L’amore per la storia mi rincorre fin dalla più tenera età. Ai tempi delle scuole elementari preferivo i libri d’archeologia ai fumetti ed il mio eroe non era Batman ma semmai Heinrich Schliemann scopritore di Troia, Micene e Tirinto. Ma è vero che i primissimi miei articoli e volumi furono dedicati alla storia dei servizi antincendi italiani. Poi la vita muta, le stagioni della stessa estendono gli orizzonti, chiudono comparti e ne spalancano altri. Così è stato per me.
Con questa premessa inizia la conversazione con Alessandro Mella. Scrittore, storico, saggista, politico e operatore culturale. Un profilo esistenziale ricco di interessi e passioni che andremo a disvelare in questa intervista.
La tua passione per la scrittura: tu la chiami divulgazione. Lo storico Aldo Mola ha scritto di te che la definizione di divulgatore è testimone della tua modestia. Dacci la tua versione di divulgatore.
Io credo che il divulgatore sia una persona che, ad un tratto, per moto inspiegabile o forse per semplice passione od incoscienza decide di farsi carico di una responsabilità. Cercare, cioè, di esplorare vie nuove del passato. Sembra un paradosso, un controsenso, ma non penso lo sia. Il divulgatore cerca notizie od in esse si imbatte. Allora prova a metterle insieme, contestualizzarle, capire e poi tenta di spiegare, raccontare, far conoscere. Come missione morale, in perenne duello contro l’entropia culturale che ci devasta giorno dopo giorno. Contro il pessimo vizio di giudicare e di farlo usando come metro di misura la nostra sensibilità odierna. Il divulgatore cerca, o almeno spero, di portare un contributo utile ma tenendo sempre a mente una massima di De Gaulle: «I cimiteri sono pieni di persone indispensabili». Vale a dire che l’opera di tutti noi può essere utile ma non dobbiamo sentirci insostituibili fari nella notte. Al massimo stelle cadenti con la speranza di portare un poco di luce, con la nostra fugace scia, nel buio.
È evidente, ad esempio dai tuoi racconti, che la scrittura non sia solo complementare alla ricerca, bensì una tua passione che coltivi a suon di premi letterari. Quanto c’è di Mella scrittore e quanto di Mella ricercatore in un tuo saggio?
Di massima tento di tenere nettamente distinte le due cose. La saggistica è una passione ardente, una specie di missione, un tentativo di portare la propria pietra al cantiere. La narrativa è una specie di gioco, di sfogo, di liberazione per i moti dell’anima. Nella narrativa l’irreale diventa palpabile, vivibile, ed allora tutto cambia. Si possono spezzare tutte le barriere di spazio e di tempo per viaggiare e sognare. La narrativa è quasi la costruzione di storie, ambienti, figure ed aneddoti su misura. Forse un modo birichino per ingannare la realtà e costruirsi rifugi immaginari. Ricordo una vignetta di alcuni anni fa in cui un personaggio diceva: “Sono stato a fare un viaggio a bordo di una mia fantasia”. Mi pare calzante. Il saggista, invece, cerca di imparare, scoprire, documentare e non giudicare. Soprattutto tenta, almeno spero sia il mio caso, di capire proprio quello che gli sembra lontano. Liberandosi quanto più possibile da ogni pregiudizio e preconcetto.
L’etichetta di storico ti appartiene ormai de facto. Nel 2017 sei stato eletto presidente dell’Ass. Studi Storici Giovanni Giolitti di Cavour, di cui sei presidente onorario dal 2022. Di cosa vi occupate?
Faccio una piccola premessa, ho sempre tenuto lontana la definizione di “storico” perché, scherzando ma non troppo, non vorrei offendere gli storici veri, quelli di professione, le figure come De Felice, Valeri, il citato Mola, Volpe e tanti altri che vedo come anni luce sopra me. Maestri che guardo da basso. Penso sia più calzante, per la mia modesta persona, proprio la definizione di divulgatore storico o storiografo. L’ASSGG nacque nel 2017 per garantire continuità al percorso pluridecennale con cui Aldo A. Mola, cui dobbiamo molto, ha concorso in modo determinante a riscoprire e rivalorizzare la figura di Giovanni Giolitti. Il più grande statista dell’Italia postunitaria. E questa associazione cerca, con i pochi mezzi disponibili, di organizzare eventi e produrre documenti e spunti di riflessione. La salute, assai instabile, mi ha convinto a lasciare la presidenza lo scorso anno ma il mio affetto per il sodalizio e gli studi giolittiani resta immutato.
