Prosegue alla galleria Giorgio Persano (il gallerista è in partenza per la prima edizione di Arco Lisboa dal 26 al 29 maggio) la personale della torinese Lina Fucà, visibile negli spazi in via Principessa Clotilde 45 sino al prossimo 25 giugno: l’artista, nata a Torino nel 1972, è alla sua prima importante personale in una galleria privata dopo avere esposto, nel 2013, il video Vedo nel velo non vedo alla Fondazione Merz nell’ambito del programma Meteoriti in giardino.
Un’opera che aveva già in sé i caratteri della ricerca di Lina: l’artista, che oggi insegna in una scuola media, ha osservato a lungo e ha ripreso -e rallentato- i movimenti eleganti e sinuosi di una ragazza musulmana che si sistema il velo, contrapponendoli a quelli della proprie mani che tolgono a uno a uno gli strati di una cipolla. Due azioni insistite e ripetute sino ad essere estetizzate nel loro significato segnico – la precisione del movimento – e quello semantico: l’incontro fra due mondi e due modi di percepire il corpo e di raccontarsi.
In mostra Lina Fucà esprime la propria poetica con una serie di opere e installazioni che attingono a linguaggi diversi – teatro, musica, video – che ella ha appreso durante il suo percorso formativo: dopo il diploma in pittura ottenuto presso l’Accademia di Belle Arti di Torino si dedica al teatro sperimentale e alle performance di pittura dal vivo con il gruppo teatrale Il Barrito degli Angeli.
L’attenzione alla propria fisicità rielaborata dopo essere stata recepita e restituita dagli occhi degli altri (un ragionamento così radicato nella nostra letteratura da non poter non rimandare al pirandelliano uno nessuno centomila) è al centro dell’opera Core: in dieci scatole luminose una sovrapposizione di una foto e di un autoritratto dell’artista convive con un ulteriore ritratto compiuto da persone ad essa legate, il figlio, l’insegnante, l’amica: il risultato è uno sguardo inteso come incontro di sguardi. Parte integrante di questa installazione è un monitor che le affianca, diviso in due immagini: in una cogliamo l’autore del ritratto nel momento in cui guarda il soggetto da ritrarre; nell’altra le mani, incerte e creative, che tentano di dare una forma a quello stesso sguardo. Difficoltà massima raggiunta nell’immagine di base, un autoritratto a memoria, operazione celebrale che attinge al percepito storico di ognuno di noi, dall’esito non scontato e certo spiazzante.
Nel video Ancora un po’ l’artista tenta di catturare il gesto di un abbraccio selvaggio e ludico fra se stessa e i suoi due figli ancora bambini, un gesto che ella sa essere legato ad un momento della vita irripetibile e per questo struggente: una sorta di danza-lotta senza suoni, senza musica, nella malinconia di un rarefatto bianco e nero senza inizio né fine, già consegnato alla memoria.
Il ricordo e l’oblio sono presenti anche in Senza lasciare tracce, dieci fogli bianchi a grandezza naturale, con impressi la sembianza di una figura femminile colta in differenti istanti; una raffinata tecnica fa emergere delle figure pallide ed eteree colte nel momento del riaffioro sul foglio (e quindi alla memoria) o della definitiva scomparsa.
Quasi un esperimento tra il sociale e l’antropologico l’installazione video Unopertreugualesette: cinque schermi in verticale, ogni schermo diviso in tre parti uguali con tre riprese distinte e simili. In esse l’artista è accolta da un’altra donna nella propria casa. Inizia una vestizione dove l’ospite, attraverso i propri indumenti, dà un volto e un aspetto nuovo all’artista, lo stesso che loro “indossano” – maschera, sociale – prima di mostrarsi al mondo, un rituale, antico e modernissimo, che trasferiscono a Lina, consegnandole la magia di gesti che fanno parte integrante delle loro vite. Nel raccontare lo svolgimento di quest’azione, i tre filmati si allineano fino a coincidere ad un solo ritmo e ad una sola durata. Nel finale, dopo questo breve viaggio in un’altra donna, l’artista resta da sola nella sua nuova sembianza davanti all’obiettivo. E le donne che hanno abitato questo percorso in ogni schermo sono sette: l’artista, le tre donne che la ospitano, le tre forme che Lina Fucà alla fine incarna in uno sdoppiamento che riassume le diverse donne incontrate. Una e nessuna.