Solo due. Quindi inusuali, quanto rare fotografie a colori, sono presenti ed esposte alla terza mostra, una personale, allestita in questi giorni presso la Galleria Franco Noero di Via Mottalciata /b a Torino, per celebrare il trentennale della sua prematura dipartita; a conferma che l’utilizzo esclusivo del “bianco e nero”, per Robert Mapplethorpe, eccentrico fotografo statunitense, (New York, 4 novembre 1946 – Boston, 9 marzo 1989) non è mai stato frutto di un equivoco, ma di una scelta ben precisa.
Dal 26 febbraio al 20 aprile 2019, una settantina di foto scattate nell’intervallo tra gli anni settanta e novanta, ci trasporteranno nel suo universo immaginifico e fatto d’immagini, viventi, quello in cui l’assenza di colore non riduce, bensì ne amplifica l’interpretazione evocativa, l’intenzione e l’anima.
Il contrasto caravaggesco, tra luce-ombra, rivela tutta la sua antitetica potenza, nella ricerca tracciabile di una precisa definizione linea dei soggetti fotografati, eguagliabile solo alla ricerca ossessiva della bellezza riposta nei corpi nudi e scultorei, quelli che nulla hanno da invidiare, rimandando alla plasticità ispiratrice delle statue greche, così all’espressività’ riposta nei volti e nei gesti di quegli uomini, nudi, che rappresentano da sempre soggetto e tema omoerotico prediletto dall’artista, dichiaratamente omosessuale o pansessuale, che se ne dica.
Nota la sua relazione con la cantante Patty Smith, sua unica amante ed eterna amica. Bisognerà, in ogni caso, allontanarsi da una curiosa e certa qual “pruderie”, nell’accostarsi e nello scrutare le sue foto, da vicino, senza limitarsi a indagare visibilmente la dimensione dei sessi esplicitamente esposti, tracciando uno o il confine della legittimità, nell’attribuzione di significato, di senso estetico: pornografia o erotismo?
A fugare ogni dubbio artistico, la medesima, il modo con cui Mapplethorpe riesce a fotografare i fiori, i petali sottili, la verginità delle calle bianche, simbolismo evocativo di un erotismo delicato, tra i pistilli e nelle cavità senza fondo, per poi giungere alla rappresentazione fotografica, quasi teatrale, delle scene più esplicite, per taluni, ipoteticamente, le più abominevoli: dalle pratiche di feticismo e di bondage, alle scene sado-maso. Una raffinatezza unica, e mai volgare, lo contraddistingue e lo eleva, nel vasto panorama fotografico della sua epoca, ma non solo, pressoché o sempre identico.
Spesso definito come il fotografo della contro-cultura, inseguendo la sua finalità: l’esser dentro e far parte, vivere intensamente la fotografia come protagonista, sentirla “ a pelle” e non come distante, asettico e inemozionale osservatore, Mapplethorpe trasporrà sempre, esperienzialmente, sino a far coincidere un autentico e turbolento vissuto personale con la sua arte.
L’opera di questo grande artista, in cui la trasgressione si trasforma e finisce per coincidere con una raffinatezza del gusto, ha travalicato e modernizzato l’estetica del suo tempo fino a combaciare con il nostro.
Eva Gili Tos