Il ritratto di una dama veneziana che appare qui sopra fu dipinto attorno al 1500 da Bartolomeo Veneto, un abile pittore di cui si sa principalmente che firmò uno dei suoi primi quadri come “Bartolamio mezo venizian e mezo cremonexe” – “mezzo veneziano e mezzo cremonese”.
E il martello? Il martello fu all’epoca un elemento di iconografia largamente riconosciuto – almeno quando era in mano a una donna. Il riferimento era alla storia biblica di Giaele, moglie di Eber, un personaggio che appare brevemente nel “Libro dei Giudici” dell’Antico Testamento. Lì si racconta della fine fatta da Sisera, il generale di un re nemico degli israeliti. Sconfitto in battaglia, fuggì e cercò riparo nella casa di Eber, che credeva un alleato del suo sovrano. Giaele – il cui marito era via – gli offrì ospitalità e gli diede da bere, ma dopo che lui si mise a dormire gli conficcò un picchetto nella tempia, mandandolo a fondo a martellate.
La storia fece una certa impressione, visto che i fatti – se sono fatti – risalirebbero a 1.200 anni prima della nascita di Cristo e se ne parla ancora. Il martello, in altre parole, era un “attributo” pittorico di Giaele e una rappresentazione delle donne forti che dominano gli uomini che le circondano.
Il topos (oggi forse diremmo “meme”, anche se storpia un po’ il concetto) acquisì un proprio nome in tedesco – “Weibermacht”, “potere femminile” – ed era un notevole tema pittorico dal 14° al 16° secolo, con importanti artisti che toccarono frequentemente non solo la storia di Giaele e Sisera, ma anche la decapitazione di Oloferne da parte di Giuditta (Caravaggio, Botticelli, Michelangelo), o anche, con maggiore allegria, di Fillide – una sorta di dominatrix ante-litteram – in groppa al filosofo Aristotele (Lucas Cranach il Vecchio, Albrecht Dürer e l’italiano Alessandro Turchi, detto “l’Orbetto”).
Era in parte una scusa per ritrarre femmine poco vestite, ma anche un’indicazione che le donne rinascimentali non fossero così remissive come si suppone oggi. Un diverso ruolo femminile di allora è conservato in un altro spettacolare quadro di Bartolomeo Veneto, Flora, spesso indicato come un ritratto della “scandalosa” Lucrezia Borgia. La Borgia però, nel 1515 quando l’immagine fu dipinta, aveva già partorito sette figli. A vedere il quadro non si direbbe. Poi, la storia ricorda che aveva il seno generoso e “ben modellato”…
James Hansen