La tua passione per la politica. Sei stato eletto consigliere comunale e sei molto attivo all’interno del tuo comune in merito ad iniziative culturali e non solo: mi riferisco ai Caffè culturali di Viù, ad esempio. Raccontaci il Mella politico.
Ammetto che la chiusa della domanda mi ha un briciolo impressionato. “Mella politico” non l’avevo mai pensato anche perché la politica, in particolare nell’ambito dei piccoli comuni, la concepisco come una sorta di volontariato civico. Nel solco di quella tradizione risorgimentale per cui ex combattenti o veterani spesso si adoperavano, dando ancora un contributo alla comunità, in quest’ambito. Di mio ho imparato nella vita qualcosa di prezioso: Mai giudicare una persona per la sua tessera qualora ne abbia! L’appartenenza ideologica, partitica o politica non costituisce mai, per me, una pregiudiziale nei rapporti umani. Se sei un galantuomo non esistono problemi anche se la pensiamo diversamente su tutto. Questo mi ha reso una persona libera come mai ero stato prima. Se poi dovessi dire come mi sento politicamente dovrei rispondere: Orfano!
Non per becero qualunquismo ma io mi riconosco nella cultura liberale autentica. Quella di Camillo Cavour, Giovanni Giolitti, Luigi Einaudi, etc. La libertà delle persone come valore assoluto entro i limiti del rispetto di quella altrui. Tutto ciò che non fa male al prossimo non mi angoscia, non mi indispone, non mi procura pregiudizio. Ma i liberali, questi liberali almeno, sono finiti con quei tre nomi a mio avviso. A loro potrei aggiungere un non politico come Prezzolini ma è altra faccenda ancora.
Sei Consultore del Comitato Scientifico dell’Annuario della Nobiltà Italiana. Negli anni hai ricevuto, tra l’altro, diverse onorificenze: Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, medaglia d’argento ai benemeriti del principe della Real Casa di Borbone Parma e medaglia d’oro di benemerenza dell’Annuario della Nobiltà Italiana. Titoli sicuramente cercati e guadagnati sul campo a livello sia di benemerenza, sia di riconoscimento. Quale valore rappresentano in un Paese che pur preferendo la Repubblica, conserva indubbiamente un retaggio di ammirazione e rispetto per il blasone?
È un tema difficile ma provo a rispondere. La repubblica italiana non riconosce i titoli nobiliari ma non ha titolo per cancellarli dalla storia. Tra l’altro la forma repubblicana non è pregiudiziale se pensi che la Repubblica di San Marino ha lungamente concesso titoli nobiliari. Il tutto sempre secondo una base logica molto semplice: riconoscere il merito! Nessuna famiglia è nata nobile, la nobiltà può essere molto remota, ma ha sempre un punto d’inizio. E quel punto d’inizio coincide sistematicamente con il riconoscimento del valore di un meritevole. Non a caso l’Annuario della Nobiltà Italiana, cui mi onoro di offrire un piccolo ma spero utile contributo come ricercatore e studioso, ha tra le sue migliaia di genealogie scienziati, sportivi, letterati, medici, militari, benefattori e così via. L’opera del suo direttore Andrea Borella si distingue per questo. È certo custodia della memoria e del retaggio (non la stirpe nobilita l’uomo ma semmai l’uomo nobilita la stirpe) ma anche raccolta di dati preziosissimi per chiunque si interessi di storia. Circa le benemerenze ed ordini sarei grandemente ipocrita se negassi quanto bene facciano al cuore tali riconoscimenti. Pensando a questo tema mi viene da rifarmi ad un pensiero attribuito a D’Annunzio: «Gli ordini cavallereschi sono stati e sono l’espressione visibile e tangibile dei più alti fra i sentimenti che possono albergare nell’animo umano: fortezza, spirito di sacrificio, valentìa, fedeltà all’idea e alla parola».
