La comicità di Otello. C’è stato un Otello di Pier Paolo Pasolini così arguto che oggi sembra la scoperta dell’acqua calda. È uno degli episodi del film “Capriccio all’Italiana” del 1968 dal titolo “Che cosa sono le nuvole,: in scena c’erano Ninetto Davoli col cerone, insieme a Totò verde d’invidia, Franco e Ciccio nei panni di Cassio e Roderigo. Desdemona era Laura Betti che quell’anno vinse la “La coppa volpi” grazie alla sua interpretazione in “Teorema”.

Era l’Otello del “Monnezzaro” Domenico Modugno, una Commedia di Pupi: un “palcoscenichetto”, in uno scialbo teatrino, per un rumoroso pubblico di “garzoni di vita”, che assale le marionette impedendo il tragico finale.

Un “Otello” che ha spernacchiato l’altisonante fratello, quello di illustre discendenza tardoromantica, suonato sugli spartiti di Rossini e di Verdi, dal primo Ottocento in poi. Eppure quella proposta comica del poeta di Casarsa così ovvia non dovette sembrare allora; né tanto meno pacifico ci può sembrare il giudizio, oggi, fuori dalla venerazione per il PPP.

Per quanto aderente ad una estetica elisabettiana, cioè popolaresca, conosciuta e diffusa grazie agli studi scespiriani, sfidiamo a trovare chi non abbia sentito, rivedendolo, la mancanza di memorie ottocentesche.

I capricci dell'Otello

Con questo Otello di Jurij Ferrini in replica fino al 5 di febbraio al Teatro Gobetti ci domandiamo se è questo il destino della tragedia di Shakespeare. Possiamo rinunciare all’allure neoclassica con cui l’abbiamo intonacata? Possiamo contaminare anche la tragedia della Gelosia con la nostra vena dissacrante e comica? A dispetto di quanto previsto da Ferrini, durante la presentazione dello spettacolo – «ci sono poche scene in cui si ride» – si ride assai.

È un “Otello” della pancia (come dovrebbe forse essere questa tragedia della Gelosia e dell’Invidia, che a lungo la medicina – sicuramente al tempo del Bardo – ha situato nei visceri addominali). Se non un dramma “popolare”, questa è certamente una tragedia di “persone”: Ferrini la colloca proprio nel tempo di “Capriccio all’Italiana”.

È il tempo della «Rivoluzione umana che avrebbe potuto essere l’unica svolta davvero importante per la storia – spiega nel foglio di sala – Non riesco a slegare nella mia fantasia la storia del nero Otello dalle immagini dell’ultimo straordinario movimento culturale e rivoluzionario del mondo moderno, iniziato nella metà degli anni ’60, ma battezzato dalla storia come il ’68».

Il comico non è bandito dal tragico. Oltremanica le risate sono le benvenute. Basti pensare che Iago è un personaggio scritto per Robert Armin, il comico dei Chamberlain’s Men. L’Armin nel Seicento fu noto per le sue interpretazioni di matti e giullari: Touchstone (Come vi piace), Feste (La dodicesima notte), il Matto di Re Lear, Autolico (Il racconto d’inverno).

I capricci dell'Otello

In tempi recenti, anche Gigi Proietti ha fatto uso di brani dall’Otello, per concludere una Serata d’Onore. Il comico sta in Shakespeare poiché i suoi personaggi sono già sempre persone, o maschere di esse, anziché eroi. Tuttavia questa messa in scena del “Progetto Urt”, in Coproduzione col Teatro Stabile, preferisce presto il “ridicolo” al “comico”: il « ridicolo che uccide la morte» suggerisce un brano.

I malefici complotti di Iago sono lasciati in pasto alle caricature; le incursioni di Bianca, sono occasione per deridere una sciacquetta innamorata. E che ne è del Moro? Nel nostro tempo di scetticismo e ironia, possiamo dunque ridere anche di Otello e della sua gelosia? Possiamo scherzare il «mostro concepito da sé stesso» come facciamo sfiduciati dei partiti politici e delle arringhe sgrammaticate dei nostri amministratori, come si deridono i fenomeni trash del Web o la Tv spazzatura?

David Foster Wallace presagiva una nuova stagione di ribelli, gli antiribelli che non avranno paura di suonare banali o ingenui. Abbiamo mandato in soffitta il cerone di Otello, ma dall’altra parte dell’Atlantico le black lives contano sempre un po’ meno. Anzi, continuiamo ad asciugarci le lacrime: prima o poi dovremmo riprendere la seria ingenuità di Otello, dalla soffitta, e l’impegnata comicità di Pasolini.

Fabrizio Artero