Sono uno che vive di pancia. Sempre in cerca di coinvolgimenti emotivi. La mia percezione della vita è direttamente proporzionale all’intensità delle sensazioni che provo, non necessariamente causate da un impulso esterno. E questo, arrivati ad una certa età, è imperdonabile.
Sindrome di Peter Pan, la chiamano (Peter svolazzando per la stanza dice fortunato chi ce l’ha). Certo, adesso preferisco camminare nel silenzio della notte in montagna sulla neve con il mio cane, le pelli di foca e la lampada frontale o anche solo stare seduto a guardare la luna piena – magari lasciandomi scappare un ululato ogni tanto – che rincoglionirmi di gin tonic al rimbombo della house music fino all’alba. Ma questo non fa di me una persona matura, casomai un licantropo fallito.
Jacques Brel scrisse in una canzone poi ripresa da Battiato “ci vuole talento per invecchiare senza diventare adulti”. Beh, devo averne tanto, perché mi viene naturale. Cerco nelle emozioni quell’adrenalina che mi fa sentire vivo. Però con il passare degli anni mi rendo conto, mio malgrado, che il cervello comincia a misurare la candela per vedere se è abbastanza lunga per il gioco, a valutare i pro e i contro delle situazioni, le probabilità e gli imprevisti – ma il Monopoli non era un gioco da ragazzi? E questo non mi piace.  Einstein ha scritto che un uomo è vecchio quando i suoi rimpianti superano i suoi sogni. Un bel concetto, a patto di avere dei sogni. Per i rimpianti, sono in offerta. Dieci al prezzo di uno. Ma i sogni son desideri? Cenerentola, seduta di fianco a me, annuisce convinta. Lo sono. Allora facciamo che adesso si materializza il Genio del Mouse e mi dice esprimi tre desideri, così al brucio. Roba seria, lo stupisco con una botta di originalità: ricco bello e famoso. Ma poi, avendo il tempo di pensarci, anche no, grazie. Perché è sicuramente vero che è meglio piangere sul sedile di una Rolls Royce che in un tram affollato, (anche Marilyn, seduta di fianco a Cenerentola, annuisce convinta). Ma d’altra parte, per chi sta piangendo, la disperazione che sta dietro le lacrime è la stessa. L’infelicità anche.
Fairfield Porter 107
 
Il senso di sconfitta, la rabbia, non cambiano, non è che valgano meno, che siano meno reali. Quindi lasciamo stare il ricco. Bello? Io sono bellissimo, lo sono sempre stato, fin da piccolo (ricordo che mio padre mi diceva spesso che bella faccia da schiaffi che hai), ormai ci ho fatto l’abitudine, non è che sia tutta ‘sta cosa. Senza contare che la bellezza passa, se non muori prima (Marilyn dice non ne sbagli una). Famoso? Sai che rottura. Non puoi andare da nessuna parte che son tutti lì a chiederti l’autografo. A volere il selfie con te. A presentarti qualcuno di cui ti frega un cazzo. Ma quanti ce n’è che ricchi belli e famosi hanno deciso di farla finita? Un’infinità, appunto (cercano di sedersi anche loro ma li mando via, sono  troppi, non bastano i divani). Volo più in alto. Desiderare un mondo migliore? L’anagrafe mi iscrive mio malgrado al circolo dei disillusi, troppe ne ho viste e fatte per credere alla possibilità di una Società giusta. O meno ingiusta. Ad un mondo senza sfruttamento, malvagità, sofferenza. Secondo me sono difetti di programmazione insiti nella natura umana.
Non condivido l’idea dell’Uomo come essere cosciente di far parte di una comunità in cui il bene di tutti equivale al bene del singolo. Sarebbe bello, ma è vero il contrario: impera la convinzione che il raggiungimento della nostra soddisfazione personale sia l’apoteosi della realizzazione di sé, il migliore degli obiettivi perseguibili, in definitiva, l’unico che conta. Mi manca l’ossigeno, scendo in picchiata. Mi interrogo. Eccolo, il mio desiderio. Genio del Mouse, fammi essere giovane per sempre. Forever Young. Fammi ritrovare in me stesso quella capacità di stupirmi, amare,  soffrire come se ogni volta fosse la prima. L’unica. Che non si scorda mai. Che fa tamburare il cuore e andare in pappa i neuroni. La voglia di crederci, di buttarmi a pesce nelle situazioni, senza calcoli prudenza o paura di rompermi la bella faccia da schiaffi.
Perché, se posso dirlo, un uomo è vecchio quando vive ogni accadimento come qualcosa di già visto, quando non è più in grado di entusiasmarsi, quando la vita gli gocciola addosso ma non riesce più a bagnarlo. Snoopy, seduto in braccio a Marilyn, dice tutto quello di cui hai bisogno è dentro di te, altrimenti è nel frigorifero. Io cerco, dentro di me e nel frigo. Anche sotto la vaschetta del gelato. E trovo il dottor Jekyll che mi sussurra bisogna accettarsi per come si è. Peter, Marilyn, Cenerentola e Snoopy mi guardano e sorridono.
 
Roberto Di Palma
 

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