LA CRESCENTINA DI FUBINE MONFERRATO PRESENTA LA MOSTRA

NATURA ARTE NATURA DI  PIERO GILARDI

Da qualche giorno ospita la grande mostra PIERO GILARDI – NATURA ARTE NATURA realizzata con in Patrocinio della Fondazione Centro Studi Piero Gilardi e inaugurata lo scorso 26 marzo a pochi giorni dalla scomparsa dell’Artista.

È La Crescentina – Laboratorio per l’Arte, una cascina incastonata tra le colline del Monferrato che Alessandro Monteforte, ha acquistato a metà degli anni Ottanta e che dalla metà degli anni Ottanta viene vissuta come luogo di incontro fra Artisti, Amici e Appassionati d’Arte. Insieme a Fiorella Miraglio, Alessandro Monteforte ha avviato questo progetto, che sa di mecenatismo e di antica – e quindi attualissima – attenzione alla cultura, due anni fa, durante i mesi oscurati dalla chiusura dovuta all’emergenza COVID. Il connubio Arte-Natura ha ispirato fin da subito la nascita della Crescentina come spazio di condivisione e tutte le mostre fino a oggi presentate hanno sottolineato l’importanza di questo orizzonte che orienta chiaramente lo sguardo delle scelte artistiche e curatoriali affidate alla sottoscritta, Marzia Capannolo.

Piero Gilardi tra Natura

La Crescentina

La mostra Natura Arte Natura di Piero Gilardi è nata precedentemente alla sua stessa definizione; è emersa nella sua forma più embrionale fin dall’avvio del progetto della Crescentina nel 2021; scavando a ritroso nella genetica della sua funzione fondativa, era già intimamente radicata alla lucida visione con cui Alessandro Monteforte e Fiorella Miraglio, attraverso la condivisione della loro casa nel Monferrato, hanno immaginato per anni e poi realizzato l’idea potente e sovversiva della relazione; in fondo, era stata tracciata ancor prima, lungo i cinquant’anni trascorsi da Alessandro Monteforte sostenendo con stima costante il percorso straordinariamente complesso condotto da Piero Gilardi.

Piero Gilardi tra Natura

Abbiamo iniziato a lavorare alla composizione della mostra nel 2022, durante lo scorso autunno, partendo da un nucleo di opere già presenti nella collezione della Crescentina, realizzate da Gilardi fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. L’interlocuzione con la Fondazione Centro Studi Piero Gilardi si è resa immediatamente necessaria e preziosa, e l’esigenza di documentare la produzione complessiva dell’Artista e le molteplici declinazioni che il suo lavoro ha assunto nel tempo attraverso l’impegno politico, l’attivismo ecologico, la produzione culturale, l’attività critica e teorica, ha condotto la ricerca all’incontro fortunato con collezionisti che hanno accolto il progetto con grande partecipazione.

A poche settimane dall’inaugurazione della mostra, la notizia dolorosa della morte di Piero Gilardi avvenuta lo scorso 5 marzo ha portato l’intera comunità del mondo dell’Arte a fermare il pensiero e a aprire lo sguardo sul lascito ideologico e concettuale che l’Artista ha disposto attraverso il suo lungo operato. Ripensare ora Natura Arte Natura come la prima mostra all’indomani della scomparsa di Piero Gilardi è dunque un atto di grande complessità che porta chi scrive a ridisegnare il perimetro estetico e teorico dell’intero progetto. Immediata è la pulsione di prevedere un allestimento coerente con la genealogia dei primi Tappeti Natura creati a partire dalla metà degli anni Sessanta per indurre lo spettatore a uscire da quella gabbia prettamente visiva che costringe l’opera a mantenersi distante dal suo pubblico, in nome di quell’aura sacrale indotta dalla musealizzazione alla quale viene sottoposto il suo “corpo” materiale.

È il 1965, Piero Gilardi percorre la riva del Sangone e un sentimento di sconcerto lo pervade alla vista dei residui inquinanti che affiorano e affogano lungo il greto del fiume. Decide allora di provare a riavvicinare l’Homo Industrialis alle sue radici più profonde, a recuperare l’afflato vitale che lo connette alla natura attraverso la realizzazione di opere che nascono come suadenti reincarnazioni artificiali di brani di paesaggio, fondali marini, ortaggi rigogliosi, sponde fluviali, il tutto costruito con il materiale sintetico per eccellenza, il poliuretano espanso, figlio del progresso industriale e quindi necessariamente congenito alla contraddittoria natura dell’essere umano.

Come rendere l’Arte veramente influente sulle nostre esperienze? Gilardi risponde a questa annosa domanda con lucidità disarmante, pensa e realizza le sue opere come toccabili, agibili, usurabili, calpestabili, recuperando una dimensione ludica e partecipativa che farà scuola nei decenni successivi. L’Artista invita adulti e bambini a stendersi sulle morbide superfici dei suoi tappeti che accolgono il peso di corpi finalmente avvolti dalla fisicità dell’opera.

