Che gente gli attori. Li guardi e subito ti chiedi se in quel momento si stanno inventano una parte, se usano qualche trucco; se voce, sguardo e postura sono a servizio dell’impresa o solo giocano a prendersi un po’ gioco di te.
Quando ti compaiono di fronte arruffati, con il cane, sereni e svagati forse persino curiosi ti tocca scambiare i ruoli. Devi fare il giornalista che vuole sapere, devi entrare a tua volta nella parte, devi essere colui che vuole l’essenza di un individuo in poco tempo, con qualche carotaggio di domanda astuta. Insomma una roba poca sincera. Ma sapere qualcosa di più della persona che appoggia il suo sguardo sul tuo è un’inclinazione antica come l’uomo, e di questa si finisce per farne mestiere.
Lo sguardo bruno, buono, morbido e furbetto del mio interlocutore lo rende più giovane dei suoi anni, così il fisico e la barba fulva. E’ venuto parlarmi di uno spettacolo che porterà al Festival delle Colline Torinesi, e non solo lì. Il Festival delle Colline per chi non lo sapesse ora si svolge tutto in pianura, le colline le guarda dalla città, e questo contribuisce a evidenziare come le cose siano diverse dalle parole che le esprimono. Di questo spettacolo ha scritto i testi, in versi, ribadisco in versi, baciati anche quelli, fatto la regia, scelto i costumi, con gusto di ragion pratica ha messo in piedi un vero alter ego di cui ha deciso di raccontare la storia.
La scelta del nome, oltre ad un riferimento letterario a cui si è ispirato schiude i due termini del lavoro. Un nome proprio, di donna: Monica. E l’improbabile cognome Bacio, quasi un vocativo, un destino, un modo di essere. Forse anche un’arma di difesa, o per offendere a impronte di rossetto. Per i filologici Monica Bacio è tratto da un libro di Michel Marc Bouchard, per chi ama le analogie e gli anomali casi uno scrittore che nel cognome ha già la parola bocca. Quella che si usa per dare i baci.
E’ la storia di un bambino, mi dice, del bambino che era e del suo percorso di crescita e di scoperta del mondo. Dai ricordi dell’infanzia ai primi sogni erotici, dagli incubi alle conferme sulla propria sessualità, conquistata come si conquista qualcosa di meraviglioso, terribile e comico allo stesso tempo. Questo racconto Monica lo fa in versi, permettendosi di dire tutto, anche le cose più  tragiche, senza mai abbandonare lo sguardo ironico , che è poi quello che le ha salvato la vita ( e che continua a salvare le vite di molti come lei…).
Questa storia si intitola “Il lamento, ovvero le lacrime, di Monica Bacio” e a giugno 2016 sboccerà lo spettacolo.
Per portarlo a compimento è stato predisposto anche un crownfunding, la vecchia ricerca fondi; in passato si bussava porta a porta, oggi si bussa ad ogni account di Fb.
Quando gli chiedo se è difficile trasformarsi o meglio essere Monica Bacio, mi risponde come un fulmine. Non lo è per nulla. Anzi si. Per permettermi di capire meglio spinge una frase sul tavolo come fosse un vaso di fiori. – La libertà che ci concediamo è molto faticosa -. Eccola qua Monica; fatica e affermazione di una libertà.  Riguardo al mio insinuare che l’estetica scelta per vestire Monica sia un po’ kitsch, sorride e mi dice che è voluta, una questione di equilibrio, di saper tener su un qualcosa, fragili collage sul chi siamo, ispirato ai costumi sudamericani degli anni ’70 ’80.  Lo spettacolo invita a provare a vedere meglio, a non stupirsi dei posti impensabili in cui l’amore va a cacciarsi.
Una fortuna conoscere Lorenzo Fontana, lo vedrò trasformarsi in Monica Bacio e ascolterò i suoi abili versi. Rimasto solo con qualche appunto scritto in fretta, ho come la sensazione di essere appena uscito da teatro, a inizio spettacolo; per questo non mi perderò la prima. Voglio sapere, che tipo di Bacio sarà quello che arriva a fine recita.

Per contribuire al crownfunding:
www.eppela.com/it/projects/7487-monica-bacio

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