Come si dona un dono? Va incartato? Spedito? O semplicemente fatto trovare nel posto giusto. Va accompagnato da un biglietto? O meglio non scrivere nulla ma far intendere..
E se dal biglietto non ci riconoscessero? Se il mazzo di fiori non recasse con chiarezza il mittente…
Tra le mille variabili c’è quella dell’offrire gentilezza, unita alla leggerezza e ad un pizzico di grazia.
Ecco, se tra le mani vi capita di avere le 332 pagine de “L’Uomo del metrò“, edito per Voglino Editrice, scritto dal musicologo, saggista, docente di storia ed estetica della musica Attilio Piovano, la sensazione è quella di aver ricevuto un regalo ricercato, gentile e guarda caso davvero indirizzato a noi.
Fortunati coloro che avranno il caso, la voglia o la curiosità, di finire a leggere questo libro squisito. Una raccolta di racconti che si inanellano grazie al filo di un protagonista: Jean; che si muove e ama il metrò quanto la famosa Zazie di Raymond Queneau.
Ad essere al centro di questi brevi e godibilissimi racconti sono musicisti e compositori famosi, li si conosce e riconosce quasi tutti, quello che però generalmente non sappiamo è chi sono, che tipo d’uomini sono.
Ed è questa la chiave sottile che Piovano utilizza con dolcezza ed ironia per restituirci l’umanità, le debolezze, le idiosincrasie di uomini conosciuti soprattutto per la musica che hanno scritto, più che per la loro individualità.
Un ludendo docere che sa trasmettere l’infinita malinconia che si annida dietro le spesse lenti di Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič, la sua formazione, il lavoro umile sui tasti di un pianoforte sgangherato di un cinema poi andato a fuoco.
Il ricordo d’amore azzurro che Bach, il celeberrimo Bach, conserva in segreto fino alla fine dei suoi giorni, quando a Lubecca giovane musicista vide una ragazza dalle esili caviglie. Spicca poi, come fiore dal persistente profumo, Beethoven visto dagli occhi di una serva impudica e prosaica.
Dove le piccole storie di musicisti grandi viaggiano . .
Un aneddoto scortica l’impassibilità austera del grande Camille Saint-Saëns. E’ la storia delicata e appena puerile di come nacque, scritta velocemente schizzando un pentagramma, sul candido polsino sinistro della camicia, fermato da un gemello smaltato blu cobalto, il cuore esotico del Quinto Concerto. Passato alla storia come l’Egiziano. Caratterizzato da una melodia nubiana che il compositore assorbì durante una gita notturna sul Nilo durante una breve e quasi rubata vacanza.
Il libro è accompagnato da una prefazione del maestro Gianandrea Noseda scritta con inusitata sincerità sulla musica e su chi la esprime. Recita nell’incipit: “Dietro ogni opera musicale c’è un uomo che ama, soffre, prova emozioni, disillusioni, amarezze, vive istanti sublimi e momenti prosaici”.
Il romanzo di Attilio Piovano, composto da suite eleganti e dotte non perde mai il timbro della bella prosa, il ritmo del racconto che rapisce e un registro costantemente alto mentre, la curiosità invita a riascoltare, con parametri nuovi, le partiture dei musicisti protagonisti de L’uomo del metrò.