Torino Domani
GazzettaTorino, ha deciso di raccogliere opinioni, pareri, punti di vista, sul futuro della città, rivolgendo sei domande, sempre le stesse, a persone impegnate a diverso titolo nella società, nella politica e nella cultura, su un tema rilevante del dibattito pubblico, a nostro avviso trascurato: la Torino di domani.
La città appare in questo momento, come si suol dire “sotto lo zelo di Abramo”, ossia pronta ad essere sacrificata senza sapere bene per chi o per che cosa. E noi, come Isacco, vorremmo che alla fine si salvasse.
Alberto Morano è titolare e fondatore dello studio Notai Piemontesi Associati, attualmente è capogruppo in consiglio comunale, lo ringraziamo per la partecipazione a Torino Domani.
Dopo un viaggio all’estero, al rientro la città e talvolta l’Italia tutta appare più piccola, bloccata, come fosse imprigionata dentro ad un incantesimo cattivo. Prova anche lei questa sensazione, e se la risposta è si da cosa reputa sia dettato questo sentimento.
L’aggettivo imprigionata rende perfettamente l’idea della percezione che si ha di questo nostro capoluogo ricco di storia che nel corso dei secoli ha visto avvicendarsi periodi più o meno prosperi, ma che sempre hanno lasciato un’impronta plasmando la Torino che oggi conosciamo. Chi visita per la prima volta la nostra Città rimane affascinato da quell’eleganza sabauda tanto decantata che la contraddistingue per antonomasia, ma deluso dall’apprendere che l’avanguardia, l’innovazione dei servizi al cittadino e la presenza dei grandi marchi della moda non abitano qui. E le potenzialità inespresse e intrappolate in una visione miope legate alle scarse facoltà di chi oggi è al timone di questo Comune non fanno sicuramente presagire un progresso. Ed ovviamente questo disagio lo prova anche chi vive in Città abitualmente.
Sono molteplici gli aspetti sui quali solo avviando dei provvedimenti seri e decisi si può credere che Torino riprenda la corsa e torni ad essere competitiva.
A partire dal potenziamento delle politiche del welfare con dei sussidi concreti alle fasce più vulnerabili ed ai giovani che vorrebbero metter su famiglia, ma che si scontrano con oggettive difficoltà, gli asili nido rappresentano un costo elevato, non sempre si ha la certezza di poter accedere nei tempi per rientrare regolarmente al lavoro e da qui scaturisce una serie concatenata di ostacoli complicati e limitanti.
Occorre aprire la Città allo sviluppo e all’occupazione, incentivando potenziali investitori, creare aree no-tax per il commercio ed anche gestire in modo intelligente il piano delle manifestazioni e delle fiere sul territorio, contestualizzando la tipologia di evento al luogo nel quale si svolge, non si può imporre a quei già pochi marchi del lusso che investono su via Roma la presenza di bancarelle di merce usata fuori dal proprio punto vendita, perché, tra l’altro, viene meno il valore delle rispettive offerte.
Ed ancora, è necessario avviare un piano di rigenerazione urbana al fine di migliorare gli standard architettonici e paesaggistici, il mercato immobiliare godrebbe di più ampio respiro. E poi è fondamentale lavorare ad un bilancio sostenibile e senza sprechi e assumere un impegno deciso contro criminalità e degrado. Prima si riparte con un risanamento serio e complessivo della Città, prima i Torinesi miglioreranno la qualità di vita.
Il dibattito sul futuro di Torino, su cosa voglia divenire, cosa ambisca a rappresentare, quale tipo di identità desideri per se ed i suoi abitanti sembra inabissarsi e virare ad un pensiero che verte solo sui conti, sui debiti, sulle spese; una grande liquidazione dei progetti e dei sogni. Come siamo arrivati a questo?
Il risanamento dei conti della Città e delle partecipate è il pilastro da cui partire per avviare un processo di innovazione e sviluppo in ogni settore.
Non si può esulare da un bilancio sano, che taglia drasticamente gli sprechi e preveda un metodo di gestione razionale e concreta di Enti, Fondazioni e servizi al cittadino per innestare un meccanismo di crescita e benessere tangibile per tutti. Per troppo tempo sono state sperperate tante risorse pubbliche senza usare il criterio del buon padre di famiglia.
