La guerra in Ucraina sta per compiere due anni, ma l’invasione russa ne ha già dieci. Lo abbiamo quasi rimosso. Iniziata il 20 febbraio del 2014 con l’invasione e la successiva annessione della Crimea è proseguita poi con il sostegno militare alle milizie separatiste del Donbass. Una guerra che nelle sue fasi iniziali è stata raccontata soprattutto da giornalisti freelance.

Un lavoro ovviamente molto pericoloso, costato la vita, ad oggi, a ben 17 reporter https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_journalists_killed_during_the_Russo-Ukrainian_War

Il primo è stato un italiano, un giovane fotoreporter di Pavia, Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio del 2014. Aveva trent’anni. Con lui c’era anche l’interprete, Andrei Mironov attivista per i diritti umani, nonché interprete.

La morte di Rocchelli è stata a lungo al centro di una intricata vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto un soldato dell’esercito ucraino, Vitalii Markiv. Per uno strano incrocio del destino, Markiv all’età di 16 anni è venuto a vivere in Italia ed è diventato cittadino italiano. Nel 2013 è tornato in Ucraina per partecipare alle manifestazioni di Piazza Maidan contro le politiche filorusse e anti europeiste di Victor Yanucovich.

Markiv è stato arrestato in Italia, quando è rientrato per andare a trovare la famiglia. Condannato a 2a anni in primo grado per la morte di Rocchelli e stato assolto in secondo e terzo grado. L’accusa sosteneva che il fotoreporter italiano fosse stato ucciso deliberatamente e non colpito casualmente durante un combattimento tra esercito ucraino e separatisti. A coordinare l’azione secondo l’accusa sarebbe stato Markiv, che avrebbe visto i due giornalisti e poi comunicato con i suoi superiori, i quali avrebbero poi dato il comando per azionare i mortai. I giornalisti erano testimoni scomodi e pertanto andavano eliminati.

A Torino il documentario investigativo

A ricostruire con puntualità il quadro della vicenda è stato Cristiano Tinazzi, giornalista di guerra, freelance, piuttosto noto per chi segue il conflitto russo-ucraino. Tinazzi ha prodotto un documentario investigativo, “Crossfire” che lunedì 13 febbraio è stato presentato in anteprima a Torino in uno dei saloni di Combo, la struttura alberghiera che sorge all’interno dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco di Porta Palazzo.

Cristiano Tinazzi era presente alla proiezione, inizialmente organizzata dall’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini e prevista al Polo del Novecento, ma annullata all’ultimo momento dagli stessi organizzatori senza alcuna spiegazione ufficiale.

Crossfire” è un viaggio coinvolgente e desolante tra pessimo giornalismo, giustizia approssimativa e preconcetto ideologico. Un combinato disposto che aveva l’esigenza di trovare in fretta un colpevole. Markiv era perfetto: trascorsi italiani, soldato dell’esercito ucraino e quindi nazionalista di destra. Nel 2014, ricordiamolo, la simpatia diffusa di media e opinione pubblica italiane era molto sbilanciata verso i separatisti filorussi.

Tinazzi, insieme ai colleghi Olga Tokariuk, Danilo Elia e Ruben Lagattolla, fa ciò che il Tribunale di Pavia decise di non fare: un sopralluogo a Sloviansk. Sono andati cioè sul luogo dove Andrea e Andrei sono stati uccisi, hanno poi fatto verifiche balistiche, interrogato testimoni, ricostruito contesto e scena del crimine.

Hanno fatto ciò che un giornalista, quando qualcosa non torna, dovrebbe fare: cercare, se c’è, la verità che non emerge. Peccato non lo abbia fatto la Procura di Pavia.  C’è poi un particolare che ha dell’incredibile. Gli occhi della giustizia italiana puntano Markiv perchè il giorno successivo alla tragedia, il 25 maggio 2014, il Corriere della Sera pubblica uno scoop, ovvero l’intervista a un soldato che sosteneva di avere ucciso Rocchelli. Lo si identificò troppo frettolosamente il Markiv che è stati nel carcere di Opera per tre anni e quattro mesi. La giustizia italiana in secondo e terzo grado ha smontato le tesi dell’accusa e scagionato il soldato ucraino.

Sul tavolo rimane un’unica tesi, l’unica che abbia un senso e avuto almeno una verifica sul terreno. La tesi è stata negata fin dall’inizio dall’accusa e ancora oggi è osteggiata da molti. Quel giorno Andrea Rocchelli, il giovane fotoreporter che amava il suo lavoro e lo faceva con scrupolo, è stato vittima del fuoco incrociato tra esercito e separatisti. “Crossfire”, appunto.

 

 

La visione del documentario è possibile in streaming al costo di 5 euro, seguendo questo link: https://www.buymeacoffee.com/cristianotm/extras 

Sante Altizio