Ti piace la tua nuova stanza in via Gioffré. È più silenziosa della precedente e dalla finestra si vede anche la Mole. L’affitto non supera i 350 euro al mese e sei fortunato a non pagare di più, visto che devi ancora trovare lavoro. Hai lasciato gli studi da due mesi e ai tuoi, che vivono a 600 chilometri di distanza, non hai detto nulla. D’altronde non gli hai detto tante altre cose, che senso avrebbe iniziare dall’università?
Ti rigiri nel letto cercando una posizione più comoda. La luce arancione dei lampioni filtra dalla finestra e lo sferragliare del tram notturno che ti teneva sveglio nel vecchio appartamento in corso Giulio Cesare, è un ricordo che ti sei lasciato alle spalle con molto piacere. Tuttavia non riesci a dormire. Prendi il cellulare e guardi l’ora. Le due meno dieci.
Scosti le coperte e ti alzi dal letto. Il parquet scricchiola sotto i piedi nudi. Raggiungi il MacBook sulla scrivania accanto alla porta, sollevi lo schermo e controlli Facebook: un paio di notifiche di cui non ti interessa nulla. Abbassi lo schermo ed esci dalla stanza.
Davanti a te c’è la porta del bagno, aperta. Alla sua destra quella della camera di Gabriele, socchiusa. La luce è accesa. Gabriele ha 32 anni e oltre a essere il proprietario dell’appartamento che condividete con Tiziana, una ragazza della tua età che studia al Politecnico, è il vero motivo per cui la stanza in via Gioffré ti è sembrata la sistemazione ideale.
Ti sono sempre piaciuti i ragazzi con i denti bianchi e regolari e quando ti ha aperto la porta il giorno in cui sei venuto a vedere la camera, il suo sorriso ti ha lasciato secco sullo zerbino. Indossava pantaloni scuri e camicia bianca tesa sopra il fisico allenato che non hai fatto a meno di ammirare, come non ti sei trattenuto dall’esaminargli il sedere mentre ti precedeva lungo il corridoio per fermarsi, con le dita sulla maniglia, davanti alla porta della tua futura stanza. Prima che te ne andassi ti ha offerto un tè Darjeeling e l’avete bevuto con biscotti al burro e caramello, guardandovi spesso negli occhi. Ti sei trovato bene, vi siete capiti subito e ti è sembrato felice quando l’hai richiamato per dirgli che avevi deciso di trasferirti a casa sua.
Adesso ti chiedi cosa stia facendo sveglio alle due di notte e ti trattieni dal gettare un’occhiata dallo spiraglio della porta.
Ti sei preso una bella cotta. Forse è per questo che non riesci a dormire.
Vai in cucina e bevi un bicchiere d’acqua. Poi senti aprirsi la porta d’ingresso e un rumore di tacchi in avvicinamento. Senza accendere la luce Tiziana entra in cucina e si spaventa vedendo la tua sagoma scura immobile davanti al lavello. Le chiedi scusa, lei si mette a ridere, dev’essere un po’ brilla. Apre la dispensa, infila la mano in un pacco di biscotti e ne sgranocchia uno.
“Dove sei stata di bello?” le chiedi a bassa voce.
“Al Sir Daniel, un pub vicino piazza Vittorio. Carino.” Tiziana è una ragazza calabrese riccia e formosa che probabilmente in un’altra vita ti avrebbe mandato fuori di testa.
“Tu sei rimasto a casa?” ti domanda.
“Sì.”
“Come va nella nuova camera? Ti sei ambientato?”
Le dici che ti trovi bene e che la stanza è perfetta.
Tiziana prende un altro biscotto, chiude la dispensa e ti dà la buona notte. Subito dopo senti il rumore della porta del bagno che si chiude e la chiave girare nella serratura.
Temporeggi ancora nella cucina ordinata, diversa da quella cui eri abituato nel vecchio appartamento, sempre sottosopra e ingolfata di piatti da lavare, e rifletti che il giorno dopo ti piacerebbe preparare qualcosa di buono per Gabriele, magari un risotto alla zucca, che ti riesce bene, visto che quella sera ti ha offerto una generosa porzione della sua torta salata. Poi ti avvii verso il corridoio e una volta in camera non ti richiudi la porta alle spalle, perché senti Tiziana uscire dal bagno e ti accorgi che i suoi passi non sono diretti verso la sua stanza.
Ti passa davanti senza vederti, apre la porta della camera di Gabriele ed entra accostandola di nuovo. La tua gola si stringe come un pugno e senti un formicolio che dalla base della nuca ti scende lungo la schiena.
Resti in attesa.
Poi li senti ridere, senti il tonfo delle scarpe sul parquet, il frusciare dei vestiti e quello delle coperte. All’improvviso viene da ridere anche a te. Ti sono già capitati equivoci del genere, ma è la prima volta che prendi un abbaglio così grande.
Chiudi la porta della stanza e ti avvicini alla finestra. È una tranquilla notte di metà marzo e sul vetro il riflesso del tuo viso si sovrappone al profilo appuntito della Mole. Sospiri, il vetro si appanna leggermente, ti scosti dalla finestra e ti rimetti sotto le coperte, dove non puoi far altro che fissare il soffitto.
Niente male come prima notte nella nuova casa. Niente male davvero.
L. Filippo Santaniello
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