Io, come forse molti, nel flusso incessante di notizie concitate provenienti da est, siamo rimasti un po’ sorpresi dalla deflagrazione degli eventi. Non che non avessimo cognizione di quanto andava maturando sullo scacchiere della geopolitica globale, ma non ci saremmo aspettati che il bubbone scoppiasse all’improvviso e che ci gettasse addosso, in un’unica soluzione, tutto il suo marciume.
A valutazioni si accavallano notizie e valutazioni; illustri politologi ed onnipresenti commentatori adusati a volgersi dalla virologia alla politica, non risparmiandoci note etiche e appunti di arte militare, ci propongono ogni giorno ricette e strategie più o meno praticabili che spaziano dal più ingenuo ed imbelle pacifismo, fino alla soglia di un confronto con un mondo che vorremmo non esistesse.
Il mondo delle democrature e delle dittature peraltro è più vegeto che mai, tanto da far apparire quello delle democrazie (liberali di tradizione occidentale) un’isoletta felice, una sorta di Disneyland in un universo di brutture e ciò che fino ad oggi questo nostro mondo gaio, giusto, spensierato e ‘politically correct’ ha inflitto ai cattivi di turno, sono delle conclamate tremendissime sanzioni.
Non intendo qui parlare di quanti in questo momento sono sotto le bombe e sopportano mille privazioni, dovendo fronteggiare un’invasione degna delle peggiori orde asiatiche di storica memoria, opponendosi quasi a mani nude ad una violenza inaudita: voglia ad essi la storia rendere giustizia e la memoria conservare il loro immenso valore!
Mi chiedo qui, sulla scorta delle ultime vicende, che effetto abbiano tutte queste sanzioni nei confronti della Russia. Tutti sono impegnati a dimostrarci quanto questi provvedimenti nel breve e nel più lungo periodo danneggeranno la Russia. Nessuno o quasi si è impegnato a dirci quanto queste sanzioni danneggeranno noi.
La questione del caro bollette è nota e tutti, privati, aziende, enti pubblici ecc. stiamo facendo i conti con esse e con il rincaro più in generale delle materie prime (grano compreso).
I media economici ci informano di quanto il rublo abbia perso valore nei confronti dell’Euro e del dollaro USA: nessuno si prende la briga di fare un raffronto tra questa perdita di valore per i russi e a quale valore siano precipitati i nostri mercati azionari ed, in generale, i corsi dei nostri valori mobiliari.
Nessuno fa previsioni attendibili su quanto dovremo decurtare la nostra ripresa economica, che sembrava finalmente fare capolino dopo essere affondata per due anni nel precipizio della pandemia. Nessuno ci dice a quanto salirà l’inflazione reale che andrà a decurtare drasticamente il potere di acquisto dei nostri risparmi bancari e non.
Ci informano che abbiamo scollegato la Russia dal sistema SWIFT dei pagamenti internazionali per mettere all’angolo la sua economia; non abbiamo peraltro scollegato da tale sistema le due banche russe verso cui confluiscono i nostri pagamenti di gas russo, in quanto temiamo che la Russia non ce lo fornisca più ed al momento tale gas rappresenta circa il 40% delle nostre forniture energetiche complessive. Ultimamente abbiamo ancora incrementato tali forniture (estendendole anche al petrolio russo), arricchendo una volta di più chi dovevamo punire.
Abbiamo pensato di punire anche gli oligarchi vicini a Putin con sanzioni personali, auspicando che il danno materiale di quelli potesse indurli ad un’improbabile congiura di palazzo, tesa a deporre l’autocrate. Temo invero che dopo vent’anni di regime putiniano al Cremlino non sappiano neanche più pronunciare la parola oppositore.
Mi riesce difficile pensare che prima dell’invasione dell’Ucraina il cerchio magico dell’autocrate non sia stato opportunamente informato ed abbia preso le opportune contromisure.
Apprendo che in un’inedita propensione sanzionatoria anche la Svizzera (che, memore del detto ‘pecunia non olet’, ha sempre offerto un porto sicuro ai capitali di nazisti, comunisti, ebrei in fuga, narcotrafficanti, dittatori africani, asiatici ed evasori di ogni sorta e tipo) ha inteso emanare sanzioni contro i russi invasori e suppongo che l’avrà fatto, secondo la migliore tradizione svizzera, accompagnando i propri clienti alla porta con l’indicazione di come e dove spedire le proprie ricchezze. I paradisi fiscali e finanziari di Dubai, dei Caraibi e degli altri paesi in giro per il mondo che con compiacenza offrono efficienza, protezione e segretezza (Cina compresa) stanno festeggiando come non mai.