Hai alle spalle diversi saggi storici di ampio successo. Sfogliamo brevemente l’elenco dei tuoi titoli e tentiamo di ricavarne una sinossi sintetica ma esaustiva:
Dalle Valli di Lanzo alla Nuova Italia. Note storiche su Giovanni Rastelli;
Viva l’imperatore! Viva l’Italia! Le radici del Risorgimento. Il sentimento italiano nel ventennio napoleonico;
Il problema del sistema soccorso nell’Italia postunitaria e giolittiana;
Sono arrivato all’undicesimo volume con il dodicesimo in uscita, il tredicesimo prossimo ed in parallelo ed il quattordicesimo in scrittura e non riesco ad annoiarmi mai. Scrivere mi tiene vivo. Il volume su Giovanni Rastelli fu per me importante, un tentativo di ridare memoria all’unico deputato dell’Italia postunitaria e prebellica espresso dalle Valli di Lanzo. Una figura viucese, come parte delle mie radici. Uomo coraggioso fino all’ultimo minuto. Il volume sulle origini del Risorgimento nel periodo napoleonico è davvero caro al mio cuore. Racconta come le basi per il nostro Risorgimento siano state poste proprio al tempo di Napoleone I quando gli italiani, per la prima volta forse, si sentirono davvero tali. Quello sul sistema soccorso racconta, o almeno si propone di provarci, il lungo dibattito che ben prima dei tempi recenti ha caratterizzato l’esigenza di un’organizzazione in grado di agire nelle pubbliche calamità. Diatriba iniziata negli anni ’80 del XIX secolo sanata solo, almeno in parte, nei primi anni del terzo millennio. Il lettore scoprirà che certe polemiche non iniziarono con la rabbia di Pertini dopo il terremoto del 1980, il sisma disastroso dell’Irpinia, ma cento anni prima.
Parliamo della tua ultima fatica: Eroi con le stellette, Storia e storie di soldati italiani, Marvia Edizioni.
Mola scrive ancora sul tuo libro: in 444 pagine Mella raccoglie il frutto di decenni di letture e ricerche d’archivio distillate in articoli per varie testate. Mella scrive che i danteschi novantanove capitoli “ritratti” del suo nuovo libro, arricchiti da quattro appendici e da vastissima bibliografia, non sono collegati da uno stretto filo logico (…). Il “filo” dell’opera in realtà è robustissimo: è l’“eroismo” che contraddistingue i “personaggi” proposti dal volume, tutti accompagnati da un ritratto e da una o più fotografie (…). Disposti in ordine rigorosamente alfabetico (…) i personaggi ritratti da Mella costituiscono altrettante tessere del mosaico della Nuova Italia, senza alcuna preclusione. A quanti si spesero nelle battaglie per l’unità nazionale, seguono uomini e donne dall’età di Vittorio Emanuele II a questo dopoguerra, passando attraverso due conflitti mondiali (…). In una tra le stagioni più difficili della storia d’Italia, qual è l’attuale (…), ricordare il plurisecolare cammino degli italiani verso l’unità, l’indipendenza e la libertà può restituire linfa vitale alla politica (…). Perciò vanno salutate con plauso opere come quelle di Soprani Querzoli e di Mella: non “parole” ma appelli morali.”
Da cosa nasce l’idea di un’opera quasi enciclopedica come questa?
Negli anni mi sono imbattuto in tante storie. Piccole gemme incastonate nel muro della Grande Storia. Frammenti di un mosaico umano, sociale e morale. La Storia non bussa alle nostre porte ma semmai le sfonda. Così capitò per milioni di persone ed anche per quelle che ho raccontato. Su ognuno di questi nomi, lungo vent’anni almeno, avevo indagato e scritto. Da qui la decisione di raccoglierli in un’opera che fissasse su carta le loro vicende.
Qual è o quale voleva essere il fine della tua opera? Perché hai deciso di realizzarla?
Senza volersi da un’importanza superiore al meritato credo di aver percepito quasi un dovere. Ad ogni storia, io entravo nella vita di qualcuno, nella sua memoria, nelle sofferenze sue e dei suoi cari, nelle sue imprese. Spesso questi nomi erano dimenticati, persi, abbandonati e affondati nell’oblio. Lo meritavano? Era possibile salvare queste vicende dai gironi danteschi della memoria perduta? Ho voluto questo volume soprattutto ragionando con questo spirito. Mi sono illuso, peccando molto d’immodestia, di poterli appunto salvare dall’essere dimenticati. Non so se ci sono riuscito, ma ci ho provato con cuore ed anima.
Ha un richiamo in qualche modo morale? Vuole fungere da sollecito, da esempio?
Quando si parla di Storia ci si dovrebbe, forse, limitare a documentare e divulgare. Ma siamo fatti di carne e sangue e quindi di emozioni. Forse il richiamo morale è soprattutto questo: Mai dimenticarsi del dovere! Che non è una mera espressione di retorica. Oggi un giovane saprebbe esporsi ad un pericolo senza guadagnarci qualcosa? Rischiare la vita solamente perché in determinate circostanze farlo può semplicemente essere la cosa giusta da fare per un’idea, una causa, per gli altri? Il dovere è un valore concreto. Prima di essere condotto alle Fosse Ardeatine, sul muro della sua cella nella prigione di via Tasso a Roma, il generale della Regia Aeronautica Sabato Martelli Castaldi scrisse: «Quando il tuo corpo non sarà più, il tuo spirito sarà ancora più vivo nel ricordo di chi resta. Fà che possa essere sempre di esempio». Esempio e dovere, possibile siano ormai parole vacue e vane?
