi e ricostruirlo. Il re scelse una strategia più subdola. Lo conservò e ci sfilò sopra con la corte. L’obiettivo era calpestare il ricordo del passato “libertino”. I vecchi sovrani vincitori di Napoleone volevano restaurare un potere che ormai sapeva di antico. Oltre a ripristinare le vecchie leggi sabaude, Vittorio spinse il comune a costruire la Gran Madre (sul cornicione si legge la scritta “Ob adventum regis”, per l’arrivo del re), sul modello del Pantheon di Roma.
Ma i tempi stavano cambiando. Dopo i moti del 1821 e la parentesi di Carlo Felice, che fu un conservatore alleato degli Austriaci, arrivò il grande re Carlo Alberto. Titubante e insicuro alle prime armi, dopo pochi anni il nuovo sovrano trasformò lo Stato. Riformò i codici, le istituzioni e rafforzò l’esercito. Concesse lo Statuto e con la I guerra d’indipendenza nel 1848 cercò di cacciare gli stranieri dalla Lombardia. Non ci riuscì, ma andò bene al suo successore, Vittorio Emanuele II, che, un pò con la diplomazia e un pò con la guerra, ottenne la riunificazione dell’Italia. La mossa vincente fu quella di allearsi con i patrioti democratici, guidati da avventurieri come Garibaldi. Il monumento all’eroe dei due mondi campeggia e domina su lungo Po (sopra i Murazzi), ed è visibile dal fiume. E’ una costruzione in pietra e metallo, progettata e ralizzata dallo scultore Odoardo Tabacchi nel 1887, cnque anni dopo la morte del condottiero. Sul basamento si possono vedere una figura femminile, allegoria dellItalia e un leone, simbolo della forza del popolo.
L’Unità d’Italia aveva proiettato Torino sia sulla ribalta nazionale (I capitale d’Italia), sia su quella internazionale. Lo statista Cavour era morto poco dopo la proclamazione del nuovo regno, ma questo non fermò lo sviluppo impetuoso della città. A metà Ottocento Torino contava 300.000 abitanti. Proprio in quel momento la metropoli si aprì al mondo dello sport, prendendo spunto dalla realtà anglosassone. Nacquero le prime società di canottaggio. Erano realtà molto ruspanti e non possedevano grandi mezzi, ma l’entusiasmo e il senso dell’avventura non mancavano ai ragazzi che le avevano fondate. Del resto a quel tempo le sponde del Po scendevano dolcemente verso il fiume (non c’erano argini), e il paesaggio era incontaminato e romantico. Sulle rive del fiume, le cui acque nell’Ottocento erano pulite, le lavandare pulivano i panni e li stendevano alle pendici del monte dei Cappuccini. Nei giorni di sole creavano una suggestiva striscia bianca ai bordi del fiume.
Le società di canottaggio erano club sportivi riservati ai soli uomini. La prima fu la ‘Cerea’, chiamata con l’espressione cortese che i torinesi si scambiavano per strada quando si incontravano nelle passeggiate sotto i portici. Seguirono la fondazione di molte società di canottieri: ‘Eridano’; ‘Flik e Flok’ e ‘Mek Mek’ (entrambre confluite nell’’Armida’), ‘Caprera’; ‘Esperia’ e Ginnastica’. I record atletici arrivarono subito. L’equipaggio della barca San Marco della ‘Cerea’ discese per la prima volta il Po da Torino a Venezia, nel raid del 1867. Arrivati a destinazione gli atleti furono respinti dall’albergo della Luna, ma il politico Quintino Sella, capitato per caso in città, li fece riconoscere e risolse la situazione. L’equipaggio della barca, al rientro alla stazione di Porta Nuova, fu accolto con tutti gli onori dalla cittadinanza.
Il fiume torinese non era solo il centro di ferventi attività sportive. Ospitava trattorie rinomate, dove si servivano ottimo vino, pesce fritto e si poteva giocare alle bocce. I locali più famosi erano l’’Osteria del passatempo’, la ‘Trattoria del trasporto’ e ‘il Casinò di campagna’. Attiravano molti clienti anche perché ai piani superiori graziose fanciulle praticavano il mestiere più vecchio del mondo.
