Speranza Scappucci è di passaggio a Torino per dirigere Cenerentola, l’opera in due atti di Gioacchino Rossini in prima italiana al Regio con la regia di Alessandro Talevi.
Il melodramma giocoso La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo, questo il titolo completo, venne scritto da Rossini in soli tre settimane e, dopo la prima a Roma nel 1817, è stata una delle sue opere più rappresentate. La storia è quella della celebre Cendrillon di Perrault, con qualche modifica apportata dal librettista Jacopo Ferretti: la matrigna, è sostituita da un più buffo e borbottone Don Magnifico; niente fatina ma il filosofo Alidoro, mentre al posto della scarpetta di cristallo compare uno “smaniglio”, un braccialetto che Cenerentola lascia all’amato, prima di scappare da palazzo e ritornare a casa del patrigno senza essere scoperta.
Prima volta in città e una “prima” da ricordare, visto l’apprezzamento entusiasta del pubblico cittadino. Speranza Scappucci è una delle poche donne in Italia a salire sul podio, ha debuttato quattro anni fa a Yale con una produzione del Così fan tutte, dopo un lungo periodo di formazione al fianco di direttori quali Riccardo Muti, Seiji Ozawa, Zubin Mehta, James Levine. Dal Lincoln Center di New York alla Royal Liverpool passando per il Macerata Opera Festival.
Incontrandola, conquistata dalla bellezza della città, racconta di come sia volata via a diciannove anni, un mese dopo la fine del conservatorio, da Roma per New York e quanto insieme a fatica e dedizione sia stata la sua fortuna, l’occasione per potersi affermare. Parliamo subito di cinema, il premiato Youth di Sorrentino ha per protagonista un direttore d’orchestra ritiratosi dalle scene, scegliere un direttore come protagonista di un film può essere un buon modo di portare la il messaggio della musica al pubblico che non frequenta i teatri.
Scappucci rivela di non aver visto il film ma è sicura che il cinema, come la programmazione di opere liriche sul grande schermo, Rai 5, o il web siano comunque possibilità utili a conoscere, ad allargare le possibilità di far arrivare la musica sinfonica a pubblici nuovi, in particolare modo ai più giovani. Naturale da qui arrivare a parlare della musica contemporanea, di quegli autori, che faticosamente cercano spazio.
Specifica che dipende dal paese di cui si parla, l’America, dove vive, sostiene la produzione di opere dei propri autori e concede, grazie agli sponsor, molte opportunità ai compositori. Le istituzioni musicali commissionano nuovi pezzi e li programmano all’interno dei loro cartelloni; artisti invitati a progetti di composer in residence in cui produrre musica, scriverla. Racconta di un festival a Santa Fè in Messico, dove un’opera inedita titolata Could mountain scritta da Jennifer Higdon sulla guerra civile, l’ha molto colpita per la qualità e vista, ascoltata più volte.
Tra Italia ed estero c’è una differenza sostanziale o no?
Speranza Scappucci ritiene che no, non c’è una così grande differenza, qui siamo più estrosi, più vitali, all’estero talvolta più ordinati. Dell’esperienza con il Regio è molto soddisfatta lo ha trovato efficientissimo, molto serio, con un clima di gran rispetto tra professionisti.
Chi riesce all’estero, pare sempre eccezionale. E’ così ?
La risposta è un feroce e saggio diktat, aiutare i giovani quando sono giovani. Dare un futuro, opportunità, concorsi, non obbligarli a scappare. Cita la propria famiglia, di quattro fratelli, tre vivono all’estero.
E la musica come è arrivata nella sua vita?
L’amore per la musica è nato in famiglia, si respirava musica in casa, una atmosfera particolare, abbiamo studiato tutti ma soltanto io ho scelto la professione.
Conductor, questo il vocativo con cui si definisce un direttore, ci si ritrova ?
Gli inglesi hanno scelto la parola giusta, né maschile né femminile, non comando ma guida, deve ispirare, condurre, non dev’essere un condottiero.
Il sorriso e l’energia di quest’artista sono contagiosi, trasmettono serenità e coraggio insieme. Come la fiaba rossiniana che con tocco sicuro trasporta fino al suo lieto epilogo.
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