Nel 1994 qualcun altro, a Torino, scendeva in campo. Era la Scuola Holden, che con spirito d’avventura intraprendeva un esperimento unico in Italia: avviare un percorso di studi inedito per obiettivi, contenuti e metodi didattici.
La prima vera scuola di scrittura creativa italiana, una Storytelling, dove le tecniche di narrazione si imparano, un laboratorio dove si utilizzano linguaggi e strumenti differenti. Da allora sono passati 20 anni e la Holden superata la maggiore età ha cambiato casa, oggi occupa gli oltre 4000 metri quadrati dell’ex Caserma Cavalli in Piazza Borgo Dora a seguito di una elegante ristrutturazione, le parole per raccontare storie sono divenute l’artiglieria del presente di questo luogo.
Una nuova didattica con percorsi denominati College, ed insegnanti che si chiamano maestri hanno animato la presentazione al pubblico per il nuovo biennio. Posti disponibili 180; aperta a studenti internazionali, vera nuova sfida della scuola, con lezioni in italiano ed inglese e selezioni online.
Sono sei i temi su cui verte la didattica dei corsi, Acting, Crossmedia, Filmmaking, Real Word, Scrivere e Series. Non proprio dei veri itinerari scolastici, chi frequenta l’Acting imparerà non solo a stare su un palco, ma anche a gestire e produrre il teatro nella sua interezza, dalla stesura di un testo fino al montaggio della scenografia e delle luci. Crossmedia aiuterà a raccontare storie che viaggiano seguendo tutte le strade possibili, gli allievi di Filmmaking impareranno a fare cinema stando sul set e quelli di Series saranno narratori capaci di organizzare mondi e trame. Scrivere non è rivolto solo alla narrativa, ma alla pubblicità, alle radiocronache, alla poesia.
L’accortezza per i dettagli, dalla forma delle sedie volutamente non troppo comode, i colori dei muri, i font; poi le distanze, aule di tipi diversi perché diversi sono i modi di insegnare; la luce, la sua importanza, che sia giusta, quasi impossibile insegnare con la luce sbagliata, sono tra le ragioni per frequentare questa scuola che così poco ricorda l’istituzione.
Con una breve presentazione, a metà tra racconto, performance, e realtà dei fatti, il preside e fondatore Alessandro Baricco ci porta dentro il cuore della Holden.
“Frequentare questa scuola per finire dove per ottenere cosa, il primo a pronunciare queste domande ero io, le ho sentite e me le sono poste per 21 anni; a queste domande ci sono molte risposte possibili”.
Le risposte che Baricco offre sono due. La prima, che definisce sensata, riguarda i lavori per cui questo tipo di formazione è utile: dal giornalista, al commediografo, all’ufficio stampa, al copywriter, allo sceneggiatore, al traduttore, alle professioni del domani, a tutti quei mestieri che si possono racchiudere nell’espressione “raccontare il mondo”.
Poi c’è la risposta bella. “Due anni sono pochi, davanti ad una vita intera. Spenderli per condividere passioni, a misurare la propria determinazione, a vedere da vicino i grandi narratori, ad ammirare la loro precisione, a pronunciare il nome della cose con esattezza, ad imparare a parlare, a conoscere se stessi, ad avere nozione del nostro passato per muoversi nel futuro, a fare quella speciale esperienza che ci rende umani; dovrebbero farlo anche i dentisti, i vigili urbani, gli avvocati, li renderebbe migliori. Soprattutto per i ragazzi fare dei loro sogni il loro mestiere”.
La Scuola è intitolata a Holden Caulfield, il protagonista di The Catcher in the Rye di J.D. Salinger, tradotto in Italia come “Il Giovane Holden” – proprio il ragazzino che non ne voleva sapere di scuole , college, insegnanti, materie ed esami.