Il Natale ci indica che un anno sta per terminare e che vale la pena fare dei bilanci e pensare a ciò che sarà il futuro. Non è semplice perché intorno a noi non ci sono situazioni di bellezza e di serena convivenza ma tanto male e tante situazioni di guerra, oppressione, disagio, difficoltà. Restiamo nel nostro ambito, nella città, Torino 2024 e oltre. Segnali di vita e segnali di stagnazione, di crisi. Alla fiducia si accompagna la paura. Repole da teologo e pastore è andato al punto ineludibile e misterioso dell’incarnazione: “Perché la parola eterna possa essere accolta e diventare fonte di speranza e comunione ci vuole un profondo silenzio. Viviamo il vero Natale quanto più ci allontaniamo da quello consumistico: nei giorni che lo precedono vedo ansia, frenesia, una corsa continua superiori agli altri periodi e che, finite le feste, lascia a volte un senso di svuotamento, anche di infelicità“.
Un silenzio ha perseguito il Cardinale Repole “che ci permette, ad esempio, di vedere meglio le moltissime solitudini che ci sono anche in questa città. La solitudine di tanti anziani, tanti malati, dei carcerati” osserva, sottolineando che il carcere “sembra una realtà estranea alla città” e su di esso i riflettori dell’opinione pubblica “si accendono quando succede qualcosa di tragico e poi lo si dimentica“.
Per Repole il silenzio del vero Natale “ci consente di ascoltare meglio la realtà e ciò che passa nel cuore degli altri. Fino a qualche tempo fa – dice – pensavo che l’empatia fosse una cosa abbastanza comune, ora mi sembra merce rara. Fare silenzio ci consente di accostare l’altro come altro, di chiederci cosa sta vivendo e di ascoltare le paure. Ci vuole il silenzio per poter vedere ciò che nel caos e nella fretta a volte sfugge, a volte anche a chi dovrebbe monitorare la realtà“.
Silenzio certo ma anche empatia, necessità di uscire da sè stessi per comprendere che tutti siamo chiamati ad una vita degna. Certo il lavoro che manca, il grande interrogativo dell’industria e qualche timida speranza per Stellantis, soprattutto le diseguaglianze sempre più accentuate tra chi ha molto e chi nulla, in una logica nella quale l’unica logica che definisce il mondo è il benessere dei pochi di una economia che non ha più al centro la persona. E infine la pace, la giustizia, la libertà di popoli e persone, donne e uomini che il Natale non lo passeranno in famiglia e nella gioia ma nel dolore più profondo.
Una lezione quella di Repole da interiorizzare e ascoltare in silenzio ma con il coraggio di osare e provare ad intraprendere nuove strade.
Luca Rolandi