L’industria e il commercio conobbero a Torino uno sviluppo impetuoso già dagli anni Ottanta dell’Ottocento. L’area a ridosso del castello del Valentino fu scelta come location per l’Esposizione Universale del 1884. Fu un trionfo che regalò alla città uno dei suoi monumenti più suggestivi: il castello medievale. La costruzione, visibile dal fiume Po e ora scalo dei battelli Valentino e Valentina, riproduce un maniero del Quattrocento. Fu opera dell’architetto Alfredo D’Andrade. Nato per l’Esposizione, divenne il set dei primi film muti in bianco e nero, girati dalle prime case di produzione sorte in Italia. Ora il castello è meta delle famiglie nei week-end ed è una cornice romantica per le coppiette di innamorati.
Torino ebbe in Italia anche il primato nel settore auto, che l’ha contraddistinta per un secolo, fino a pochi anni fa, quando questo ramo industriale ha iniziato a perdere colpi sulla spinta della crisi economica. La Fiat iniziò la produzione nel 1899. Gli stabilimenti, in principio sparsi in tre sedi, furono raggruppati in un’area a ridosso del fiume Po, fra le vie Marenco, Monti, Chiabrera e corso Dante. La fabbrica più famosa d’Italia nel 1904 aveva già più di 500 operai, e produceva circa 268 vetture all’anno.
La prima guerra mondiale, nonostante l’immane tributo di sangue, non provocò danni alla città. Solo il secondo conflitto planetario lasciò un segno indelebile, con i bombardamenti che sconvolsero tutti i quartieri.
Il dopoguerra regalò a Torino uno dei momenti più felici della sua storia. Grande sviluppo urbano e industriale, con l’arrivo di migliaia di lavoratori dal meridione. Da grande città, il capoluogo sabaudo si era trasformata in metropoli, con oltre un milione di abitanti. E proprio a Torino nel 1961 si celebrò la grande festa del centenario dell’Unità d’Italia. Sulle rive del fiume, all’ingresso sud della città, fu costruito il polo “Italia ‘61”. Un complesso avvenieristico che stupì il mondo intero. Era formato da alcuni padiglioni, un treno sopraelevato che costeggiava i giardini ed il fiume, un palazzo delle mostre (il Palavela), e il laghetto artificiale che adesso fiancheggia l’ingresso sud della città. Le forme moderne dell’architettura di Italia ‘61 spinsero il regista Ugo Gregoretti a girarci poco tempo dopo alcune scene del film Omicron, una pellicola fantascientifica che raccontava un’invasione marziana della terra. Nell’area di fronte ad Italia ’61, fu costruita nel 1968 la sede di due agenzie dell’Onu con sede a Torino: l’Itcilo e l’Unicri rispettivamente dedicate alla formazione lavorativa, e alla lotta al crimine. A queste si è aggiunto nel 2002 l’Unssc, ramo dedicato alla riorganizzazione interna dell’agenzia internazionale.
Tuttavia ciò che è rimasto di Italia ’61 continua ad essere utilizzato nelle nuove manifestazioni che approdano a Torino. L’ultima sono state le Olimpiadi invernali del 2006. In quell’occasione il Palavela, ristrutturato come palazzetto dello sport, è stato uno dei protagonisti di quei giochi. E’ stato un altro appuntamento che ha lanciato Torino nel vovero delle città internazionali degne di essere conosciute e visitate.
Il Po continua ad essere un luogo di divertimento importante di questa metropoli. Oltre alle attività sportive sull’acqua, sulle sue sponde sono nati alcuni locali molto famosi, come la discoteca Kogin’s club, su corso Sicilia, che ha una sala con vetrata che si affaccia direttamente sul fiume. Senza dimenticare i Murazzi, che fino all’anno scorso hanno costituito il cuore pulsante della movida cittadina. Questi parapetti in pietra, costruiti nell’Ottocento a ridosso di piazza Vittorio, erano utilizzato fino agli anni Cinquanta del Novecento come approdo e rimessaggio delle barche. Negli anni settanta furono concesse le prime licenze per aprire locali notturni. Tra gli anni Novanta e il 2012 la zona è stato un fulcro del divertimento notturno torinese. Ora sono state revocate le licenze dei locali, e la zona è in attesa di riqualificazione, con grande dispiacere dei ragazzi torinesi.
Nonostante la chiusura dei locali dei Murazzi, il Po non ha smesso di essere il luogo prediletto per le feste cittadine. San Giovanni (24 giugno) e Capodanno sono due ottime occasioni per gustarsi i fuochi d’artificio sulle rive del fiume.
Francesco Riccardini