Un romanzo che celebra la vita, le ombre, le opere e il silenzio di Gioachino Rossini: è L’ultimo spartito di Rossini di Simona Baldelli, pubblicato dalla casa editrice Piemme nell’anno del centocinquantesimo anniversario della morte del “Giove della musica”.
L’autrice presenterà il libro sabato 17 novembre, alle ore 18, al Circolo dei lettori di Torino, insieme a Enzo Restagno, in un incontro organizzato dal Premio Italo Calvino.
Il Premio Italo Calvino è stato fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, per iniziativa di un gruppo di estimatori e di amici dello scrittore tra cui Norberto Bobbio, Natalia Ginzburg, Lalla Romano, Cesare Segre, Massimo Mila e molti altri.
L’ultimo spartito di Rossini è l’omaggio a uno degli uomini più grandi della storia della musica, raccontato a partire dal lungo e doloroso silenzio lavorativo che caratterizzò gli ultimi trent’anni della sua vita. Di Rossini – che, dopo il Gugliemo Tell, abbandonò l’opera per scrivere solo musica sacra e strumentale – emerge un ritratto differente dall’iconografia classica, che lo vuole eternamente ilare e bon vivant, superficiale e gaudente. La personalità del compositore fu, infatti, molto più complessa e sofferente, e la sua vita lavorativa e affettiva venne sempre segnata da un’alternanza di esaltazione e depressione, di successi e rovinose cadute, di creatività e difficoltà di scrittura.
Spiega l’autrice: «Scrivere un romanzo ispirato alla biografia di Gioachino Rossini, nell’anno del centocinquantesimo dalla sua morte, significa complicarsi meravigliosamente la vita. Perché la prima domanda che ci si pone di fronte alla pagina bianca è: cosa si può scrivere di un personaggio di cui si è già detto tutto? Che appartiene all’immaginario collettivo, non solo dei melomani? È stato, probabilmente, l’artista più famoso e osannato di ogni tempo, e già nel corso della sua esistenza. Per lui venne coniato il termine Rossinimania, riferito al periodo in cui si esibì a Vienna. Ogni angolo risuonava della sua musica, le cartoline con la sua immagine andavano a ruba, gli uomini erano vestiti alla Rossini, le donne sospiravano al suo passaggio, i ristoranti avevano piatti a lui dedicati. Una simile smania pervase le altre città in cui visse e lavorò. Tutti volevano frequentare quel musicista gioviale, dalla scrittura facile – compose Il barbiere di Siviglia in meno di due settimane – la battuta pronta, amante della buona tavola. E così viene ricordato ancor oggi: un ilare opportunista, un bon vivant. Ma, di fatto, smise di scrivere opere a trentasette anni, dopo il meraviglioso Guglielmo Tell, se si eccettuano alcuni componimenti di musica sacra e strumentale. Cosa portò il musicista più famoso del mondo al silenzio? Da qui partii per il mio viaggio all’interno di una figura assai complessa. In punta di piedi, per non disturbare il gigante che, da centocinquant’anni, aveva trovato quiete. Scoprii aspetti sconosciuti e dolorosi, profondamente umani, che Rossini cercò di dissimulare per tutta la vita, e lo fece tanto bene da passare alla storia come un allegro buontempone. Il suo personaggio da opera buffa meglio costruito, potremmo dire, la maschera dietro cui si condannò vivere».
Simona Baldelli è nata a Pesaro e vive a Roma. Il suo primo romanzo, Evelina e le fate (Giunti, 2013), è stato finalista al Premio Italo Calvino e vincitore del Premio Letterario John Fante 2013. A questo sono seguiti Il tempo bambino e La vita a rovescio, vincitore del Premio Letterario Caffè Corretto Città di Cave, un romanzo ispirato alla storia vera di Caterina Vizzani (1735) – una donna che per otto anni vestì abiti da uomo. L’ultimo spartito di Rossini è il suo omaggio a uno degli uomini più grandi della storia della musica.
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