È stata presentata alla stampa presso la sede della Fondazione Gianfranco Ferré, in via Tortona a Milano, luogo affascinante e ordinatissimo che racchiude il grande archivio dello stilista scomparso dieci anni fa, la mostra “Sotto un’altra luce. Gioielli e Ornamenti”, che inaugurerà nel Salone del Senato di Palazzo Madama il prossimo 12 ottobre, sino al 19 febbraio 2018.
L’esposizione – prodotta dalla Fondazione Gianfranco Ferré e Fondazione Torino Musei – presenta in anteprima mondiale 150 oggetti-gioiello pensati e realizzati come pezzi unici per le sfilate dal 1980 al 2007 (e quindi mai entrati in produzione, se non in versione rielaborata e ridotta per il mercato), che ripercorrono alcune delle scelte stilistiche del grande stilista in termini di ornamento.
Per Ferré quest’ultimo è stato sempre oggetto di uno studio particolare e di un’autentica passione, a cui non ha mai relegato un ruolo secondario ma piuttosto complementare all’abito. Un ambito di interesse legato alla sua attenzione rigorosa per i materiali, specialmente quelli “alternativi”, come parte essenziale della sua ricerca, e alla sua attitudine al viaggio e alla capacità di assimilazione e rielaborazione degli ornamenti di altre culture.
«Il gioiello ha avuto in passato straordinarie valenze rappresentative come simbolo di potere, prestigio, autorità; ora è soprattutto manifestazione di personalità, un mezzo per la rappresentazione di sé. Come l’abito e forse più dell’abito». Così scriveva Ferrè negli appunti per le sue lezioni, dove aggiungeva «Nel gioiello, un mondo. O meglio il mondo».
Pietre lucenti, metalli, conchiglie, legni, vetri, ceramiche, ma anche cuoio ferro, rame e bronzo, danno vita a monili ricchi di citazioni precise, riferimenti, esotismi, eppure immaginifici e frutto di una fantasia gioiosa e incontenibile, dove il macro è esaltazione della materia costitutiva ma è anche funzionale alla sfilata, poiché gli oggetti dovevano essere visti da due – tre metri dalla passerella, come racconta Rita Airaghi, direttrice della Fondazione.
La Signora Rita Airaghi spiega anche le ragioni di una mostra che intende dimostrare come anche nella progettazione dell’ornamento Ferré si attenga con coerenza agli elementi principali del suo stile e della sua formazione, legata all’architettura e al design.
Interessante e curioso un aspetto legato alla vicenda personale e altrettanto importante: i gioielli furono il primo campo di sperimentazione da stilista poco più di ventenne. «Ne realizzò alcuni all’università», ricorda Airaghi “bracciali e collane in cuoio, molle industriali, minuterie metalliche; troppo all’avanguardia per l’epoca in cui il bijou, al massimo, era il falso oro”. Oggetti che oggi avrebbero senz’altro un grande successo, tanto è vero saranno posti in vendita al bookshop di Palazzo Madama due bracciali di Ferré realizzati in stampa 3D, di cui uno è stato presentato in anteprima in conferenza stampa.
Anche l’aspetto installativo ha una grande importanza nell’economia della mostra: Franco Raggi, ideatore dell’allestimento e collaboratore storico del Maestro, ha pensato ad un allestimento che esaltasse la bellezza degli oggetti e allo stesso tempo li contenesse nel rutilante e altissimo spazio del Salone del Senato di Palazzo Madama: i gioielli si librano nella penombra come oggetti di sogno, seppur racchiusi in sei grandi gabbie metalliche, minimaliste ed essenziali, in ferro arrugginito. Saranno esposti anche otto capi di alta moda dove si dimostra come persino l’intera struttura dell’abito possa essere “inventata” e costruita a partire dalla materia – gioiello.
Cura la mostra Francesca Alfano Miglietti che ricorda un Ferré grande e generoso anche nell’insegnamento (celebri le sue lezioni), rigoroso ed esigente nella ricerca della perfezione, equilibrato nel coniugare l’aspetto razionale e l’afflato poetico per realizzare abiti e oggetti di grande intensità.
Un’intensità che trova giusta collocazione, nella sua accezione anche antropologica, nel Museo delle Arti Decorative di Palazzo Madama, come espressione della creatività legata alla cultura del corpo e della figura umana. Una mostra destinata, come espresso dagli stessi organizzatori, ad essere itinerante anche all’estero, per fare auspicato ritorno nella “sua” Milano, dove ancora latita un doveroso Museo della Moda, come ricordato dalla curatrice.