I destini dell’Europa e dell’Italia, sono stati oggetto di un progetto integrato del Polo del ‘900 a Torino, con il coordinamento della Fondazione Carlo Donat-Cattin, al quale hanno partecipato Bernard Guetta, Maurizio Cotta, Franco Chittolina e Lucio Caracciolo, esperto italiano di geopolitica, direttore delle riviste “Limes” e docente all’Università Luiss di Roma.
Abbiamo chiesto a Lucio Caracciolo di aiutarci a capire meglio alcuni aspetti legati all’Europa, all’Italia e al Mediterraneo.
Quale sarà il futuro dell’Europa ?
«Il punto è che l’Europa in senso compiuto resta largamente un’utopia, anzi stiamo assistendo a una compressione delle possibilità di realizzarla. Aumentano, invece, le possibilità che dentro l’Unione europea si creino delle sub-Europe omogenee più piccole, attorno a un Euronucleo a guida tedesca, fatto da Germania, Francia e da tutti i Paesi che economicamente ruotano attorno alla Germania stessa: dall’Olanda alla Danimarca, dalla Repubblica Ceca all’Austria».
L’Italia come si colloca in questo processo?
«Rischia ovviamente di non essere parte di questo gruppo, di restarne tagliata fuori.Accanto allafrattura tra Nord e Sud Europa, l’Italia è poi attraversata dalla frattura tra il suo Nord e il Sud, che a partire dalla crisi del 2008 non ha mai cessato di allargarsi. La politica italiana non se ne occupa. Dal punto di vista culturale non sembra attrezzata a comprendere questa fase, che del resto è piuttosto scioccante».
Il rischio della frantumazione europea da che dipende?
«L’Europa così come è oggi, è troppo larga per permettere una reale convergenza: ci sono differenze economiche, linguistiche, culturali, che ostacolano questo processo. In tale contesto si aprono, appunto, prospettive per la costruzione di mini-imperi, che vanno anche oltre i singoli stati nazionali. Le differenze pesano e l’Olanda è sicuramente più vicina alla Germania di quanto non lo possa essere Cipro».
Che ruolo può avere il Mediterraneo?
«Purtroppo non è e non è mai stato al centro dei nostri interessi come Paese. E invece avrebbe dovuto esserlo. Ma noi, i nostri interessi li facciamo sempre poco e male. La Cina, per esempio, sarebbe interessata all’Italia come hub lungo la via della seta, ma l’Italia non sta facendo proprio nulla in termini logistici e marittimi per poterlo diventare. E così per il Mediterraneo. Che è e resta il mare delle tragedie umanitarie legate alle grandi migrazioni».
L’Europa che ruolo ha nella gestione di questa emergenza?
«Nessuno. L’Europa non c’entra nulla, perché le politiche migratorie sono solo nazionali, dunque ciascun Paese si regola come crede e tutela unicamente i propri interessi nazionali. Così vediamo delle frontiere a Nord sempre più chiuse e delle frontiere a Sud sempre più permeabili».
Luca Rolandi