Siamo intorno al 1957 quando lo scrittore, semiologo, critico e saggista francese Roland Barthes, tra i più noti intellettuali viventi di spicco, dà alle stampe “Miti d’oggi”.
Brevi, incisivi, scritti che assecondano il richiamo mediatico dell’attualità, dettati da un senso di insofferenza per quella che definì l’esposizione decorativa dell’ovvio, costruiscono una sarcastica demistificazione delle mitologie allora in voga, facendole ruzzolare dentro alle loro contraddizioni a forza di dileggio.
Tra le pagine vale la pena di riportare all’attenzione alcuni fulminanti brani inerenti all’attualità ed ai segni, del nostro periodo pre-elettorale.
Fotogenia elettorale, questo il titolo scelto da Barthes.
Certi candidati ornano il volantino – o un manifesto – di una loro immagine. Ciò significa attribuire alla fotografia un potere di conversione che va analizzato. Prima di tutto l’effige del candidato stabilisce un legame personale fra questo e gli elettori; il candidato non dà a giudicare solo un programma, propone un clima fisico, un insieme di scelte quotidiane espresse in una morfologia, un modo di vestire, una posa. La fotografia tende in tal modo a ristabilire il fondo paternalistico delle elezioni, la loro natura <<rappresentativa>>.
Nella misura in cui la fotografia è ellissi del linguaggio e condensazione di tutta una <<ineffabilità>> sociale, essa costituisce un’arma anti intellettuale, tende a schivare la politica a vantaggio di un modo di essere, di uno statuto socio-morale.”
Esemplari e chiare le analisi di Roland Barthes rimangono di sorprendente modernità; osservando i volti, le pose, le inquadrature scelte da oscuri uffici marketing per reclamizzare l’individuo alla stregua di un prodotto, o come una contorsione linguistica porti a definirlo brand, induce a ritenere la fotografia specchio: per la sua portata di elementi familiari, noti, fino a proporre all’elettore un transfert, una propria immagine tipo.
La convezione fotografica è piena di segni. La posa di fronte accentua il realismo del candidato, specialmente se munito di occhiali scrutatori. … fissa il nemico, l’ostacolo, il <<problema>>. Lo sguardo si perde nobilmente nell’avvenire, non affronta bensì domina e irrora un altrove pudicamente indefinito. Quasi tutti i tre quarti sono ascensionali, il viso è alzato verso una luce soprannaturale che lo attira, lo solleva nelle regioni di un’alta umanità, il candidato raggiunge l’olimpo dei sentimenti elevati in cui è risolta ogni contraddizione politica.
Non tutti oggi osano tali azzardi, anzi la situazione è di tale difficoltà che molti hanno scelto uno scaltro depotenziamento, una avvicinarsi cortese e confidenziale che fa scordare dove nascondano il coltello metaforico delle ambizioni personali e di partito.
I manifesti che tappezzano i bus come i grandi corsi alberati, scivolano velocemente all’attenzione dei passanti ma lasciano quel senso di domanda concreta, assennata e colma di buonsenso.
Ma dove l’avranno trovati i soldi per tutta questa pubblicità ? Non era meglio destinarli a qualche altra compito. Non potevano regalarci un vecchio libro di Barthes.
In questo bailamme viene in mente, come contraltare, la straordinaria foto di Marcello Mastroianni scelta per il Festival di Cannes, cosa daremmo per avere qualcuno con quel volto, che sa guardare così… in grado di vederci davvero.
 
Ospitiamo un intervento video di Fulvio Abbate, il Marchese, per familiarizzare con la figura ed il pensiero di Roland Barthes attraverso le sue parole, non prive di poesia.
 

Testo: Miti d’oggi, Einaudi editore, prima edizione 1974, traduzione di Lidia Lonzi.

 

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