Camicia blu e trainers in tinta, quaderno e Mac appoggiati su un lungo tavolo di legno, un open space o wifi caffè dalle grandi pareti vetrate, in sottofondo una voce femminile che snocciola i titoli delle news giornaliere, così, in questa cornice molto lounge, si presenta il protagonista di un breve video.
Ad alzare gli occhi, guardare in camera e pronunziare “ci sono altre storie da raccontare” è Mario Calabresi.
In pochi mesi abbiamo costruito uno spazio civile di confronto. Un luogo dove parlarci e riscoprire storie, andando oltre la velocità delle ultime notizie. Adesso vorrei aggiungere un tassello in più e per farlo ho pensato a una newsletter gratuita settimanale, dove raccontare storie, persone, esperienze. L’ho chiamata Altre/storie e dentro ci troverete tutto quello che mi appassiona e che voglio raccontarvi. Iscrivetevi, mi farebbe piacere trovarvi anche lì.
Pubblicato da Mario Calabresi su Lunedì 3 febbraio 2020
Quasi pleonastico ricordare chi è, dato il peso del cognome che porta, per chi conserva memoria della inesplicabile storia italiana e, per altri il suo ruolo di Direttore di due dei più autorevoli quotidiani italiani: La Stampa e Repubblica. Senza dimenticare la sua attività come scrittore, con più di un titolo di successo in particolar modo l’ultimo intitolato “La mattina dopo” nella collana strade blu di Mondadori.
Il video prima citato è stato postato sulla sua pagina facebook ed invita ad iscriversi alla newsletter altre/storie che partirà dal 21 febbraio. Iscriversi è semplice, si digita il sito mariocalabresi.com, si compila un breve format in cui è possibile scegliere i temi di preferenza, come fotografia, viaggi, presente, passato. Il progetto è accompagnato da una bella illustrazione di Olimpia Zagnoli.
E fin qui i fatti.
Ciò che suscita una riflessione, non obbligata, ma sensata è perché un giornalista e scrittore di rilievo come Calabresi compia una operazione di questo tipo. Perché, tra i tanti, sceglie uno strumento come la newsletter ?
Ottimo narratore, dotato di una accorta conoscenza della società, soprattutto di come recepisce le informazioni o le storie, se ha scelto questa strada per consegnare i suoi scritti, unicamente a coloro che scelgono di riceverli, siamo di fronte a qualcosa che va considerato con grande attenzione.
L’imputato è ancora una volta il giornalismo.
Cosa è divenuto con la rivoluzione digitale, dove sta andando, quale significato intrinseco possibilmente di valore porta con se, come e in che modo può essere ancora mestiere a tutti gli effetti dedicato ai lettori e foriero di corretta informazione. Come diavolo può, nell’interregno dei social, essere fonte di giusto guadagno?
Scrive Calabresi “Da sempre sono affascinato dal giornalismo che va oltre le breaking news, torna sui fatti, indaga le conseguenze, riscopre storie. Voglio farlo con uno strumento tutto mio” E’ sottinteso che le sue passioni sono molto vicine a tutti coloro che svolgono questo lavoro; annodate ai fatti e alla ricerca del modo più coinvolgente di trasmetterle.
Quello che, come una lampada dalla luce troppo forte, abbaglia e confonde, apre e chiude insieme, è l’espressione “con uno strumento tutto mio”.
Come se ci si dovesse liberare da vincoli o censure, dalle mordacchie di editori o degli sponsor. Dalle intromissioni dei politici che talvolta esercitano potere e condizionano, dalla magistratura, dalle crisi internazionali, dalle giravolte economiche delle borse, da ogni sorta di ingerenza immaginabile.
Insomma uno strumento agile, veloce, economico, gratuito per il pubblico e nel caso di Calabresi di sicuro interesse, non per nulla ci siamo subito iscritti, potrebbe rivelarsi la nuova frontiera di un potlach, di un dono, contemporaneo.
Franz Boas, l’antropologo tedesco che studiò il potlach, ne ravvisò le funzioni di dono ma altresì la sua funzione regolatrice; ideata al fine di evitare una eccessiva accumulazione di beni da parte di un solo individuo, che avrebbe messo in pericolo l’intera società.
Tradotto nel caso contingente, l’eccesso di informazioni prodotte, l’impossibilità di accoglierle e valutarle nel giusto modo, di inserirle in una tassonomia utile a comprendere e a orientarsi nel presente, è forse all’origine della scelta di utilizzare una mail probabilmente occasionale, discontinua, rapsodica, legata solo ad alcuni fatti da trasformare in storie leggibili.
Il mood narrativo di Calabresi calza perfettamente per questo tipo di informazione, dalla sua oltre le indubbie capacità, vige e non sia elemento trascurabile, tanto meno di colpa, una certa solidità economica. Un agio raro che consente di tornare sui fatti, indagarne le conseguenze, di riscoprire storie e infine di inviarcele.
Per tutti gli altri, quelli che con il giornalismo devono, obtorto collo, riuscire a viverci, con almeno la punta delle dita fuori dall’indigenza è un altro mondo. Resta il mondo delle breaking news, delle interviste obbligate, della cronaca a metronomo che oscilla tra la bianca e la nera e svacca sulla rosa o si gonfia per trionfi e disfatte sportive, si indigna per aggettivi con l’ennesimo scandalo e tenta, disperatamente o distrattamente, di tenere il timone delle pagine nel mare magnum degli eventi.