Lavazza. Il mondo in una tazzina da caffè.
Capita a volte (ormai molto raramente) di assistere a qualcosa di veramente emozionante, di nuovo, di finalmente diverso. Tutto questo ieri è successo, e pure in maniera decisamente spettacolare: ecco perché la cronaca dell’evento al quale siamo stati, non è la solita notizia. Sono gli avvenimenti che ci rendono orgogliosi della nostra città e che, nonostante tutto, ci fa sentire un po’ privilegiati a essere anche una piccolissima parte dello straordinario ingranaggio che la muove.
Questa è una storia legata indissolubilmente a Torino, alla sua industria, alla sua gente, al suo tessuto urbano, alla sua quotidianità: perché è la vicenda di una famiglia, Lavazza, da più di 120 anni (è stata fondata nel 1895) e 5 generazioni al timone dell’azienda che porta il suo nome e di un quartiere, quell’Aurora che, per dirla col presidente Alberto Lavazza, “ha sempre portato fortuna, a partire dal suo nome”, anche se negli anni quella posizione alle porte settentrionali del centro storico l’hanno coinvolto in momenti non felicissimi e la cementificazione selvaggia ne ha fagocitato gli antichi insediamenti artigianali, vanto della zona. Loro, i “Re del caffè” da qui non se ne sono mai fuggiti, non sono andati a farsi la fabbricona in mezzo al bosco e alla città hanno sempre dato tantissimo.
Fino all’ultimo regalo, quella Nuvola inaugurata giovedì 12 aprile con tutti gli onori. Radunati ospiti e stampa nello spazio principale dell’ex impianto di energia elettrica Enel di via Bologna, rinominato “La Centrale” (andrà a ospitare mostre ed esposizioni e sarà dedicato all’incontro e alla condivisione di idee come centro congressi), la kermesse, presentata dall’attore Pierfrancesco Favino, ha ufficialmente dato vita a quest’opera.
Dopo le manifestazioni di orgoglio dell’assessora regionale alla Cultura e al Turismo Antonella Parigi per il “gesto” fatto da Lavazza nei confronti della città e l’augurio per la sfida “glocale” (globale e locale) che Nuvola vuole vincere, fatto dalla sindaca Chiara Appendino, a prendere la parola sono i padroni di casa, il presidente Alberto, i vicepresidenti Giuseppe e Marco, tutti accomunati dal cognome Lavazza.
“Nel 1962 guardavo con gli occhi di un bambino nascere la sede di Corso Novara” – dice Alberto – “all’epoca avevamo 300 dipendenti e producevamo 12.000 tonnellate di caffè l’anno. Oggi quell’emozione del bambino si è riproposta quando ho visto nascere questo posto, dove prendono forma i nostri valori basati su radici solide e su un futuro che vogliamo costruire con questo quartiere e questa città, che hanno condiviso con noi la nostra storia. Nuvola oggi è il più perfetto ingranaggio per muovere una macchina presente in 90 mercati, produttrice in 20 paesi, che ha all’attivo 3000 dipendenti e 190.000 tonnellate di caffè l’anno”
“Questo è un luogo positivo”- sostiene Giuseppe: “perché qui si concretizza la tensione tra crescita e sviluppo, il piacere di contribuire a servire 27 miliardi di tazzine di caffè l’anno e lo spirito, che ci ha pervaso nel percorso per arrivare a Nuvola, che era già di nostro bisnonno Luigi (fondatore dell’azienda, ndr): ‘il caffè non è solo una bevanda ma un modo per stare insieme’. Ecco perché Nuvola è aggregazione, è sorpresa per chi ci lavorerà ma anche per la cittadinanza che potrà fruirne, un luogo reale e materiale che noi abbiamo voluto dare al quartiere Aurora e a Torino per il loro rilancio”.
“Nell’impegnarci a creare un’opera simile” – gli fa eco Marco, “l’imprenditore è testimone della contemporaneità. Questa, in Nuvola, si esprime in tutte le sue sfaccettature: nell’architettura, nell’arte, nella ristorazione, nel marketing, nella socialità, nella tecnologia industriale. Nuvola, tra l’altro, ha ottenuto la certificazione Platinum da LEED (Leadership in Energy and Enviromental Design) ed è quindi un complesso quanto affascinante ecosistema, uno dei più rispettosi dell’ambiente al mondo. E questo rispetto per l’ambiente si traduce poi nel rispetto delle persone, che per Lavazza è sempre stato fondamentale e che si traduce nel principio dell’apertura e della condivisione”.
A occuparsi dell’architettura, fra nuovi edifici e recupero di quelli storici (presenti nel quadrilatero via Bologna, corso Palermo, via Ancona e via Pisa), è Cino Zucchi con il suo studio CZA. L’isolato si compone di diversi nuclei. Il primo e più vistoso è l’Headquarter, la Nuvola vera e propria, un moderno edificio post-industriale, dalla forma irregolare ma dalle facciate perfettamente dritte dove il metallo e il vetro creano bellissime e continue variazioni cromatiche e una serie infinita di frastagliature che cambiano se lo si guarda da un punto piuttosto che da un altro.
