Nelle nuove disposizioni governative riguardanti l’obbligo vaccinale per gli over 50, necessarie per molti aspetti, date cavallerescamente come “unanimi”, ritorna l’eco di una stagione solo apparentemente lontana.
Quella in cui l’allora Premier Conte, ammoniva e dettava regole in conferenze dalla scenografia copiata paro paro da fiction di terz’ordine, con toni paternalistici di sfarfallante accigliata benevolenza per quella masnada gerarchicamente inferiore dell’italico popolino.
Rintuzzati e trattati come bambini indisciplinati cui ammannire indulgenza, l’avvocato del popolo, definizione a cui nemmeno un De Amicis alticcio si sarebbe spinto, elargiva l’adagietto del suo eloquio accordato sul tono del patetico.
Draghi impone il vaccino ai Peter Pan argentati.
Di tutt’altro avviso il tono, il tempo dell’attuale Presidente Draghi. Più vicino ad un mosso o un moderato. E se per Conte erano gli italiani tutti, in questa occasione per Draghi l’obiettivo sono i cosiddetti boomer.
Quei riottosi, sregolati cittadini di mezza età disobbedienti, che al vaccino si sottraggono o non vi si sottopongono.
Per questi poco valgono le validità scientifiche, l’analisi dei dati, i malati gravi o peggio i defunti. Ed è un loro diritto. Che piaccia o meno.
A distanza di tempo, di modalità, di forme e più di tutto di linguaggio, i boomer a cui il messaggio del governo è destinato ritornano nuovamente ragazzini non in grado di autodeterminarsi e quindi di agire con consapevole saggezza sanitaria.
Pizzicati per anagrafe in una frazione storica che ha come unico modello la giovinezza ed ad essa assoggettati, gli si vuole improvvisamente togliere il terreno da sotto i piedi lasciandoli cadere dentro al soleggiato autunno del proprio ciclo vitale, con un dettato di ritorno all’ordine senza più illusioni ottiche e temporali.
Peter Pan argentati presi per le orecchie e ricondotti davanti alla superiore ragione dello stato. Ragione a cui obtorto collo obbediranno tutti, o quasi tutti.
In questo contesto di difficoltà socio/temporale, giocato tra il dualismo dell’adultità e dell’eterna giovinezza, ha risuonato un nuovo imperioso ammonimento. La voce del Papa si è alzata a condannare la diffusa pigrizia nel moltiplicatevi, rivolta a coloro che ancora sono fermi e in dubbio sull’andate.
D’un tratto di nuovo tutti bambini, indolenti, svogliati e apatici di fronte al sacrificio familiare.
Ma il colpo ferino, la zampata teologica che riconosce e individua il male, si manifesta scoprendo con sorpresa, che moltissimi peccatori dedicano il loro affetto ad un gatto od un cane, invece che ad un nascituro. Che a memoria restano figli anch’essi del creato.
Questi diavoli di cittadini non cresciuti sbagliano anche quando vogliono bene o si affezionano sia pure ad un innocente micio.
Nell’omelica invettiva, scivola lontano, l’inquietante dato che in Italia la statistica rivela che il luogo dove più si muore e in modo efferato è il nucleo famigliare. Un paradosso amaro. E come raccapezzarcisi se è solo uno dei tanti che alimentano quei cortocircuiti di opinioni contrastanti, di terrore mediatico sbadatamente profuso ogni giorno, di sicurezze granitiche che appartenevano a ieri ma oggi no, già archiviate, di un guazzabuglio di regole alla disperata ricerca di un sistema che come un green pass aprano le porte alla salvezza: sanitaria, economica, scolastica, politica, religiosa, fin escatologica.
Servirebbe un green pass come formula magica, un apriti sesamo per accedere ad una caverna ben areata, dove poter pensare lentamente sapendosi adulti pretendendo con gentilezza di essere considerati tali, over o under una cifra.
Quando viene meno il senso delle proporzioni, quando non si riesce più a distinguere si finisce per confondere il miglior tennista in circolazione con un maître à penser: manco fosse Voltaire.
Finito in un gioco più grande di lui, nel campo sconosciuto della politica internazionale, difficilmente vincerà questa partita.
La primavera intanto, tarda ad arrivare.