L’eroismo: un motto da manifesto di movimento futurista? Un valore? Un esempio? Un’impronta a memoria? Uno stile? Un modo d’essere? Un modello? Una riesumazione rievocativa o un epitaffio di una spoglia dimenticata?
L’eroismo è tante cose. A volte è perfino il caso. Una vita può essere condotta con mestizia, talvolta perfino con meschineria, poi una reazione improvvisa, un gesto inatteso, una circostanza estrema con una reazione suprema, consacrano eroe una persona. Un esempio, seppure letterario, può essere il personaggio del Bardone nel Generale Della Rovere, romanzo non vero ma verosimile di Indro Montanelli. Ma c’è anche l’eroismo quotidiano fatto di piccoli gesti, di moralità, di dovere appunto, di spirito di sacrificio, di senso dell’etica e del benessere comune, dell’onore inteso come conduzione d’una vita nel nome dell’onestà e di valori umani e sociali che voglio credere ancora universali. Ci sono eroismi, quindi, perpetui che possono sembrare minori ma non lo sono. Sono bastioni contro i pericoli che minacciano la libertà. La più fragile delle ricchezze umane.
Una nota curiosa, in questo volume in cui ci si aspetta una preponderante se non assoluta presenza maschile, non mancano le donne. Racconta.
Verissimo, ve ne sono più d’una come Maria Abriani, guida delle truppe italiane nella presa d’Ala di Trento nel 1915, Serafina Donadei che, nel 1859, ebbe la medaglia d’argento sul campo di battaglia di San Martino e diversa altre ancora. Compresi casi buffi come la maestrina toscana Luigia Ciappi che volle spacciarsi per uomo pur di andare al fronte al momento dell’ingresso del Regno d’Italia nella Grande Guerra.
All’interno del carosello di figure raccolte nel volume, alcune le hai conosciute di persona o ne hai conosciuto le famiglie. Vuoi parlarci di loro?
Ho personalmente conosciuto l’amico Stefano Gabotto, primo a calarsi nelle Fosse Ardeatine dopo l’arrivo degli alleati a Roma nel 1944 e nel 1963 comandante dei soccorsi civili al Vajont. Con Luigi Gorrini, medaglia d’oro e sottufficiale pilota, asso dell’aeronautica, ebbi un’amicizia epistolare cara al mio cuore. D’atri ho potuto conoscere le famiglie come nel caso di Vincenzo Novello, combattente della Grande Guerra appassionato di fotografia, o come il geometra Costantino ufficiale dei vigli del fuoco e membro della Resistenza, oppure Lamberto Salvati partigiano abruzzese del Gruppo Majella caduto nel 1946 durante l’opera di sminamento.
Restiamo su questo tema: è vero che ti sei concesso anche di ricordare qualche persona a te particolarmente vicina dal punto di vista famigliare?
Ho voluto rendere omaggio a Jean Charles Mella, cugino e soldato della 13 demibrigade napoleonica che morì al campo di Boulogne, Raimondo Mella, mio bisnonno, alpino e partigiano oppure il cugino di mamma Ambrogio Bonavero sopravvissuto alla guerra libica del 1911-1912 ma caduto a Vela d’Astico nel 1915 e poi zio Celeste Perotti sbandato in Albania l’8 settembre 1943 e poi pioniere nel Corpo Italiano di Liberazione. Esempi per me, quasi essi mi guidassero ancora oggi quotidianamente.
In un terreno qual è il territorio sabaudo così fertile dal punto di vista storico e di personaggi che hanno plasmato il nostro passato, troviamo qualche figura nostrana “d’oc”?
Per molte ragioni mi è capitato di imbattermi in moltissimi piemontesi e torinesi. Di ogni classe sociale, grado, età. Partigiani, soldati semplici, ufficiali, marinai, carabinieri. Anche se ho avuto la fortuna di poter raccontare figure di ogni lato della nostra Italia.
Tra i “gli eroi con le stellette” compare anche un famoso attore. Siamo curiosi.
