Il rapporto tra violoncello e suite è un mondo a se stante. Affrontato con particolare attenzione e devozione da grandi interpreti, rinnova ogni volta la strepitosa sontuosità di Bach e la forza da aerostato della musica di staccarsi dall’epoca in cui è stata composta per imporsi con audacia e pathos tutte le volte che viene eseguita.
Commentando le Suite per violoncello solo, Sergio Sablich, raffinato musicologo, musicista, saggista e critico, diceva «si mescolano ogni volta stupore, ammirazione, smarrimento, perfino sgomento: per come sia possibile concentrare in un solo strumento, per di più prima di Bach estraneo al solismo, tale qualità e varietà di tecnica e di invenzione, di gioco e di spirito, di razionalità e di poesia. […] Nelle sei Suite per violoncello, rimaste isolate e irraggiungibili nella loro altezza strumentale e concettuale, si resta ogni volta sbalorditi di fronte all’ardire, a tratti quasi irreale, a cui viene piegata la mole massiccia del violoncello, la sua ombrosa voluminosità. Ma ancor più a colpire sono la profondità, la severità e l’austerità intellettuale unite alla cordialità e all’effusione del sentire, scaturendo dalla medesima tensione verso i confini del possibile strumentale».
Sarà per questo che dopo il successo del recital di marzo, mercoledì 15 maggio 2019 al Conservatorio Giuseppe Verdi, l’Unione Musicale presenta il secondo e ultimo concerto dedicato all’esecuzione integrale delle Suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach. L’impresa è affidata a Massimo Polidori, primo violoncello dell’Orchestra del Teatro alla Scala dal 2001.
L’esecuzione integrale delle Suite per violoncello solo costituisce sempre un’esperienza di valore eccezionale, sia per l’interprete – che si sottopone a un intenso impegno non solo musicale, ma anche spirituale, intellettuale e fisico – sia per l’ascoltatore che ha la fortuna di beneficiarne, al quale è richiesta la disponibilità ad andare in profondità, per scavare nell’anima di uno stesso autore e di una sola opera.
Lo stesso Polidori ha dichiarato in una recente intervista: «Per Bach –– ho un amore irrefrenabile, che mi accompagna fin dagli anni dell’adolescenza. È in assoluto il compositore che mi commuove di più, che mi scuote dall’interno. Quando studio la sua musica non mi accorgo del tempo che passa. E, solo mentre eseguo Bach, a volte riesco a essere contemporaneamente esecutore, spettatore e critico di me stesso: è quasi come se facessi anch’io parte del pubblico. Tra l’altro, il mio interesse per Bach non si limita alle sei Suite. In questo periodo mi sto cimentando con un altro esperimento molto interessante: l’esecuzione, in trio di una trascrizione delle Variazioni Goldberg. In primavera uscirà anche l’incisione discografica».
Torinese, classe 1970, Massimo Polidori è regolarmente ospite dell’Unione Musicale dal 1989, sia come solista sia con le sue formazioni da camera: il Trio Johannes (di cui è fondatore insieme a altre due glorie locali: Francesco Manara al violino e Claudio Voghera al pianoforte) e il Quartetto d’Archi della Scala.
Polidori ha affrontato più volte le Suite di Bach – uno dei capisaldi assoluti del repertorio per violoncello solo – anche in contesti inconsueti: nel 2015, al Teatro alla Scala, l’esecuzione dal vivo era accompagnata alle coreografie di Heinz Spoerli realizzate dal Corpo di Ballo del Teatro alla Scala mentre, più di recente, è stato protagonista di “Bach Dance Suite”, spettacolo con la regia e la coreografia di Virgilio Sieni.
Pier Sorel