Geografia della megalibreria virtuale. Questa, forse, la pretesa di Amazon, che per il secondo anno consecutivo ha rilasciato la classifica delle città italiane che hanno acquistato più libri, sia cartacei sia ebook, dal 1 giugno 2013 al 15 aprile 2014.
L’hit parade è stata stilata prendendo in esame 48 città tricolori di almeno 100 mila abitanti, i loro consumi procapite e i loro gusti: nella classifica, infatti, è anche indicato il genere letterario più in voga in questa o in quella parte geografica. “Vincitrice” indiscussa in tutte le “categorie” risulta essere Milano, seguita da Trento e Trieste. Firenze, culla della letteratura, si deve accontentare di un nono posto per acquisti di libri digitali, mentre Torino fa capolino, nostalgica della carta stampata, solo al decimo gradino del “podio” nella classifica delle opere cartacee. L’elenco poi si suddivide in libri da cucina, di viaggi, di fantascienza, sulla salute il corpo e la mente. Milano e Trieste mantengono salda la loro posizione se si parla di ricette e posate, tema d’interesse con cui Firenze conquista il terzo posto; se si parla di fantascienza, però, Milano cede lo scettro al capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. Torino non compare mai, se non nella classifica di libri di viaggi, sempre al decimo posto.
I gusti degli italiani che utilizzano Amazon fanno discutere. Siamo un Paese che ha dimenticato i grandi scrittori per gli autori da ombrellone? Che ha sostituito i grandi romanzi con una paradossale sequenza di manuali di buona cucina e di diete? Certo è che la classifica presentata da Amazon non ha il valore che pretende di avere (o che i media le hanno dato). «Non c’entra con la lettura, ma con gli acquisti online, e quindi non può essere presa come punto di riferimento per un’analisi sull’Italia di oggi e sul suo rapporto con la cultura – dichiara Davide Ferraris, proprietario di Therese, una libreria di corso Belgio che ricorda le atmosfere della parigina Shakespeareandcompany –. Il discorso sulla lettura e sull’editoria è molto ampio, ramificato, si apre a molte parentesi. La classifica proposta da Amazon manca di alcune proporzioni, come il fatto che molte delle città menzionate hanno poche librerie e quindi sono quasi obbligate a usare internet. Torino, invece, è la città che, nonostante le chiusure di questi ultimi anni, ha il numero maggiore di librerie per abitanti».

 
Dire che la classifica di Amazon da una panoramica delle “città italiane più letterarie” è quindi forse un po’ pretenzioso. Sicuramente, però, lancia alcuni interessanti spunti di riflessione e di critica. «I dati relativi alla lettura nel nostro Paese sono drammatici – continua Davide -; un italiano su due non compra nemmeno un libro all’anno, né formato cartaceo né digitale, semplicemente non legge. Il problema è che manca una politica che stimoli e promuova una cultura della lettura, dell’informazione, della curiosità. A scuola i ragazzi non vengono abituati a leggere e molti dei gusti degli italiani vengono influenzati dalla tv. Programmi come “Che tempo che fa” o “Le invasioni barbariche” hanno il potere di decidere le vendite. Durante i primi anni del programma di Fazio – racconta divertito – molti librai la domenica lo guardavano per sapere cosa avrebbero venduto il lunedì».
La responsabilità del grado culturale del nostro Paese, quindi, non esclude nessuno: politici, personaggi dello show business, educatori, professori, genitori. «Mi permetto poi di aggiungere che il prodotto medio di questi tempi non è straordinario. I grandi gruppi editoriali standardizzano tutto e il libro che sfugge alla definizione (thriller, di cucina ecc) fatica ad emergere». Bisogna proporre un ottimo prodotto, così da riuscire a incuriosire gli italiani, accrescere la loro conoscenza, stimolare il loro spirito critico e la loro fantasia: questo l’obiettivo dell’editoria indipendente, che cerca di stare a galla in un mercato dominato da grandi nomi come e minato dai rivenditori online. «In realtà – ammette Davide – la concorrenza di Amazon nei confronti di piccole librerie come la mia è minima, in quanto incontra una diversa tipologia cliente. Importante è poi stata, due anni fa, la Legge Levi, che ha vietato a tutti uno sconto superiore al 15% sui libri in vendita, inclusi quelli della piattaforma digitale».
«Non credo che la classifica proposta da Amazon possa considerarsi esaustiva – commenta Cesare Trespidi, docente in pensione di italiano e latino -, ma sicuramente ci fornisce alcuni elementi interessanti. Se la gente compra meno romanzi, ma solo libri – che poi definirli libri è quasi un azzardo – di cucina e di viaggi, vuol dire che non sviluppa la fantasia, che è alla ricerca del pratico, di manuali di consultazione.
Vuol dire che le persone ricercano un consumo immediato, senza prendere in considerazione la possibilità di approfondire la sfera esistenziale in ogni sua forma. Manca, inoltre, una preoccupazione culturale generale, che investa sulla produzione saggistica ed educhi le persone a una buona lettura, ma soprattutto alla lettura».

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