Certamente degna di menzione è la figura del caratterista Ugo Bologna, presente anche in un film di Fantozzi. Nella pellicola egli indossava, bene in vista, i nastrini in smalto delle sue decorazioni…vere! Era stato ufficiale dei bersaglieri nella campagna di Russia e si era guadagnato una medaglia di bronzo al valor militare. Proprio in quella circostanza egli pronunciò una frase destinata a diventare epica e che nel volume racconto!
In appendice troviamo una curiosa intervista ad un famoso giornalista del dopoguerra. Vuoi parlarcene?
Oltre alla bella figura di Alberto Giombini in appendice è presente un’intervista che, quasi vent’anni fa, mi concesse Gino Apostolo. Giornalista torinese, ufficiale paracadutista, incursore, prigioniero nei campi alleati, poi combattente del Corpo Italiano di Liberazione. Dopo la guerra riprese la carriera di giornalista e fu al centro di un curioso aneddoto che riguardò il suicidio di Cesare Pavese.
Proviamo a riassumere queste 444 pagine. In un’epoca in cui stellette e divise si scontrano con una mentalità sempre più pacifinta, no global, anti a prescindere, nichilista, pseudo anarchica, permeata di velleità di diritti e poco propensa all’assunzione di doveri e responsabilità, un’opera del genere rischia di trovarsi in una posizione scomoda tra l’ostracismo e l’imbarazzante. Quasi fuori luogo. Reminiscenza che qualcuno, troppo alla moda, definirebbe fascista.
Allora perché questo libro? Quale lo scopo di questa impegnata ed impegnativa campagna promozionale?
Viviamo nel tempo delle facili etichette e della facinorosa Cancel Culture. Questo libro può piacere o non piacere, ovviamente, ma basta sfogliarlo per capire come la politica sia rimasta fuori. Nel volume, del resto, non mancano numerosi partigiani e nemmeno le considerazioni severe sui regimi del novecento. È un panorama di un secolo difficile in cui il dovere, il senso dell’onore, della dignità, del bene comune, hanno fatto la differenza tra libertà e tirannie. Queste figure rievocate nell’opera, nei meriti come negli errori, sono state limpide. Ad ognuna di loro dobbiamo un frammento di quella libertà che oggi non sappiamo amare abbastanza. Edgardo Sogno diceva che: «Le mie esperienze esistenziali mi hanno anche consentito di apprendere dalla viva voce dei miei maggiori maestri di libertà e democrazia, (..), che esistono valori di fondo della nostra civiltà la cui difesa non conosce regole e non consente compromessi». A qualcuno forse non piacerà ma tra i suoi maestri di libertà Eddy metteva, ad esempio, Ferruccio Parri una figura adamantina. Quanto al peregrinare per presentare il volume io credo sia un mio dovere. Prima verso le persone raccontate in queste pagine, loro mi hanno insegnato molto ed io credo di aver l’obbligo morale di condividere le loro esperienze. E poi verso Marco Montagna e Marvia Edizioni. Senza il mio editore nulla si potrebbe fare e credo che la gratitudine debba esprimersi anche così.
Il geniale Mike Bongiorno, che di marketing ne sapeva, li chiamava “consigli per gli acquisti”. Luci, motore, azione: hai la nostra attenzione; non si vendono pentole né divani: convincimi ad inserire “Eroi con le stellette” nel carrello.
Eroi con le Stellette è una raccolta di storie nella storia. Ognuno di questi nomi è raccontato in tre o quattro pagine ciascuno. Ogni piccola vicenda può accompagnarci in una serata di lettura permettendoci, di volta in volta, di viaggiare nel tempo e capire molto di noi e delle nostre radici. Queste vicende sono, in fondo, rappresentative di migliaia di simili che forse non conosceremo mai. Questi Eroi con le Stellette raccontano tempi che dovrebbero farci riflettere. Sono frammenti della nostra memoria collettiva e forse esempi che non farebbero male ai nostri giovani. Io ho provato a consegnarli ai lettori, a raccontarli prima che si perdessero del tutto. E loro, forse, nelle mie piccole parole ritroveranno vita e memoria. Leggere le loro vicende è un modo per aiutarli e renderli, se non immortali, almeno non dimenticati.
Alessandro Mella è indiscutibilmente un personaggio. Di quelli che non necessitano di particolare rumore per farsi notare. Riesce nel proprio intento con la pacatezza e la compostezza che ne delineano la professionalità. La serietà di ricercatore e la competenza nel comunicare i risultati contribuiscono a comporre la cornice di un autore attento e puntuale, mai scontato, ben presente al risultato finale e alla missione che da anni persegue.
Alberto Busca