E’ il 27 ottobre prossimo, in occasione del decimo anniversario di attività dell’azienda di interior design Sbit-In, che inaugura il nuovo spazio espositivo Hangar Sbit-In con la mostra monografica di Tommaso Tosco In-Between, a cura di Elena Inchingolo.
Tommaso Tosco (Santena, 1957), ceramista e artista poliedrico, presenterà, in un excursus cronologico, le prime opere installative, in ceramica, degli anni Ottanta unitamente alle realizzazioni più recenti in acciaio corten.
A partire da un’attenta ricerca sulla materia, alla fine degli Anni Settanta, Tosco si dedica alla scultura e alle grandi installazioni, iniziando proficue collaborazioni con alcune gallerie d’arte contemporanea in Torino, come la Galleria Martano – che già seguiva il lavoro di Nanni Valentini – e la Galleria Luisella D’Alessandro.
Collaboratore e amico di Nanni Valentini, dal quale apprende le conoscenze tecniche e la cultura della ceramica, nonché appassionato fruitore di musica contemporanea – dai Landscapes di John Cage alle sonorità new wave dei Talking Heads, alle composizioni sperimentali di Morton Feldman – trasferisce nella sua opera il rigore e l’essenzialità delle forme unitamente all’estro per la sperimentazione sulla materia.
Nonostante l’avviata carriera dai fortunati esiti, alla fine degli anni Ottanta, Tosco si allontana dal sistema dell’arte per motivi personali, continuando, in autonomia, a esperire la ceramica e i metalli.
In mostra opere storiche come, tra le altre, Take me to the river (1986), installazione composta da circa 30 elementi in terracotta e pietra di Luserna, omaggio al componimento omonimo dei Talking Heads a confronto con SLIT, la serie di lavori più recenti, frutto di una “rinnovata linfa espressiva” – come lo stesso Tosco sostiene. Qui la lacerazione al centro dell’opera, da cui deriva il titolo, evoca fenomeni naturali, come spaccature della terra, saette del cielo e profonde dicotomie dell’anima. Si tratta di poderose sculture di dimensioni variabili, in acciaio corten, con inserzioni e saldature in argento, realizzate in collaborazione con l’orafo Mauro Bonafede.
Collaborazione che ha avuto inizio nel 2013, insieme a Franco Mello, per la creazione di alcuni gioielli scultura in acciaio corten, che entrarono a far parte del progetto Sfioro insieme a gioielli, in tiratura limitata, di artisti come Michelangelo Pistoletto, Emilio Isgrò, Mimmo Paladino e Marco Gastini.
In occasione della mostra, visitabile fino al 23 dicembre, sarà pubblicato il libro d’artista Tommaso Tosco. In-Between, in edizione bilingue (italiano/inglese), a cura di Franco Mello, con testi di Elena Inchingolo, Francesco Poli e Henrik H. Sørensen ed un inserto fotografico di Pino Dell’Aquila.
Abbiamo rivolto alcune domande alla curatrice per meglio raccontare il significato del progetto espositivo.
Perché In-Between?
Nell’opera di Tommaso Tosco si coglie il desiderio di dar rilevanza al significato compositivo dell’installazione in confronto dialogico con lo spazio e con la percezione del fruitore, in un “equilibrio instabile”. Riferendosi a quella sensazione di indefinitezza propria di colui che si trova nel mezzo. E Morton Feldman compositore statunitense la cui musica accompagna il processo creativo di Tosco, proprio così descriveva la sua musica: “[…] Le mie composizioni non sono affatto ‘composizioni’. Si potrebbe paragonarle a una tela temporale. Dipingo questa tela con colori musicali. […] I concetti, tempo e spazio, sono stati impiegati nella musica e nelle arti figurative come in matematica, letteratura, filosofia e scienza. […] Al mio lavoro preferisco pensare così: tra le categorie. Tra tempo e spazio. Tra pittura e musica. Tra costruzione della musica e la sua superficie”. Direi che anche il processo costitutivo dell’opera di Tosco si configura come un costante essere “IN-BETWEEN”.
Quali tra le opere in esposizione ritiene più significative per apprezzare l’opera di Tosco?
Sicuramente Come una fiamma violenta nei nostri cuori (1987), opera concepita in sette elementi in terracotta, evocativi di teste stilizzate, che ritengo fondamentale per comprendere il milieu culturale dei primi anni Ottanta e la lezione autentica di Nanni Valentini; l’installazione Rebis o Due Soli, qui riproposta reinterpretando il processo costitutivo e formale dell’opera datata 1987, che prevedeva oltre a due elementi tondi in metallo, in sospensione, un mandala di silice colorata e un wall painting e The last big slits, 2017, tre poderose sculture in acciaio corten, saldature in argento e ferro alte più di due metri e mezzo. La prima opera dimostra la passione per Tosco nel plasmare la terra attraverso cui – egli stesso afferma – “mi sento nel divenire delle cose”. La seconda opera si rifà a matrici filosofiche taoiste in cui il Rebis si configura come unione originaria, rappresentazione dell’essere spirituale che ha raggiunto la perfezione attraverso l’armonia tra i principi maschile e femminile, rappresentando, quindi, la riuscita sulle difficoltà e la riconciliazione finale. La terza, invece, fa parte della rinnovata ispirazione creativa dell’artista, che ha pensato di sovradimensionare alcune suggestioni già anticipate nel prototipo di un gioiello scultura realizzato nel 2013.
Se dovesse definire l’opera di Tommaso Tosco in tre parole?
Dicotomica, rigorosa, senza tempo.