Filippo Roma è per tutti il barbuto inseguitore del programma Le Iene: microfono in mano, domande affilate e un certo physique du rôle per reggere i confronti con i malcapitati.
Ora ha scritto un romanzo edito per i tipi di Salani che si intitola Boomerang, una storia dove due donne ed un uomo giocano con cosa nascondono e cosa provano finché l’obbligata traiettoria del boomerang arriverà a colpirli quando meno se lo aspettano.
Lo abbiamo intervistato perché con Torino ha un legame particolare.
Torino?
Mia mamma è nata a Torino, in Piazza Carlina, città a cui sono affezionato e che conosco abbastanza bene.
Quanto conta la popolarità televisiva per chi si cimenta con un romanzo?
Arma a doppio taglio. Da una parte è più facile perché sanno chi sei, dall’altra ti hanno inserito in un cliché che da cui è difficile sganciarsi e le aspettative sono diverse. Chi entra in una libreria magari cerca uno scrittore, un autore riconosciuto solo per quello.
C’è una certa lontananza dal personaggio televisivo che conosciamo rispetto a questo tuo libro che è una storia d’amore.
Come ogni uomo ho più sfaccettature, a differenza del lavoro con le Iene dove le cose di cui parliamo sono generalmente poco allegre, a volte davvero angoscianti, scrivere questo libro è stato una boccata d’aria fresca. Mi sono sentito libero di poter dedicare l’intera storia ad una vicenda romantica. Senza per questo non inserire qualche cosa di inaspettato e spero non convenzionale.
Leggendo il tuo libro risulta facile immaginarsi le scene, come avessimo una macchina fotografica.
Effettivamente ho cercato di renderlo visivo, quasi cinematografico. Gli anni passati in televisione qualcosa insegnano.
I tuoi affetti, i tuoi amici hanno letto il libro? Cosa ne pensano.
Premetto che a mia moglie non è piaciuto tanto. Le ho detto che non ero Dostoevskij, ma in generale i miei amici lo hanno apprezzato, ne abbiamo parlato spesso e ho notato che il loro interesse era sincero. Hanno ritrovato cose che mi appartengono.