La giornata mondiale dell’istruzione

– tra emozione e digitalizzazione –

Il 3 dicembre 2018, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato con consenso una risoluzione che proclama il 24 gennaio Giornata internazionale dell’Educazione, celebrando così il ruolo essenziale dell’educazione nello sviluppo della società. L’istruzione, ricorda il Segretario Generale delle Nazioni Unite, è un diritto fondamentale, base della società e del potenziale di ogni persona che, senza un adeguato investimento, verrà perso.

L’istruzione, nel bene e nel male, ha subito un’evoluzione vertiginosa negli ultimi anni. La spinta della pandemia del 2019 ha senza dubbio accelerato l’utilizzo dei dispositivi, strumenti tecnologici come computer e tablet, per assistere alle lezioni da remoto, schede e diari virtuali che si scaricano su Smartphone, limitando così i contatti umani per favorire quelli virtuali. Ci chiediamo, ora, quanto la rapida digitalizzazione dell’istruzione possa influire sul futuro degli studenti. Ricordiamo che è passato a malapena un secolo da quando, nella realtà rurale del nord Italia, i bambini di età diverse frequentavano classi uniche, a volte senza nemmeno poter usufruire di aule con adeguato materiale scolastico, ma rifugiandosi in stalle e altri locali raffazzonati alla bell’e meglio, con orari incerti che venivano sospesi nel caso le famiglie avessero chiamato i bambini per lavorare nei campi. Da allora, l’istruzione ha compiuto innumerevoli passi avanti, introducendo argomenti quali l’accessibilità agli studi e l’inclusività che abbraccia tutte le realtà umane. Tutto ciò pur mantenendo, come ha sempre ribadito Maria Montessori, l’identità psichica e intellettiva unica e irripetibile di ogni bambino che per questo, nel rispetto del proprio sviluppo, deve essere accompagnato nella crescita in modo da potersi esprimere liberamente.

Quali frutti darà l’applicazione del digitale nell’istruzione dei nostri figli?

Sicuramente ha portato lati molto positivi. Senza di essa, infatti, durante la pandemia le scuole chiuse non avrebbero permesso a studenti di ogni età di portare avanti gli studi, rallentando in questo modo ogni accesso al lavoro e intralciando il normale flusso dell’economia. Per questo, ben venga digitale! Seguire le lezioni da casa, per quanto dispersivo e a tratti esasperante (connessioni incerte, microfoni cacofonici e alzate di mano invisibili) ci ha permesso di continuare la zoppicante corsa all’educazione, senza perdere anni preziosi.

Un’unica inquietante domanda attende, però, il responso del futuro: quanto è stata influente la mancanza di contatto umano? A questo quesito potranno rispondere i nostri figli tra una ventina d’anni quando, nel mondo del lavoro e nel pieno delle relazioni emotive, ricorderanno e rielaboreranno quanto vissuto. Avranno sentito la mancanza dell’occhiataccia della maestra? Della merenda condivisa in quei dieci minuti di intervallo prima della verifica?

Non potendo rispondere ora, ci atteniamo alla speranza che ciò che la digitalizzazione ha tolto a livello emozionale si possa compensare con attività collaterali. I piatti della bilancia attendono il responso delle generazioni future.

Laura Graziano