Photo. Courtesy Edoardo Hahn

“MODESTA PROPOSTA TOPONOMASTICA”

L’anacronismo più assoluto regna a Torino per la lunghezza di 5,3 km e per tutti i numeri civici di quello smisurato corso intitolato a uno Stato che non esiste più dall’8 dicembre 1991. Il suo nome è Corso Unione Sovietica. Per i torinesi è un suono e un indirizzo ma per qualsiasi non torinese rimane un enigma politico-toponomastico. Battezzato così – si fa per dire – negli anni 50, anni di giunte rosse e di affari industriali oltre cortina, quello che finallora era Corso Stupinigi emanante ancora profumo di tigli e di fughe in carrozza verso la Palazzina di caccia dell’incontenibile Paolina Borghese, annoiata manco a dirlo pure lei della torinesità, assunse il nome plumbeo di Unione Sovietica.

A sottolinearne la nuova vocazione lo stabilimento e gli uffici di Mirafiori, squadrati, massicci, nati col fascismo ma presto adattatisi al nuovo realismo. A riprova come diceva Bocca che fascismo e comunismo sono due cose diverse ma quanto si somigliano.

Passarono gli anni, Il sistema sovietico perse la sua spinta propulsiva, cadde il muro, si dissolse l’URSS e c’è da giurarci che più d’uno si pose il problema di attualizzare la denominazione di quel corso. Magari lo si sarebbe potuto dedicare alla Federazione Russa che almeno in parte sarebbe l’erede storico dell’URSS. Vennero però avanzate riserve del tipo “tutti gli abitanti dovrebbero cambiare i documenti”. E be’? Nell’era della tecnologia imperversante cosa sarà mai, e poi nulla vieterebbe di chiamarlo per un tempo di transizione “Corso XY già Corso Unione Sovietica” (ah già, dimenticavo però il capolavoro delle carte di identità elettroniche…).

Si affaccia anche il sospetto che la ragione sia un’altra. Ovvero che non si voglia turbare il sonno degli ultimi devoti del culto, di perdere un pugno di voti, o chissà di fornire un pretesto per la sollevazione di masse popolari vieppiù confuse per quello che altro non sarebbe che un doveroso adeguamento toponomastico alla geopolitica. E pure tardivo. Pensiamo a quei disgraziati docenti della Facoltà di Economia che non sanno più cosa inventarsi per spiegare ai loro omologhi internazionali come mai la loro Facoltà ha un indirizzo così bizzarro.

E come chiamarlo? Già… qui partirebbe una ridda di suggerimenti forse peggiori del male da guarire. Ho una proposta, semplice, quasi ovvia e a basso costo. Sì, perché non bisogna sprecare denaro pubblico. A tale scopo suggerirei caldamente di salvare la prima parte: Corso Unione. Sostituendo semplicemente alla parola “Sovietica” la parola “Europea”. Corso Unione Europea. L’Unione Europea c’è e in un’era di blocchi è l’unica speranza per il nostro futuro.

L’Unione Sovietica non esiste più da 40 anni e per la maggioranza è un nome ormai vuoto di significato.

Silvio Saffirio