Piero Gilardi tra Natura

Gilardi è il demiurgo, il carpentiere che costruisce strutture visivamente se-ducenti, che nell’accezione più letterale della definizione conducono a sé lo spettatore, lo ricevono fisicamente e rilasciano il loro potenziale espressivo attraverso il tatto, uno dei sensi fondamentali per lo sviluppo emotivo e cognitivo di ogni essere umano. Così come l’opera viene toccata, il suo fruitore viene toccato dall’opera, e per estendere a ogni ambito della vita tale principio, Gilardi agisce sulle urgenze della società con la sua partecipazione attiva alle battaglie operaie che infuriano nella Torino degli anni Sessanta e Settanta. È presente attraverso l’energia trascinante con cui guida le edizioni del collettivo Primo Maggio, le manifestazioni per i diritti civili, per la difesa dell’ambiente e la sensibilizzazione alla pace e alla tolleranza; materializza il contatto con l’opera attraverso la creazione di maschere di gommapiuma, feticci, fantocci, gigantografie plastiche che interpretano i personaggi protagonisti del suo grande teatro di strada, come i politici-politicanti di turno, o come la crisi, un grande masso che nel 2012 rotola sui manifestanti e che finisce per essere percosso e bastonato dagli stessi.

La mostra Natura Arte Natura testimonia questa lunga militanza con una sezione in cui sono presenti maschere, disegni, manifesti e due personaggi-maschera a grandezza naturale realizzati per la mostra itinerante internazionale Africa Artisti Italiani Against Apartheid (nata sulla scia del progetto musicale Artist United Against Apartheid del 1985) tenutasi tra il 1988 e il 1989 in ben nove nazioni, con la partecipazione oltre che di Gilardi, di molti altri artisti, tra i quali Carla Accardi, Enrico Baj, Vasco Bendini, Pietro Consagra, Antonio Corpora, Giorgio Griffa, Emilio Isgrò, Achille Perilli, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova. Rientrate in Italia dopo il progetto itinerante, se ne perdono le tracce fino al 2022, quando vengono ritrovate in un deposito di macerie nella celebre Fabbrica di Mattoni Rossi di Ivrea, già sede delle Officine Meccaniche Olivetti.

Piero Gilardi tra Natura

Fiorella Miraglio, Alessandro Monteforte e Marzia Capannolo

Il fortuito e straordinario rinvenimento ha consentito non solo di salvare dalla distruzione queste due preziose testimonianze dell’arte politica di Gilardi, ma ha altresì significato l’apertura di un nuovo capitolo di ricerca, ovvero quello del riadattamento delle stesse avvenuto all’indomani del progetto itinerante del 1988-89, con l’inserimento dell’iscrizione “OLIVETTI SUD AFRICA” alla base dei personaggi armati che sostengono le due maschere principali.

La fortunata collaborazione con archivi e collezionisti che hanno messo a disposizione le loro testimonianze sulla produzione di Piero Gilardi ci ha concesso inoltre di ripercorrere una pagina importante della storia non solo della città di Torino, ma della cultura tutta di un’epoca che ha disseminato la ricerca dell’Arte Povera in ambito internazionale. Sull’esempio del celebre Piper che aprì i battenti a Roma nel febbraio 1965 all’interno di una ex sala cinematografica che, come si legge in un articolo pubblicato nel settembre dello stesso anno su Marcatré, dava vita a un «ambiente happening”» che puntava all’«eliminazione di ogni tradizionale barriera fra […] spazi attivi e passivi», il 29 novembre 1966 inaugura il Piper di Torino affidando la serata di apertura a Patty Pravo. Il locale si distingue fin dagli esordi dal suo predecessore romano per essere complessivamente concepito secondo un’idea di partecipazione sinestetica che coinvolge artisti come Bruno Munari, il quale progetta la «macchina luminosa» che con le sue proiezioni destruttura continuamente gli spazi delle sale, o il compositore Sergio Liberovici che per la scala d’ingresso crea un dispositivo che al passaggio degli avventori genera composizioni sempre diverse, mixando un’ampia gamma di suoni.

Le pedane mobili e i binari disseminati sulle pareti e sul soffitto consentono di modificarne continuamente la conformazione spaziale, adattandola a un’ampia e variegata programmazione che comprende concerti, spettacoli teatrali, mostre, happening, performance e sfilate di moda.

