Il 14 ottobre 2022 si svolse l’inaugurazione del grattacielo della Regione Piemonte, in quella che è divenuta Piazza Piemonte. Vi parteciparono il Presidente della Giunta Regionale Alberto Cirio e l’attuale Sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Nelle recenti elezioni al governo della Regione Alberto Cirio è risultato nuovamente vincitore rimanendo in vetta alle preferenze di voto e al grattacielo; ufficio posizionato al quarantesimo piano.
L’altezza complessiva dell’edificio è circa 205 metri (quasi 40 metri più della Mole Antonelliana), ogni lato della Torre, a base quadrata, misura 45 metri e la superficie complessiva è pari a circa 80.000 metri quadrati.
Inutile ripercorrere la difficile e tribolata storia di questo figlio rinnegato dal suo progettista: Massimiliano Fuksas. Tra ritardi, omissioni, errori, rifacimenti con altri materiali, processi, in onore al peggiore stile italiano di mandare a catafascio le cose. Alla fine dopo undici anni dall’inizio lavori la struttura c’è. Bianca, solitaria, un po’ lunare, confinata ai margini del quartiere Nizza Millefonti, poco amata e vissuta più come un obbligo che come una novità dai dipendenti della Regione, che uscendo dalla metro attraversano il piazzale nudo e vuoto che circonda l’edificio.
Il grattacielo è tra le ultime costruzioni imponenti della città, tuttavia non ha suscitato particolari domande o riflessioni. Non ha ricevuto la colpa di essere l’artificiosa ostentazione del potere, nemmeno rappresenta una particolare connotazione ideologica, tantomeno pretende la veicolazione di un messaggio intrinseco di qualche genere.
Accade che le democrazie abbiano le stesse probabilità dei regimi totalitari di impiegare l’architettura come strumento di governo, di stabilire un parallelo psicologico fra il marcare un territorio per mezzo di un edificio e l’esercizio manifesto del potere politico. Non sembra che ciò sia accaduto a Torino.
Anche se la rappresentazione della democrazia avviene anche attraverso i simboli. E un grattacielo lo è.
Per quanto l’indifferenza sabauda lo abbia esiliato dai commenti e dal proprio orizzonte l’ergersi austero verso l’alto, completamente vetrato ma invisibile all’interno, certo non è il Deutscher Bundestag di Berlino, il grattacielo rigido e freddo non incarna certamente l’idea di una democrazia. I piani alti per chi comanda e a seguire in ordine d’importanza. Un non so che di mega direttore di fantozziana memoria aleggia sull’attico in segno di assoluto distacco.
Il Presidente Cirio pare inaccessibile, collocato su un nido d’aquila, con un giro vista affascinante ma in cui tutto perde dimensione e realtà.
E questo malgrado l’uomo non sia minimamente altezzoso, anzi. Della vicinanza ai cittadini e al famigerato territorio ne ha fatto uno stile e un modus operandi che gli è generalmente riconosciuto anche dai suoi detrattori.
Viene spontaneo, genuino, schietto a questo punto di suggerire, senza insolenza, al Presidente Cirio, di scendere dal quarantesimo piano, di allocare il suo ufficio al secondo o al terzo piano, raggiungibile anche quando gli ascensori non funzionano.
Soprattutto un poco più vicino a coloro che nella importante carica rappresenta; raggiungibile nei fatti e idealmente.
Sapere che è ad un piano più basso trasmetterebbe, per parallelo democratico, che possa vedere i problemi e le necessità da un osservatorio meno elevato, più prossimo, meno distante, mutando altresì l’impatto della comunicazione del proprio ruolo.
Un gesto di ri-conciliazione tra architettura e potere, tra chi rappresenta le istituzioni e coloro che vi confidano.