Quando l’ordinario diventa straordinario
Visto due volte è il progetto espositivo di Giulio Squillacciotti, artista visivo romano, classe 1982, che utilizzando il mezzo audio-video in chiave documentaristica e performativa, indaga storie universali e narrazioni particolari dai profondi esiti socio-antropologici. Si tratta di un processo di analisi e interpretazione di esperienze di vita, credenze religiose e cultura popolare volto alla creazione di nuovi racconti possibili.
La mostra, terminata da qualche giorno e allestita presso la sede dell’Associazione Barriera, è stata curata da Annalisa Pellino e Beatrice Zanelli di Arteco – associazione torinese che si dedica a progetti di valorizzazione del patrimonio storico-artistico, di promozione di giovani artisti e di educazione – che hanno invitato l’artista in residenza a Torino, nel marzo scorso, a riflettere, attraverso il processo costitutivo del suo fare arte, sulla pratica di archiviazione dell’Arte Irregolare, storicamente definita come art brut o outsider art.
Il lavoro in mostra verte sulle riflessioni di Squillacciotti rispetto a tre archivi torinesi di Arte Irregolare, luoghi distinti, ma accomunati dalla stessa storia fatta di soggetti autodidatti, eccentrici, visionari che hanno operato attraverso forme creative singolari, fuori dal circuito dell’arte mainstream: il MAET – Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università degli Studi di Torino , quello di opere realizzate nell’ex Ospedale Psichiatrico di Collegno e l’Archivio Mai Visti e altre storie della Città di Torino.
Una sorta di scenografia teatrale – Scenografia, per monologo, 2017 – fatta di opere scultoree di tempera, tele e telai in legno, illuminate da fasci di luce puntata, invitava lo spettatore ad accedere ad una realtà irregolare, in cui l’ordinario diventa straordinario: i disegni in superficie sono liberamente tratti da un quaderno dell’autore Luigi Sapetti, conservato al MAET.
Si proseguiva poi con tre grandi schermi disposti in successione che presentano l’opera video La Storia, in generale (2017) in cui in maniera parallela è posto in evidenza, con intima cura, il lavoro nascosto, ma concreto di conservazione e catalogazione svolto dai tre responsabili dei tre archivi sopracitati: Gianluigi Mangiapane, Calogero Baglio e Tea Taramino. Lo spazio dell’archivio è finalmente svelato e valorizzato nella sua essenza attraverso le azioni e i gesti di chi per primo crede alle sue finalità mnestiche.
Il percorso si concludeva con il film che dà il titolo al progetto espositivo, Visto due volte, in cui gli spazi apparentemente musealizzati della Certosa di Collegno, sede dell’ex-Ospedale Psichiatrico fanno da sfondo ad una visita guidata realizzata dagli studenti del Liceo Artistico Renato Cottini, coinvolti nelle riprese. Il “visionario” testo vocale dell’audioguida cita le parole tratte da un lavoro di Gaetano Carusotto, artista irregolare dell’Archivio Mai Visti, riadattato per l’occasione: si tratta di un nuovo modo di “vedere” e rielaborare le storie, attivando anche nuovi percorsi espressivi. Come commenta Annalisa Pellino nel suo testo: “Ad andare in scena è una sorta di rituale re-enacted da non-attori che recitano se stessi e ci mostrano immagini già viste, luoghi già visitati, parole già scritte”.
Mediante il lavoro di Giulio Squillacciotti alcune opere di Arte Irregolare sono esposte e considerate quindi nella loro essenza creativa; come sostiene Beatrice Zanelli – “attraverso un semplice filtro, l’artista le declina, aumentandone la portata e contravvenendo a quel trend che ha portato finora il contemporaneo a emarginare l’outsider art.
In questo senso la ricerca artistica di Squillacciotti ha interessato anche la nuova direttrice di Artissima Ilaria Bonacossa e la curatrice Vittoria Martini che co-cureranno il Deposito d’Arte Italiana Presente, il nuovo progetto espositivo e culturale di Artissima dedicato all’arte italiana: Scenografie per monologo è una delle numerose opere, dei 130 artisti italiani, selezionate per l’occasione.
Per questo nuovo progetto, Bonacossa e Martini si sono ispirate ad una delle esperienze espositive più innovative della Torino degli anni Sessanta, in quel momento una delle capitali internazionali della ricerca artistica: il Deposito d’Arte Presente (1967–68), luogo di produzione, sperimentazione ed esposizione di opere di artisti emergenti, ideato dal gallerista Gian Enzo Sperone.
Il Deposito, riproposto oggi, ospita, insieme alla grande arte italiana degli ultimi venti anni, un lavoro dedicato all’Arte Irregolare in un atto inclusivo di grande significato.