Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Torino capitale dei diritti civili. Si potrebbe riassumere con questo slogan l’inizio della campagna referendaria per legalizzare l’eutanasia.
Lo scorso 17 giugno è partita in tutta Italia la raccolta firme dall’Associazione Luca Coscioni, organizzazione fondata nel 2002 da Luca Coscioni, malato di sclerosi multipla ed attivista politico. Nella sua vita riuscì, tra le altre cose, a coinvolgere più di 70 premi Nobel per un appello sulla libertà di ricerca scientifica.
“Dal corpo dei malati al cuore della politica” è il motto dell’Associazione Luca Coscioni che sta tentando di introdurre anche in Italia il diritto a una morte degna.
In questa sfida la prima Capitale d’Italia si scopre protagonista. Lo scetticismo per un tema “divisivo” e il rispetto del politicamente corretto farebbero presagire freddezza fra la cittadinanza torinese ed invece in appena dieci giorni si sono sfiorate le 2000 firme raccolte.
Ne serviranno almeno 500.000 in tutta Italia per chiamare alle urne i cittadini italiani su un tema che divide la politica politicante da almeno 38 anni. Risale infatti al 1983 la prima proposta di legge per l’eutanasia in Parlamento, presentata da quel Loris Fortuna che insieme ad Antonio Bastoni viene considerato il padre della legge sul divorzio.
Ad oggi la staffetta della battaglia per il diritto a scegliere una morte degna è passata di mano a Marco Cappato, leader di estrazione radicale che è passato agli onori della cronaca per aver accompagnato in Svizzera diversi malati compiendo una vera e propria disobbedienza civile, ovvero autodenunciandosi per aver violato la legge italiana.
Il caso più clamoroso fu quello di Fabiano Antoniani, in arte DJ Fabo, rimasto tetraplegico dopo un incidente stradale e che ha ottenuto grazie a Marco Cappato di terminare la propria vita tramite suicidio assistito in Svizzera nel 2017. Da quella vicenda Cappato ha subito un processo con conseguente assoluzione e intervento della Corte Costituzionale. Tutto ciò non è bastato per far muovere il Parlamento che di buona morte non vuole proprio discutere.
Da qui la necessità della battaglia referendaria. Se saranno raccolte fino al 30 settembre almeno 500.000 firme in tutta Italia, i cittadini italiani saranno chiamati a depenalizzare parte dell’art 579 del codice penale che limita l’autodeterminazione della persona malata grave.
La città avanguardia dei diritti civili, delle seimila firme raccolte sullo stesso tema nel 2013 ma rimaste lettera morta in Parlamento, si appresta a coprirsi di banchetti dove poter sottoscrivere il quesito referendario.
A Torino, per ora, sono scesi in strada l’Associazione Luca Coscioni, l’associazione radicale Adelaide Aglietta, il partito paneuropeo Volt e alcuni consiglieri comunali e regionali del Movimento Cinque Stelle. La platea dei promotori a livello nazionale è più ampia e la speranza è che si allarghino le fila di coloro che vogliano portare avanti questa battaglia liberale e laica e, chissà, che possa diventare anche un argomento dell’imminente campagna elettorale torinese.
Andrea Turi
Referente Torinese Referendum Eutanasia Legale