Il 25 gennaio 1967 è la volta di Piero Gilardi che inaugura al Piper la sua mostra di Tappeti Natura che invadono le pareti; nelle settimane successive viene organizzato l’happening al Poliuretano, una proposta di gioco scientifico con la partecipazione di Gian Piero Fortebraccio e Marcello Vazzoler del Teatro Gruppo di Quartucci. Secondo quanto ricorda l’artista in un resoconto di poco successivo pubblicato sul numero 4 di “Centroarte” nel marzo 1967 «la rappresentazione si è conclusa con un enorme fungo espanso, traboccato da un secchio […]. Dal fungo, subito solidificato, la gente ha cominciato a cavare proiettili, iniziando una specie di battaglia così accanita da farmi temere che, da un momento all’altro, quelli rimasti a corto di munizioni tirassero giù anche i miei tappeti. Ad un tratto», conclude Gilardi, «mi sono accorto che la battaglia si era stemperata nello shake». Sempre al Piper, il 16 maggio del 1967, Gilardi partecipa insieme a Alighiero Boetti e Colombotto Rosso alla sfilata di moda F.D.M. (Fine del mondo) con le sue opere indossabili sotto forma di collane, orecchini e abiti-betulla rigorosamente realizzati in poliuretano espanso e documentati dalle fotografie in mostra provenienti dall’Archivio Derossi.

Interdipendenza, relazione, natura sono tra i concetti fondamentali che sostanziano l’intera ricerca di Gilardi; essi nutrono la sua produzione e si nutrono a vicenda, restituendo lungo tutto il corso della sua attività la necessità di dialogare parimenti sia con le intelligenze della natura che con quelle artificiali.

Nasce da questa spinta esplorativa l’idea di unire alla realizzazione dell’opera la sperimentazione tecnologica affidata a software informatici capaci di trasformare le sue installazioni in dispositivi cinetici e multisensoriali che a partire dagli anni Ottanta divengono pionieristici rispetto alle frontiere più contemporanee dell’arte. Rappresentativo di questa poetica innovativa è il grande albero Poiesis realizzato nel 2004 in poliuretano espanso come metafora del potere generativo e distruttivo delle tre religioni abramitiche monoteiste, ebraismo, islam e cristianesimo che alla base dell’arbusto, attraverso la loro interdipendenza, danno vita a un messaggio generativo che si esplicita in un meccanismo azionabile con una leva, un piccola pianta fogliata verde che sotto la pressione del fruitore fa sì che si diffonda una melodia dalla potenza catartica. Dalla terra, dalle radici, si genera vita, arte, poesia. Man mano che l’albero cresce, tradisce la sua integrità con ambizioni egoistiche che fioriscono già appassite dai rami secchi e consumati. Poiesis campeggia nella sala principale della mostra, e espande lo sguardo dell’osservatore dall’estetica apparentemente inerme dei Tappeti Natura alla dimensione più intima e riflessiva della ricerca del senso più profondo di tutte le cose, così nella vita, come nell’arte.

Dalla realizzazione di questa ideale connessione tra arte e vita, all’inizio degli anni Duemila Piero Gilardi concretizza la sua creazione più complessa, il PAV, Parco Arte Vivente, un centro sperimentale d’arte contemporanea concepito come spazio espositivo all’aria aperta e museo interattivo, che trova la sua sistemazione definitiva a Torino nel 2008, nell’area industriale ex Framtek. Il PAV è oggi – e resterà in futuro solo se l’attenzione delle istituzioni e della collettività saprà riconoscerne il fondamentale apporto alla crescita della coscienza sociale delle nuove generazioni – uno straordinario luogo di incontro e di esperienze di laboratorio tese all’ascolto di quel sottile e fondamentale dialogo da sempre intessuto tra arte e natura.

Perché, come Piero Gilardi ha insegnato a ognuno di noi, la Natura, per mezzo dell’Arte, riconduce l’essere umano alla stessa Natura: un atto magico che dalla Nascita, attraversando la Morte, consegna la Vita alla sua Rigenerazione.

Sull’ispirazione e sull’esempio della traiettoria indicata dal percorso di Artisti che come Piero Gilardi hanno arricchito la collezione Monteforte-Miraglio, il programma della Crescentina del 2023 prevede un calendario articolato fra mostre e incontri culturali: dopo il progetto PIERO GILARDI | NATURA ARTE NATURA presenteremo le mostre personali di Roberto Goffi a giugno, dell’austriaco Peter Nussbaum a settembre e di Ernesto Morales in dialogo con un’opera di Lucio Fontana proveniente dalla Collezione Monteforte-Miraglio nel mese di ottobre.

In parallelo al programma espositivo La Crescentina ospiterà due concerti realizzati in collaborazione con il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, un ciclo di incontri filosofici condotti da Simone Regazzoni e un programma di conferenze di Storia dell’Arte condotte da Marzia Capannolo.

 

 

Per info e contatti: info@lacrescentina.com | cel + 39 393 3918764

LA CRESCENTINA – LABORATORIO PER L’ARTE

STRADA CRESCENTINA, 2 – FUBINE MONFERRATO (AL)