Le invenzioni di Ettore Pontet, superstite della Seconda Guerra Mondiale, un pioniere della storia dell’Automotive & Aerospazio.

Il 16 gennaio 2024 Ettore Pontet compirebbe cent’anni ed anche se la sua vita si è spenta il 9 dicembre del 2010 la sua leggenda continua ad essere viva nel ricordo dei suoi eredi e in quelle persone che hanno conosciuto in lui un inventore e un artista geniale, un italiano testimone della storia di questo nostro paese.

Le invenzioni di Ettore Pontet

Ettore Pontet

Di tutte le sue invenzioni, la motocicletta PONTET 900 è di certo quella più esclusiva, segno incisivo della tendenza del design del settore degli anni Settanta e Ottanta come ben espresso negli articoli delle riviste “Moto Sprint” del 1979 e “Tuttomoto” del 1983.

Le invenzioni di Ettore Pontet

Ettore, scampato con una motocicletta di fortuna, dalla prigionia in un capo di concentramento per internati italiani, ne costruisce una tutta da solo per essere pronto ad ogni evenienza, con la consapevolezza che quando uno meno se l’aspetta la storia ritorna prepotentemente a ripetersi.

Il mito del lavoro in fabbrica nella grande Fiat era una chimera per tutta la Nazione, appena uscita dal primo dopo guerra e prossima al sorgere di un nuovo conflitto bellico.

Il giovane Pontet era un atleta di pesistica e sognava di diventare un campione; suo padre è stato uno tra i primi dipendenti Fiat ad essere assunti dall’imprenditore Giovanni Agnelli in persona. Lo sport, il lavoro e l’onore erano i presupposti di un regime agli esordi e nel 1939, la dichiarazione di guerra, da parte della Francia e della Gran Bretagna alla Germania, non lasciava scampo ai nefasti risvolti di un Italia dichiaratamente neutrale.

Il 10 giugno 1940, dal balcone di Palazzo Venezia a Roma, Benito Mussolini annunciava l’ingresso in guerra, a fianco della Germania. Il fascismo lasciava il posto ad un incubo nazifascista e tutti i giovani erano reclutati in prima linea per combattere e morire. Al compimento dell’età del richiamo alle armi, nel mese di gennaio del 1943 Ettore partì come 4° genio Compagnia dei Teleferisti matrice 30856, e si ritrovò sul treno per Dresda smistato, come bestiame, insieme agli ebrei e ai prigionieri di guerra, destinati ai rispettivi campi di concentramento. Reclutato come forza lavoro per la Germania arrivò a Solingen, nella Renania Settentrionale, oggi rinomata cittadina che produce coltelli, lance e spade.

Spogliato dei suoi averi si ritrovò con un camice rigato e la targa in metallo che riportava un numero di identificazione, nel mentre suo padre lo aveva iscritto nella lista per entrare in Fiat come operaio meccanico, ma solo se fosse sopravvissuto ai risvolti della Seconda Guerra Mondiale.

La dittatura fascista di Benito Mussolini imponeva agli imprenditori italiani di offrire capitale umano per incrementare le aziende agricole e meccaniche di una Germania assetata di potere, di espansione geografica, una Nazione accecata dall’ideologia di un controllo demografico per la selezione di una razza ariana superiore alle altre, presupposto ideologico della mente criminale di Adolf Hitler.

I campi di lavoro per lo sterminio dei prigionieri di guerra si riempirono subito di internati ovvero giovani manovali della rinomata azienda italiana, mandati a lavorare in Germania per incrementare la potenza bellica nazista. I viveri e l’abbigliamento inviati dall’Italia non vennero mai consegnati mentre le lettere spedite dal fronte, battute a macchina con l’ intestazione Deutsche Fiat Akt-Ges – Militar Internierten nr 150.103 6233 kdo- Stammlager, lasciavano intendere che tutto andava bene e non raccontavano la vera situazione di malnutrizione e sfruttamento dei prigionieri.

Tre anni di lavoro forzato in Germania sono stati un’eternità per Ettore che aspettò l’8 settembre del 1945 per poter scappare da quell’inferno bellico internazionale. Sopravvissuto alla sua stessa morte spirituale nel 1945 partì da Solingen per tornare a Torino e iniziare a lavorare in Fiat, come promesso a suo padre Dionigi e poi fondare con l’imprenditore Ettore Vianello la VEP Automation, un’azienda di Beinasco, oggi in espansione internazionale, grazie alle sue invenzioni.

Le invenzioni di Ettore Pontet

Oltre alle sue spiccate doti ingegneristiche dimostrate, di diritto e di fatto nel corso della sua esistenza emerge la sua significativa passione artistica per la pittura ad olio, con i soggetti di natura morta e scene di paesaggio, a cui applicò una tecnica di sua invenzione per ricreare l’effetto della tela corrosa dal tempo.

Per molti anni della sua vita si dedicò alla realizzazione di componentistica per velivoli, come il motore a stella a nove cilindri, di prototipi di imbarcazioni e attrezzature subacquee, di treni storici in scala 1:45 da lui fedelmente ridisegnati e prodotti nei minimi dettagli e perfettamente funzionanti.

Questi gioielli della meccanica di precisione sono stati acquistati da facoltosi appassionati collezionisti italiani, svizzeri e tedeschi. Il prototipo del monopattino a pedale è stata una delle sue ultime invenzioni, un mezzo di trasporto ecologico ed ergonomico pensato guardando al futuro, in previsione del risparmio delle fonti energetiche esauribili a medio lungo termine.

Per tutta la sua vita, la consapevolezza di essere stato trattato come merce di scambio, ha segnato il suo temperamento ma non ha modificato il suo carattere, dotato di un umorismo fuori dal comune, che gli ha permesso di trasformare il ricordo della sofferenza in una spinta creatrice che si vede espressa nelle sue opere tramandata alle sue figlie e ai suoi nipoti.

Monica Pontet