E poi, chi ha la forza economica per allocare un’attività in una determinata zona analizza sotto ogni profilo le peculiarità che essa offre. E’ necessario attivare degli strumenti economici per incoraggiare i vari settori industriali che creano occupazione, dal tessile, al design, all’artigianato di qualità, a credere che Torino ed il Piemonte siano un territorio fertile, perché lo sono.
Tutto ciò però, non può prescindere dai collegamenti, il mio è un chiaro riferimento alla TAV, la nostra regione ne uscirebbe devastata se malauguratamente l’opera venisse bloccata, ed inoltre, una forte penalizzazione deriva anche dai collegamenti aerei. Mancano.
Cosa sarebbe opportuno fare per ripristinare fiducia, grinta, carattere, alla città ? Trovare un modello da seguire, che so Amsterdam o Londra, per dinamismo e opportunità, o dobbiamo individuare e inventarci un’altra strada ?
Non ci si può estraniare dalla contemporaneità, tutto cambia e si evolve, è fondamentale rendere Torino attraente per i giovani che sono i fautori del futuro. Viviamo in una città a misura di artista, si presta ad ambientazioni cinematografiche e può essere una grande fonte di ispirazione per influencer e desiner, ha un carattere sobrio ed eclettico allo stesso tempo, ma bisogna saperla vendere e dare gli strumenti necessari affinchè diventi un punto di riferimento internazionale.
La politica possiede ancora la capacità di coinvolgere e costruire un’appartenenza, ha perduto la pietra focaia che accende passioni o, semplicemente ha smesso di usarla?
Credo che la politica per un certo periodo abbia perso il contatto diretto con la “base”. Gli elettori si sono sentiti traditi e abbandonati non riscontrando azioni concrete da parte di coloro verso i quali avevano riposto fiducia. E queste aspettative mancate hanno inasprito anche chi convintamente trovava appartenenza in un movimento politico. Considerando lo stato attuale, non vi è dubbio alcuno che i leader che oggi sono al governo, che risultano continuamente vincenti nei sondaggi, sono stati in grado di captare il malcontento della gente e, in alcuni casi, tradurlo dalle parole ai fatti, per dirla come Salvini.
A cosa attribuisce il fatto e la responsabilità di non vedere e sottostimare le cose meritevoli e buone del nostro paese?
Il nostro è il più bel Paese del mondo, la magia dei borghi, lo splendore delle città d’arte, i luoghi di villeggiatura che ogni anno vengono presi d’assalto dagli stranieri che amano la cucina italiana, il saper vivere e la qualità dei nostri prodotti sono una ricchezza inestimabile. Se solo si riuscisse ad operare una gestione virtuosa dell’ordinaria amministrazione, penso ad esempio al problema della pulizia delle città come la spazzatura a Roma o la gestione dei mezzi pubblici malconci e che non coprono le reali esigenze degli utenti, saremmo già ad un livello di tolleranza accettabile da molti.
Il compito degli amministratori è proprio quello di saper valorizzare, promuovere e rendere accessibili le eccellenze e i punti di forza del proprio territorio, se questo non avviene, vuol dire che non si è in grado di governare.
C’è un libro, un film, o uno spettacolo teatrale, che a suo dire rappresenti al meglio il nostro tempo e prefiguri un indizio interessante per il domani ?
Il libro che mi sembra offra spunti di interesse per comprendere la situazione in cui si trova l’Italia oggi dove la democrazia compiuta e matura sta lasciando il posto ad un sistema leaderistico è Psicologia delle folle di Gustave Le Bon del 1895.
L’autore in sintesi evidenzia il ruolo delle masse sottolineando che le stesse permeate da sentimenti autoritari e di intolleranza – creano un inconscio collettivo attraverso il quale l’individuo si sente deresponsabilizzato e viene privato dell’autocontrollo, ma che rende anche le folle tendenti alla conservazione e orientabili da fattori esterni, in particolar modo dal prestigio e dal carisma di singoli individui all’interno della massa stessa.