Luigi Bettazzi cento anni di dialogo tra cielo e terra

Difficile dire di mons. Luigi Bettazzi, vescovo cattolico e ultimo sopravvissuto del Concilio Vaticano II. Chi muore a cento anni o quasi ha vissuto talmente tanto che è quasi impossibile mettere insieme i puzzle di un mosaico composito e ricchissimo.

Inoltre Luigi Bettazzi, ribattezzato dai suoi avversari il vescovo rosso, e dai suoi amici il pastore della pace e del dialogo è stato qualcosa di più, molto di più di prete e di un vescovo. E’ stato un compagno di strada, mai giudicante, mai arrogante, sempre attendo alla persona. Nato a Treviso nel 1923, si trasferì da ragazzo a Bologna, città di origine della madre.

Nel 1946 fu ordinato presbitero nella basilica di San Domenico dal cardinale Giovanni Battista Nasali Rocca di Corneliano. Si laureò in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e poi in filosofia all’Alma Mater di Bologna. Il 10 agosto 1963 papa Paolo VI lo nominò vescovo titolare di Tagaste e vescovo ausiliare di Bologna. Il 4 ottobre ricevette l’ordinazione episcopale, nella basilica di San Petronio a Bologna, dal cardinale Giacomo Lercaro. Partecipò a tre sessioni del Concilio Vaticano II. 

Al termine del Concilio, nel 1966 fu nominato vescovo di Ivrea. Nel 1968 divenne presidente nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace e nel 1978 ne diventò presidente internazionale. Nel 1985 vinse il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace. Fu una delle figure di riferimento per il dialogo con i non credenti e per il movimento pacifista.

Nel 1992 partecipò alla marcia organizzata dai Beati costruttori di pace mentre era in corso la guerra civile in Bosnia ed Erzegovina. Nel 2007 si dichiarò favorevole al riconoscimento delle unioni civili, sempre controcorrente ma fedele al vangelo Bettazzi è stato pastore, comunicatore, scrittore, animatore di ogni progetto che mettesse al centro l’umano e la sua dignità, senza steccati, divisioni, ma anzi esaltando le differenze di cultura, di religione, di pensiero.

Il suo nome rimane nella storia per tante ragioni, compresa quella di essere, vescovo capace di comunicare in autonomia e con coraggio anche nell’epoca di Ruini e di una Cei blindata su temi di cronaca politica. Temi di scienza, cultura ed economia gli erano cari come la capacità di dialogo che ogni volta cambiava interlocutore, seguendo i segni dei tempi che rimandavano all’intuizione concliare di Giovanni XXIII. Negli anni Settanta irruppe sulla scena, dove era già noto per il suo impegno per l pace e contro tutte le guerre, scrivendo una lettera aperta al segretario del Partito Comunista Berlinguer, che rispose. Il carteggio Bettazzi/ Berlinguer è una pietra miliare del dialogo tra cattolici e comunisti, una sorta di testo sacro della generazione di cattolici che ha costruito un ponte verso il superamento della Dc, la fine dell’unità politica dei cattolici, il centrosinistra.

Luca Rolandi