Oggi diamo la parola a Giustino Ballato, uno dei soci fondatori di Vermouth Anselmo. Locale di San Salvario (in via Belfiore 14/c) e recupero di un marchio storico torinese..
Vermouth Anselmo nasce dalla passione di quattro soci che sono anche quattro amici.
La prima cosa che diciamo sempre è che siamo stupiti del fatto che nessuno l’abbia fatto prima.
Torino è la patria del vermouth: è nato qui, nelle botteghe in pieno centro storico, nell’800. Poi è diventata una bevanda nota in tutto il mondo, e la città ha perso il legame con il suo passato. Abbiamo deciso di riportarlo alla luce, rendendolo adatto al nostro presente. Io in particolare sono un appassionato di piante e giardini e ho iniziato a studiare la storia e le ricette della produzione artigianale del vermouth; gli altri soci hanno competenze diverse – dalla gestione di locali al marketing e alla pubblicità: ci siamo messi insieme accomunati da una passione e così è nato “Vermouth Anselmo”.
Il vermouth è una bevanda contemporanea?
Assolutamente sì, per questo ci siamo lanciati in questa nuova avventura. Noi partiamo dalla tradizione – da un marchio storico, dalla produzione artigianale – ma stiamo rilanciando il vermouth come bevanda “cool”. Il vermouth da un lato è l’ingrediente presente in tantissimi cocktail che chiediamo tutti i giorni nei bar di tutto il mondo, dall’altro stiamo anche proponedo un vermouth da meditazione a fine pasto. Noi nasciamo come laboratorio di produzione artigianale e locale per cena e dopocena. Anche la cucina del ristorante sperimenta il vermouth in alcuni piatti, ottenendo risultati molto apprezzati.
Esiste una ricetta segreta per il vermouth?
Ogni produttore ha una sua ricetta, però spesso non si spiega un elemento fondamentale del vermouth: oltre alla quantità e varietà di erbe e droghe usate, un elemento fondamentale è la qualità del vino utilizzato.
Il vermouth è fatto al 75% di vino e la ricetta tradizionale vuole che si usi il Moscato di Canelli.
La ricetta di Anselmo parte dalla tradizione e poi incontra la contemporaneità: la nostra firma è l’uso del pompelmo, volutamente anacronistico rispetto alla scorza di arancia tradizionalmente utilizzata.
Quali sono i vostri obiettivi presenti e futuri?
Siamo molto contenti dei risultati che stiamo ottenendo: siamo aperti da alcuni mesi e abbiamo già ottimi riscontri da tutti gli avventori, sia del ristorante sia del locale. Ci interessa molto che venga ricostruito e percepito questo legame con la città, affinchè davvero i torinesi possano sentirsi orgogliosi di questo prodotto di eccellenza. Dall’altro lato vogliamo ovviamente produrre e distribuire il vermouth oltre i confini della città, non solo in Italia ma anche all’estero. Per questo abbiamo già avviato dei contatti con la Spagna e con il Belgio.