Anche le criptovalute, che ultimamente hanno vissuto vicende alterne, sembrano essere tornate utili, in quanto offrono una garanzia pressoché totale di intracciabilità.
Non voglio dilungarmi nel fare la storia politica recente del mondo occidentale. Rilevo soltanto che ad un’improvvida Merkel, che per favorire gli interessi tedeschi uber alles, si è legata mani e piedi alle forniture russe (con effetto domino su tutta l’Europa), sull’altra sponda dell’Atlantico le hanno fatto buona compagnia una sequenza di presidenti americani di scarsa levatura, con Biden da ultimo.
Negli anni ’60 del ‘900, durante la crisi di Cuba, a chi minacciava di brandire l’arma totale, si è risposto con fermezza che l’avrebbero assolutamente fronteggiata.
La mancanza di una leadership di qualche spessore nel mondo occidentale è palese, tant’è che non si riesce a fronteggiare nemmeno autocrati di media caratura come Erdogan.
L’Italia, solo ora, faticosamente, non avendolo mai fatto prima in maniera sistematica, sta cercando di approntare un piano energetico, ricercando fornitori prevalentemente nel mondo arabo, ivi compresi quei paesi che direttamente od indirettamente hanno sostenuto i Talebani ed i peggiori gruppi terroristici che hanno imbrattato di sangue e seminato il terrore in molte parti del mondo (occidente compreso) e devastato paesi come l’Iraq, la Siria, lo Yemen, l’Afghanistan (di cui troppo presto ci siamo dimenticati).
Economisti e politologi (senza dimenticare che la diplomazia italiana è colta e preparata) dovrebbero adeguatamente pianificare la nostra economia in funzione delle sfide future. Le sfide future, peraltro, verosimilmente, non saranno quelle di un impendente salto tecnologico, ma quelle di una prospettiva sempre più vicina ad un confronto armato, che potrebbe anche sfociare in una guerra a tutto campo. Capire sin da ora dove ci possa portare un’economia di guerra sarebbe utile a tutti.
Sacrificare il popolo Ucraino (come abbiamo fatto con quello Afghano) per il nostro miope ed immediato tornaconto non ci sarebbe altrettanto utile, perchè dopo l’Ucraina sarà il turno di qualche paese appartenente alla NATO e l’inevitabile accadrà. E’ la storia del lupo e dell’agnello di esopiana memoria!
L’Europa sembra finalmente prendere coscienza di questa minaccia, anche se al momento, in un confronto con controparti determinate, appariamo più come i cavalieri sibariti schierati in battaglia, i cui cavalli, al suono del flauto astutamente suonato dal nemico, disarcionarono i cavalieri e si misero a danzare, avvezzi come erano al lusso ed ai fasti e non alla guerra. Inutile dire che i cavalieri furono trucidati sul campo.
‘Estote parati’! Comunque vadano le cose con la Russia, questo non è il vero confronto che il mondo occidentale sta vivendo. La sfida incombente e combattuta senza esclusione di colpi (per ora solo sul piano economico, politico e diplomatico) è quella con la Cina, che vede ogni giorno gli Stati Uniti impegnati in nuove iniziativa volte a contenere il dragone asiatico.
Ho fede nelle enormi risorse materiali e prevalentemente intellettuali del mondo occidentale, ma non sono certo di quale sarà l’esito di una sfida così complessa e globale e destinata a durare nel tempo.
Chiudo queste note con un ricordo personale. Nel 2019 fui invitato a Kiev alla maggiore rassegna d’arte in Ucraina. Incontrai molte persone interessanti ed aperte e qualche artista di buon livello, in questo paese composito e complesso (che subito mi sembrò in questo molto simile all’Italia). Fui piacevolmente sorpreso dalla volontà, allo stato embrionale, di fare di Kiev una destinazione per l’arte contemporanea. Ricordo gli ampli spazi della città e una bellissima navigazione sul Dnieper, questo immenso fiume che dà respiro alla capitale del paese, tra canti, musica, artisti e voglia di esprimersi. Voglia di esprimersi e libertà di manifestare e comunicare come solo l’arte a volte riesce a fare in maniera forte e completa. Ora so da dove veniva quel desiderio di libertà e quell’aspirazione.
Roberto Perugini