Nell’era dei social network dove più di un italiano su tre è su Facebook, dove l’81,4% possiede almeno un smartphone,  dove la tecnologia raffredda i rapporti, c’è chi vuole ritornare al caldo rapporto umano. Dopo l’approccio virtuale si cerca la realtà per poter socializzare con il vicinato. Ecco perché il fenomeno dei SOCIAL STREET ha così tanto successo.
Grazie a Facebook il SOCIAL STREET si è presto diffuso in moltissime città d’Italia e qualche iniziativa esiste anche all’estero, Cile, Rio de Janeiro e Nuova Zelanda.
Le “strade sociali” in Italia oggi sono circa 150, più di 5000 5001 5002  persone .
social streetLa prima (a quanto pare) è nata a Bologna, in via Fondazza, grazie a Federico Bastiani che creò nel settembre 2013 il primo gruppo Facebook “Residenti in Via Fondazza – Bologna”. Oggi su quel gruppo sono in 800 e fanno tantissime cose insieme, dal trekking alle mostre fotografiche.
Anche Torino ha le sue “strade sociali”, dove il senso di comunità del paese prevale sull’individualismo della grande città. Via Barbaroux , Via Vanchiglia, Corso Traiano, Via Cenischia e Via Sacchi.
Abitate in una via o in quartiere social? Se così non fosse, potrete sempre creare voi la vostra SOCIAL STREET seguendo poche semplici linee guida.
Sul sito dell’iniziativa, (http://www.socialstreet.it) oltre all’elenco completo delle social street, si legge che “L’obiettivo del Social Street è quello di socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse comune e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale. Per raggiungere questo obiettivo a costi zero, ovvero senza aprire nuovi siti, o piattaforme, il Social street utilizza la creazione dei gruppi chiusi di Facebook”.

Abbiamo intervistato Enrica Michelon amministratrice del gruppo SOCIAL STREET di Corso Traiano.
Quale secondo te la ragione di questo successo in Italia?
Il mio parere è che il segreto sia proprio nella semplicità dell’iniziativa. L’ideatore della social street, Federico Bastiani, l’ha creata perché si è reso conto che non conosceva i suoi vicini di casa.
Cosa ti ha portato ad aprire il gruppo Facebook social street Corso Traiano?
Sono venuta a conoscenza dell’esistenza della social street di via Fondazza, a Bologna, la prima social street italiana. Personalmente ho voluto aderire a questo progetto perché mi piace l’idea che in una società che sta diventando sempre più individualista le persone abbiano la possibilità di “unire le forze”. Io vivo a Torino dal 2007, adoro il quartiere dove risiedo attualmente (Nizza-Millefonti) e proprio per questo vorrei conoscere meglio le persone che ci vivono. Ho un figlio di due anni e mezzo e mi piacerebbe, attraverso la social street, entrare in contatto con altre famiglie, magari dandosi appuntamento al parco per chiacchierare e far giocare insieme i bambini. Il nostro gruppo su Facebook potete trovarlo qui https://www.facebook.com/groups/corsotraiano/
Cosa vorresti evidenziare e far conoscere ai tuoi concittadini Torinesi?
Vorrei che il progetto delle social street fosse visto con maggiore fiducia. La televisione ci propina storie infelici di ogni genere, che ormai sono all’ordine del giorno. Stiamo diventando sempre più diffidenti nei confronti del prossimo. Non voglio essere fraintesa: credo che la prudenza sia d’obbligo, ma credo anche che l’essere umano sia fatto per socializzare e non per rinchiudersi nel proprio micro mondo.
L’obiettivo delle social street è quello di socializzare con persone del quartiere in cui si vive, per venire incontro alle necessità quotidiane.
C’è chi ha chiesto aiuto per un trasloco o una ristrutturazione, chi ha trovato vicini disposti a condividere la rete internet, chi si è proposto come baby sitter o tuttofare, chi è venuto a conoscenza  di sconti e offerte particolari nel quartiere e tante altre informazioni utili da condividere.
Quali difficoltà hai incontrato… se le hai incontrate?
Le difficoltà, se di questo si può parlare, le ho incontrate nel momento in cui ho constatato la diffidenza di alcune persone. Io stessa ho attaccato un volantino che diceva semplicemente che era nato il gruppo social street di Corso Traiano e dopo pochissimo tempo il foglio era già sparito. Da subito ero un po’ seccata, però poi ho capito che non tutti amano le novità o sanno adattarsi ai cambiamenti, anche se questi sono positivi, in favore della comunità e favoriscono la socializzazione in maniera del tutto gratuita.
E’ possibile, secondo te, che questi gruppi possano essere politicamente pilotati? E’ già successo, ne hai sentito parlare?
Personalmente non ho mai sentito parlare di questa possibilità a Torino, inoltre dubito fortemente che ciò possa accadere visto che questa iniziativa non porta avanti nessuna visione politica, religiosa, ideologica di alcun tipo, limitandosi ad unire in gruppo le persone, con l’unico criterio della vicinanza fra residenti nella stessa strada o quartiere, senza scopo di lucro ma solo finalità sociali.
A Bologna, la politica guarda caso ha contattato gli amministratori, offrendo fondi e spazi, ma senza risultati.  In effetti, quando c’è da affrontare una piccola verenza con il quartiere o il Comune, “essere soli o in 800 fa la differenza”:  cosa ne pensi?
Le social street appartengono ai cittadini e non alle istituzioni: per queste esistono già fior di gruppi e attività sociali su Internet… Ma, francamente, non ci riguardano!
Ringraziamo Enrica Michelon per le sue opinioni e ci auguriamo che le persone riscoprano il gusto di quelle relazioni umane che i social possono aiutare a creare e rafforzare, se usati nel modo giusto.
L’unico scoglio da abbattere rimane ancora la diffidenza, soprattutto nelle grandi città: si tende ancora ad isolarsi col proprio smartphone o nelle proprie cuffie piuttosto che scambiare due chiacchiere sul pianerottolo o in ascensore.

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