Al suo interno un foyer che riprende la sinuosità esterna, luminoso e accogliente, favorisce il flusso di persone, non solo “fisico” ma anche “intellettuale” ed è il fulcro dell’intera attività di Lavazza, dagli uffici – al 90% open space – alle sale riunioni, dalle aree relax dedicate alla palestra aziendale.
“Un ambiente lavorativo di nuova concezione” – sostiene Zucchi – “un edificio dal forte carattere urbano, capace non solo di diventare la casa madre di una società globale fortemente radicata nella sua città, ma anche di dare forma a idee, creatività e collaborazioni”. La “ciliegina sulla torta” viene posta nel 2014 quando, durante gli scavi, vengono alla luce i resti di una basilica paleocristiana del IV-V secolo d.C. che oggi, è un’area archeologica di 1600 metri quadri, visibile attraverso una vetrata e che sarà in futuro visitabile in accordo con la Soprintendenza dei Beni Architettonici e Culturali di Torino. Un segno del destino per la famiglia Lavazza, che ha voluto non solo preservare ma anche far conoscere, “accogliendolo nel proprio corpo. Perché un’architettura urbana accetta e trasfigura il carattere stratificato della città esistente”, per dirla con Zucchi.
Recuperati sono anche gli antichi edifici della centrale elettrica Enel, realizzata nel 1897 dall’ingegnere torinese Ermenegildo Perini. In quello principale, oltre al centro congressi che ci accoglie, trovano posto una sede dello IAAD (Istituto di Arte Applicata e Design) che ospiterà 700 studenti, un Bistrot-mensa aziendale (che di quest’ultima definizione avrà molto poco), ispirata alla filosofia Slow Food di Carlo Petrini, dove il cibo diventerà motore di socialità e costruzione di comunità grazie a tre “isole ristoranti” (Tierra, per la cucina salutistica, San Tommaso 10 – come la prima sede Lavazza – per lo street food, Murisengo per la tipicità piemontese) e infine il ristorante Condividere.
Concepito dal food designer Ferran Adrià, nasce, fin dal nome, dal latino Cum e Dividere, ossia un luogo dove poter gustare in maniera informale piatti d’autore: “non un ristorante ‘impegnativo’ dove il cliente si deve concentrare sul cibo e sul gusto” – sostiene Adrià – “ma un crocevia di persone che, condividendo gusti, profumi e sapori, sono ispirati nel raccontarsi e confrontarsi su ogni cosa”.
La cucina sarà condotta dallo chef Federico Zanasi che ci confida: “abbiamo condotto uno studio nella storia della cucina, dai romani fino alle trattorie piemontesi del ‘900 e l’abbiamo elaborata per dare a chi vuole provare la nostra proposta un’esperienza nuova con alla base però le radici e la tradizione”. Fulcro del ristorante sarà, nemmeno a dirlo, il caffè: “è la massima espressione del concetto di ‘condividere’”, sostiene Adrià. Completa l’opera la sceneggiatura (troppo) cinematografica del pluripremio Oscar Dante Ferretti, che a Torino ha già lavorato al Museo Egizio.
Entrandovi sembra di essere in bilico tra i set di “Decameron” di Pasolini, “Prova d’Orchestra” di Fellini e gli orologi di “Hugo Cabret” di Martin Scorsese (ma la “condivisione” non dovrebbe essere scevra del concetto di tempo che scorre inesorabile?)… va bene regalare qualcosa di nuovo ma i cittadini torinesi sono poi davvero pronti a così tanto “nuovo”? Mah.
Quello di cui saranno sicuramente entusiasti indigeni e turisti sarà l’ultimo nucleo, il bellissimo Museo Lavazza, curato da Ralph Appelbaum (già autore del museo ebraico di Manhattan e del museo Lego di Copenaghen) che visitiamo in anteprima (sarà inaugurato l’8 giugno).
Suddiviso in 5 gallerie dove, si vive l’atmosfera della prima drogheria e torrefazione, sono esposte le macchine per la macinatura e le primordiali da bar, c’è il bellissimo settore “Atelier” dove attraverso immagini e ricostruzioni si ripercorre la felicissima storia pubblicitaria dell’azienda (a dominarlo le statue giganti di Carmencita e Caballero, protagonisti di uno dei Carosello più belli), la Piazza, dove si replica un caffè anni ’60 con tanto di furgone-caffetteria e Universo, dove, attraverso giochi onirici di luce e parole – quelle della Scuola Holden di Alessandro Baricco – siamo proiettati nel futuro. Il tutto accompagnati dalla “tazzina di caffè interattiva”, che ci permette di scoprire e memorizzare contenuti digitali.
Il tutto si affaccia nel bel giardino pubblico, dove tra spazi verdi, la fontana e le panchine, gli abitanti del quartiere Aurora e tutti i torinesi troveranno un luogo di aggregazione e linfa vitale per la riqualificazione della zona.
Luca Marconetti