GazzettaTorino, ha deciso di raccogliere opinioni, pareri, punti di vista, sul futuro della città, rivolgendo sei domande, sempre le stesse, a persone impegnate a diverso titolo nella società, nella politica e nella cultura, su un tema rilevante del dibattito pubblico, a nostro avviso trascurato: la Torino di domani.
La città appare in questo momento, come si suol dire “sotto lo zelo di Abramo”, ossia pronta ad essere sacrificata senza sapere bene per chi o per che cosa. E noi, come Isacco, vorremmo che alla fine si salvasse.
Bruno Segre è un avvocato, è stato partigiano, giornalista e politico e da poco ha compiuto cento anni. Lo ringraziamo per la partecipazione a Torino Domani.
Dopo un viaggio all’estero, al rientro la città e talvolta l’Italia tutta appare più piccola, bloccata, come fosse imprigionata dentro ad un incantesimo cattivo. Prova anche lei questa sensazione, e se la risposta è sì, da cosa reputa sia dettato questo sentimento.
Dopo un’assenza prolungata dall’Italia, allorché rientro in patria mi vengono automaticamente alla memoria i versi di Metastasio “Bella Italia – amate sponde – pur vi torno a riveder – trema il petto – e si confonde – l’alma oppressa dal piacer”. Quando poi torno a Torino, mi avvolge un sottile pensiero di appartenenza e fedeltà. Una gran voglia di rendere più visibile la città, che possiede aree da scoprire e valorizzare. Insomma, essendo cosmopolita, mi sforzo di confrontare Torino alle grandi metropoli cercando di accertare le sue manchevolezze.
Il dibattito sul futuro di Torino, su cosa voglia divenire, cosa ambisca a rappresentare, quale tipo di identità desideri per se ed i suoi abitanti sembra inabissarsi e virare ad un pensiero che verte solo sui conti, sui debiti, sulle spese; una grande liquidazione dei progetti e dei sogni. Come siamo arrivati a questo?
Indubbiamente Torino ha cambiato volto da città industriale a città cultuale, ove pulsano sempre nuove iniziative nei settori delle mostre artistiche, dei teatri, dei cinema, dei concerti, dei libri, dello sport, delle scienze. Tutto ciò implica dibattiti sulle spese, sui debiti, sui progetti. E’ fisiologico questo dibattito, che si sviluppa però con eccessiva lentezza e produttività rispetto a quanto avviene a Milano, metropoli pilota per l’intero Paese. In Italia ogni 100 giovani ci sono 170 anziani che diventeranno 217 nel giro di una decina d’anni. Se dunque l’età si allunga occorrono investimenti e nuove tecnologie per sostenere le spese finalizzate alla salute degli anziani.
Cosa sarebbe opportuno fare per ripristinare fiducia, grinta, carattere, alla città? Trovare un modello da seguire, che so Amsterdam o Londra, per dinamismo e opportunità, o dobbiamo individuare e inventarci un’altra strada?
E’ impossibile mutare carattere alla città. La sua identità, confermata dalla storia e dalla cronaca, deve restare così com’è. Il motto idiomatico “bougianen” è il suo vanto e il suo limite. Io sono felice di vivere in una città che ha le caratteristiche attuali, senza i pregi e i vizi di Londra o di Amsterdam. Chi ricorda l’invito “adelante Pedro con juicio”?
La politica possiede ancora la capacità di coinvolgere e costruire un’appartenenza, ha perduto la pietra focaia che accende passioni o, semplicemente ha smesso di usarla?
Quanto succede in Italia si ripete a Torino: la politica ha perso lo sprint di un tempo, come i giornali hanno perso i lettori. Esiste un appiattimento che confina con l’inerzia, l’indifferenza, la confusione. C’è solo la questione della TAV che accende gli animi. Tutto il resto è silenzio.
A cosa attribuisce il fatto e la responsabilità di non vedere e sottostimare le cose meritevoli e buone del nostro paese?
In realtà non mi sembra che i torinesi e i turisti sottostimino le cose meritevoli e valide di Torino. Anzi, nelle Circoscrizioni, nelle lettere ai giornali i cittadini criticano le carenze e sollecitano i rimedi, mirando ad una città perfetta nella sua gestione.
C’è un libro, un film, o uno spettacolo teatrale, che a suo dire rappresenti al meglio il nostro tempo e prefiguri un indizio interessante per il domani ?
In molti film, fiction TV, libri, giornali, non manca lo spunto per costruire un futuro migliore, che tutti anelano. Ma è dentro di noi la via per migliorare la città, stimolare investimenti e consumi, rispettare tradizioni e costumi. Gli inglesi cantavano marciando in guerra un motivetto devenuto famoso “It’s a long way to Tipperary, a long way to go …”. Era nostalgia e sfida. Esso deve valere anche per noi.